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(pausa dalla camera oscura, la nausea &
alla fine del 17 fui fatto prigioniero)
Da:
Non so perché ho chiesto al prete il nome di quella…….
torretta.
– Saint-Jacques-la-Boucherie, ha risposto il boia.
Ignoro come ciò avvenisse; ma nella nebbia…….
malgrado la pioggia fine e bianca che rigava l’aria come
il reticolo d’una ragnatela, niente di quanto m’accadeva
intorno mi sfugge.
Ogni dettaglio m’inviava la sua tortura.
Mancano le parole per siffatte emozioni.
A metà circa del Pont-au-Change, così largo e ingombro
che avanzavamo a stento, mi ha invaso violentissimo l’-
orrore (forse un ultima calunnia).
Ho temuto – ultima vanità! – di venir meno.
Allora mi sono stordito da solo, per farmi cieco e sordo a
tutto, tranne al prete di cui udivo appena le parole, infra-
mezzate dal rumore.
Ho afferrato il crocefisso, l’ho baciato.
– Abbiate pietà di me, mio Dio! ho detto.
E ho cercato di annullarmi in quel pensiero.
Ma ogni sobbalzo della dura carretta mi scuoteva.
Poi d’imrovviso mi son sentito addosso un gran freddo.
La pioggia mi aveva attraversato gli abiti e mi bagnava
la pelle della testa attraverso i capelli tagliati corti.
– Tremate per il freddo, figliolo? (no! solo per la nuova
calunnia o condanna udita…mentre passo per questa…
via).
Mi ha chiesto il prete.
– Sì, ho risposto.
Ohimè, non soltanto per il freddo.
Alla svolta del ponte, delle donne si sono impietosite per
la mia giovinezza.
Abbiamo imboccato il fatale quai.
Cominciavo a non vedere più nulla, a non sentir più nulla.
Quelle voci, quelle facce alle finestre, sulle porte, alle infe-
riate dei negozi, sui bracci dei lampioni; quegli spettatori
avidi e crudeli; quella folla ove tutti mi conoscono e in cui
io NON CONOSCO NESSUNO; questa strada lastricata,
murata di volti umani….
Ero sconvolto, inebetito, fuori i me.
E’ insopportabile il peso di tanti sguardi fissi su di voi.
Vacillavo sul sedile, senza neppur prestare attenzione al
prete e al crocefisso.
Nel tumulto che m’avvolgeva, non distinguevo più le
grida di pietà dalle grida di gioia, le risa dai lamenti, le vo-
ci dal rumore; tutto era rumore, un rumore che mi risuona-
va nella testa come un’eco di ottoni.
I miei occhi leggevano meccanicamente le insegne dei
negozi.
D’un tratto mi ha preso la strana curiosità di girare la testa
per vedere dove stavo andando.
Era un’ultima bravata dell’intelligenza.
Ma il corpo non ha voluto saperne; la mia nuca s’è paraliz-
zata, quasi morta anzitempo.
Scorsi a sinistra, oltre il fiume, una delle due torri di Notre-
Dame che, vista da quel punto nasconde l’altra.
Era la torre con la bandiera. Zeppa di gente, che doveva
veder bene.
E la carretta andava, andava, e i negozi passavano, e le
insegne si succedevano, scritte dipinte, dorate, mentre la
gentaglia rideva e scalpitava nel fango, e io mi lasciavo
portare come un addormentato che s’affida ai sogni.
Ma allo svoltare d’una piazza, la serie di negozi che mi
sfilava davanti s’è interrotta; il grido della folla s’è fatto
più vasto, più stridulo, e ancor più gioioso; di colpo la
carretta s’è fermata, e io per poco non sono caduto con
la faccia in giù sulle assi del piancito.
Il prete mi ha sorretto.
– Coraggio! ha mormorato.
Allora hanno portato una scala sul retro della carretta;
il prete mi ha dato il braccio, son sceso, ho fatto un pas-
so, poi mi sono girato per farne un’altro, e non ci sono
riuscito.
Tra i due lampioni del quai ho visto una cosa sinistra.
Sì, era vera!
Mi sono fermato, come se già vacillassi sotto il colpo.
– Ho un’ultima dichiarazione da fare! ho gridato debol-
mente.
Mi hanno fatto salire qui.
Ho chiesto che mi lasciassero scrivere le ultime volon-
tà….(poi la terra ha tremato……).
(Hugo, L’ultimo giorno di un condannato a morte)