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DJANGO REINHARDT: ‘genio istintivo’, ‘chitarra fatta uomo’,
‘poteri soprannaturali venuti dal passato’, ‘anima primitiva
marcata dal sigillo divino’, tali sono le formule che tornano
più frequentemente a suo riguardo!
Come se si negasse al grand manouche (come lo si nega ancor
oggi ai suoi fratelli di razza) la facoltà di darsi uno scopo e di
costringersi a uno sforzo intenso per raggiungerlo.
Inadatto a ogni lavoro individuale e a ogni progetto collettivo,
l’immagine dello zingaro indolente e irresponsabile resta viva
nella nostra società (i nazisti pensarono e peggio eseguirono in
uno dei loro deliri di sopprimerli in massa, nota dell’autore del
blog).
Non c’è niente di più falso.
L’abbiamo visto con Django Reinhardt che rieduca con accani-
mento la sua mano atrofizzata, lo vedremo più tardi quando
imparerà a scrivere o si accosterà alla pittura (tutto il contrario
della delirante genetica tedesca).
In tutt’altro ordine di idee, lo constatiamo oggi con certe inizia-
tive tzigane che tendono a provare, nello stupore di più compe-
tenti che, pur senza assistenza gadjo, questo popolo può, quan-
do ne sente il desiderio, prendere in mano e valorizzare il pro-
prio patrimonio culturale.
Django era nato musicista e per molti questa spiegazione basta:
dopotutto gli tzigani non hanno forse la musica ‘nel sangue’, co-
me i neri hanno il ritmo?
(Billard/Antonietto, Django Reinhardt il gigante del jazz tzigano)