Prosegue in:
Dialoghi con Pietro Autier 2 &
la medaglia d’argento all
Esposizione Universale
di Parigi.
In quella stessa
occasione,
la commissione
selezionatrice per
l’arte americana,
rifiutò di esporre la
tela di Albert
Bierstadt,
‘Last of the Buffalo’,
giudicandola
Il gusto narrativo, il realismo
descrittivo, le chiare armonie
cromatiche, le composizioni
ampie e leggibili che caratterizzano
i lavori di Remington fino all’ultimo
decennio del secolo hanno come
diretti antecedenti le opere di
pittori accademici francesi, in
particolare Louis Ernest
Messonier, Jean Léon
Gerome, Jean Baptiste Edouard Detaille,
che Remington, pur non conoscendo
personalmente, poté studiare in alcuni musei o attraverso
stampe e letture.
Se inizialmente l’entusiasmo per il nuovo mondo, fatto di
eroismo e avventura, natura selvaggia e inesplorata, pote-
va ancora, con ragione, essere contrapposto alla vita ormai
regolata dal progresso tecnologico e dalla cultura europea
della East Coast, già verso l’ultimo decennio del secolo la
realtà di quel mondo in trasformazione era ormai circo-
scritta e limitata: gli indiani non rappresentavano più un
pericolo essendo perlopiù confinati nelle riserve, l’urbaniz-
zazione si diffondeva anche nei territori del West e la mi-
tica frontiera era ormai consolidata sui confini del Nord
America.
E con l’esperienza della campagna cubana della guerra
ispano-americana del 1898, seguita da Remington come
corrispondente, che l’artista visse la disillusione di un
mondo che stava scomparendo.
Da allora viaggiò raramente e per meno tempo nel West,
distrusse diverse pitture dei primi anni e si dedicò preva-
lentemente agli studi di paesaggio, a inventare una natu-
ra assoluta e inviolata. Scrisse nel 1907: “Il mio West è
ormai passato da così tanto tempo che è diventato solo
un sogno.
Si è messo il cappello e il cappotto ed è uscito dal palco-
scenico; il sipario è calato e si prepara un nuovo atto”.
(The American West, l’arte della frontiera americana 1830-1920)