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Sono le nuvole celesti,
dee protettrici degli sfaccendati.
A loro dobbiamo…
l’intelligenza, la dialettica e la ragione.
Aristofane, 420 a. C.
I primi tentativi di descrivere i fenomeni atmosferici risalgono
alla più remota antichità.
E’ naturale che sia così, perché il clima è sempre stato l’aspetto
saliente dell’esperienza ambientale degli uomini, con la sua
incertezza che spingeva continuamente a nuove descrizioni e
interpretazioni.
Nella storia, il cielo è diventato a più riprese la sede di entità
immaginarie: dei, auspici, ritmi zodiacali e infine i primi bal-
betii del pensiero scientifico.
E’ noto che alcune delle più arcaiche testimonianze scritte fu-
rono tentativi di venire a capo della perenne mutevolezza del
clima.
Testi egizi, caldei e babilonesi serbati per millenni su tavole
d’argilla e fragili papiri parlano dei misteri delle nubi, del
tuono e della pioggia e includono i primi, sporadici tentati-
vi di previsione meteorologi ca. Quando un alone scuro circon-
da la luna, il mese porterà pioggia o chiamerà a raccolta le nubi,
dichiara un oracolo caldeo di quattro millenni fa.
Se una nube oscura il cielo, si leverà il vento, afferma un altro.
Questi e altri frammenti simili, forse le più antiche ‘previsio-
ni del tempo’ giunte fino a noi, possono essere testimonianze
di un’antica sapienza meteorologica, ma non si può escludere
che alludessero a minacciosi cambiamenti di clima politico e
sociale.
Quello che oggi è dato cogliervi con certezza è l’atmosfera pal-
pabilmente apprensiva. Ancora più a est, al tempo della dinastia
Shang, gli studiosi cinesi compilarono bollettini più precisi e ten-
tarono di analizzarne il contenuto dividendolo in blocchi di die-
ci giorni – un tentativo le cui tenui tracce sono giunte fino a noi.
Si annotavano arcobaleni, aloni e pareli e si registrava la direzio-
ne prevalente del vento. Anche il livello delle precipitazioni pio-
vose e nevose era misurato, nel secondo caso con canne di bambù
situate nelle province settentrionali.
Nelle regioni collinari dell’antica Cina si fabbricarono anche igro-
metri sulla capacità del carbone di legna di assorbire il vapor d’-
acqua.
Esso era conservato e pesato all’asciutto, poi pesato di nuovo do-
po l’esposizione per un tempo prestabilito all’umidità atmosfe-
rica.
Il tasso di questa era indicato dallo scarto tra la prima e la secon-
da pesatura. Due millenni prima di Cristo, in quelle lontane con-
trade, alcune grandezze naturali cominciarono a essere misurate
e registrate.
I progressi scientifici vanno sempre collocati in più ampi contesti
sociali, e dietro l’evoluzione dell’antica metereologia cinese c’era
il consolidarsi di un’intera concezione del mondo. La dottrina dei
ch’i, i due principi gemelli yin e yang che presidierebbero all’equi-
librio cosmico, stava diventando l’asse intorno a cui ruotava il
pensiero politico e naturale del grande Impero orientale.
Alla fine del IV secolo a. C. il principio yin (le quali erano consi-
derate manifestazioni terrestri del tipo ‘femminile’) era concet-
tualmente collegato con le nubi e la pioggia, così come la luce
e il calore solari erano ritenuti yang (manifestazioni celesti del
principio ‘maschile’).
Secondo tale dottrina le proprietà ‘femminili‘ e ‘maschili’ sono
insieme opposte e complementari, e nei fenomeni della natura
non si trovano mai allo stato puro – anche se una delle due può
predominare.
(R. Hamblyn, L’invenzione delle nuvole)