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LO SCIAMANO E’ SANO DI MENTE?
Essere uno sciamano richiedeva una notevole forma fisica, così come numerose
abilità. Gli Eschimesi riconoscevano come sciamani solo persone in perfetta salute,
i Nanet si aspettavano da loro una fibra forte e tra i Saami, in tempi antichi, solo
una persona al massimo del vigore fisico e mentale poteva essere un ‘servitore
degli spiriti’. Ad esempio, un uomo sopra i cinquant’anni, specialmente se aveva
perso i denti, non avrebbe mai potuto ricoprire questo ruolo.
Ma gli sciamani, tuttavia, avevano in talune circostanze comportamenti estranei
a individui in perfetta salute; le loro esclamazioni e i movimenti incoerenti, la
bava alla bocca, lo sguardo vacuo e la totale perdita di conoscenza nel momento
topico del rituale hanno sempre colpito l’attenzione degli osservatori.
Nel diciannovesimo secolo a ciò si dava usualmente una spiegazione ovvia e
semplice: gli sciamani erano abili e smaliziati ciarlatani, che simulavano la
possessione da parte di ‘demoni’ per approfittare della credulità della tribù.
All’inizio del nostro secolo, tuttavia, prevalse un’opinione differente: i
‘servitori degli spiriti’ divennero persone dalla mente instabile, neuropatici.
Benché quest’idea fosse ancora inespressa in Mikhailovskii, nel 1905 N.
Kharuzin proponeva ‘di riconoscere che i veri sciamani sono soprattutto
persone neuropatiche, nei quali le deviazioni nervose si sono sviluppate
in una particolare direzione’.
V. B. Bogoraz sosteneva che, tra gli sciamani a lui noti, ‘molti erano praticamente
isterici e alcuni erano letteralmente mezzi matti’, per dichiarare nel 1910
che ‘lo sciamanesimo è una forma di religione creata da una selezione delle
persone mentalmente più instabili’.
G.V. Ksenofontov pubblicò nel 1929 ‘The Cult of Madness in Ural-Altaic Shamanism.
D.K. Zelenin scrisse, nel 1935, che un individuo sano non avrebbe neanche potuto
diventare uno sciamano; solo un neoropatico, che ‘gli spiriti continuamente invadono
poteva infatti curare chi soffriva di ‘possessione spiritica’ senza rischi per la
propria incolumità. Afferma Zelenin :” Lo sciamano è un neoropatico, costretto dal
clan ad assumere una peculiare funzione medica: assorbire personalmente i
demoni della malattia dai sofferenti della comunità”.
Teorie simili prevalevano anche tra gli studiosi dell’Europa occidentale.
Il danese Ohlmarks, per esempio, collegava lo sciamanesimo al durissimo clima
artico, che egli affermava produrre aberrazioni mentali adatte al suo sviluppo.
Troviamo comunque in Tokarev la concezione più chiara e concisa dello sciamano
neuropatico:” Tutti gli osservatori unanimamente riportano che ‘il servitore degli
spiriti’ è soprattutto un individuo nervoso, isterico, soggetto ad attacchi, occasionalmente
un epilettico. La stessa seduta sciamanica ha molte similitudini con un attacco di
isteria”.
Il carattere ereditario dello sciamanesimo portò, in parecchie popolazioni, alla credenza
che le speciali qualità mentali tipiche dello sciamano si trasmettessero dai genitori ai figli.
A.V. Anokhin scrisse, nel 1929, che tali individui ‘ricevono la predisposizione alla
vocazione sciamanica solamente dai loro antenati, attraverso un disturbo nervoso,
l’epilessia. Contro questa temuta e spesso fatale malattia, i nativi non hanno altro
rimedio che la seduta, che offre all’epilettico un certo sollievo dall’affezione.
Le osservazioni mostrano che, mentre esercita, lo sciamano non è malato’.
Dunque, secondo Anokhin, una persona diventa ‘servitore degli spiriti’ per
ragioni puramente psicologiche.
Dunque per concludere questa prima parte, secondo questi emeriti studiosi,
gli sciamani erano persone dalla mente aberrata, e questa ipotesi, mai del tutto
provata, si affermò trionfalmente passando da un’opera all’altra.
(M.M. Balzer, I mondi degli sciamani)
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