grandi dimensioni,
prescindendo da una
puntuale e realistica
descrizione topografica,
ricreavano
scenograficamente i
paesaggi rappresentati,
unendo all’indubbio
fascino esercitato
comunque dalla
visione di terre lontane,
elementi immaginari e
idealizzati, un virtuosismo
tecnico fuori dal comune
e particolari di vivida
resa veristica.
effetto di meraviglia,
questi paesaggi venivano
esposti con particolari
accorgimenti luminosi
in ambienti quasi
completamente oscurati,
in modo da accentuare
il cromatismo degli
accesi tramonti,
della natura selvaggia,
dei cieli solcati da
nubi.
Nel 1863 Bierstadt
si recò per la seconda
volta nel West.
nel 1855, la
Yosemite Valley,
nella catena montuosa
della Sierra Nevada
californiana, era stata
esplorata per la prima
volta.
Quando l’artista si
accampò nella valle
per circa sei settimane,
lo spettacolo che si
era quello di una
natura praticamente
incontaminata, una
sorta di paradiso
terrestre da
contrapporre ai
turbamenti della
Guerra Civile che
divampava nell’Est
americano. Inoltre,
il mito della California
come eden promesso,
dove chiunque avrebbe
potuto ricrearsi una
esistenza, veniva
accresciuto a dismisura
dal miraggio dell’oro
che portò dagli anni
40 in poi, una
moltitudine di cercatori
ad attraversare le grandi
pianure nella speranza
di un avvenire migliore.
Bierstadt inviò il
proprio diario di
viaggio al periodico ‘New York Evening Post’ che lo pubblicò con regolarità e, quando
ritornò a New York, le quotazioni delle sue opere avevano ormai raggiunto cifre vertiginose.
Tra il 1867 e il 1869 viaggiò nuovamente per l’Europa esponendo in diverse città i suoi
grandi paesaggi del West americano.
A Parigi fu insignito da Napoleone III della Legion d’Onore. Tra il 1871 e il 1873 visse
in California e successivi viaggi, di cui è rimasta ampia testimonianza nei dipinti, lo
portarono a visitare le Bahamas e il Canada. Nel 1889 la sua grande tela intitolata
quasi simbolicamente ‘L’ultimo dei bufali’, destinata all’Esposizione Universale di
Parigi, venne giudicata antiquata e fu respinta dalla commissione preposta alla
scelta delle opere per la mostra.
Ma ormai, a partire dagli anni 80, con la costruzione della ferrovia che univa le
due coste americane, il mito della terra inesplorata e promessa si andava affievolendo
e la pittura di Bierstadt, fino ad allora avvolta nell’indubbio fascino dovuto alla
novità e al mistero che circonda i luoghi appena scoperti, perse via via l’attrattiva
che la caratterizzava trasformandosi in pittura di genere ormai passata di moda.
(The American West, l’arte della frontiera americana 1830-1920)
Da http://giulianolazzari.splinder.com