LA BICICLETTA (l’amante segreta) (8)

La Germania considerava il                               220px-KarlDrais.jpg 

barone Drais come l’inventore

del velocipede: è però certo in

ogni modo che la sua invenzione

fu molto conosciuta.

Egli nacque a Karlsruhe nel 1780

e vi morì nel 1851; indubbiamente

fu una caratteristica figura del suo

tempo. Fece viaggi a Vienna, a Parigi,

a Londra ed anche in America per far

conoscere la sua INVENZIONE, ma

essa non ebbe, in nessuna parte del mondo, gran favore presso i suoi contemporanei.

In Francia si volle poi contestata al barone Drais la paternità dell’invenzione a lui

attribuita. Il ‘Petit Journal’ cita come suo predecessore Achille Vivot, mentre un giornale

inglese, ‘The Well World’, rivendica alla Gran Bretagna l’onore della scoperta, attribuendola

a Denis Johnson. Pare che l’una e l’altra versione siano dovute a ‘chauvinismes’ locali; è

però certo che non si trattava di macchine la cui concezione fosse dovuta a eccessiva genialità.

Così infatti può dirsi del successore immediato della ‘draisienne’, il ‘pedestrian hobby-horse,

ideato e costruito in Inghilterra verso                            hobby horse.jpg 

la fine del 1818, da certo  Krnight.

Di nuovo e di notevole l’hobby-horse non poteva

vantare che il fatto d’essere costruito interamente di ferro,

e d’essere quindi il primo ‘velocipede’ metallico apparso,

per quanto ci consti, sulla faccia della Terra. Si ricorda altresì

che questa nuova macchina ben che atrocemente perseguitata

dai caricaturisti di allora – primo il celebre Cruikshank – ottenne perfino le graziose preferenze

delle misses londinesi, che non esitarono – historia docet – a mostrarsi in pubblico graziosamente

atteggiate sul novissimo cavallo non ancora d’acciaio.

L’hobby-horse morì, se così storicamente può dirsi, nel 1820, e nessuna delle applicazioni

del vecchio principio, tentate negli anni successivi, val la pena d’essere riportata.

Ritroviamo nel 1839, una vettura ‘manomotiva’ inventata in Inghilterra, che però non ebbe

applicazioni pratiche, e nel 1853 una nuova macchina, composta di una unica ruota 

gigantesca, portante due persone – pur che fossero di identico peso – su di una sorta di 

prolungamento del suo assecentrale , dall’uno e dall’altro lato. Questo apparecchio, 

chiamato ‘pedocaedro’, sembra pure non sia mai stato costruito.

1855. – Questa data segna una importante pietra miliare della storia del velocipedismo, come

quella che vide per la prima volta le emancipazione dell’antico e vieto sistema, incomodo

e inefficace, della spinta con i piedi contro il suolo. 

L’ingegnoso e semplice perfezionamento                              images.jpg

della applicazione dei pedali alle ruote è

dovuto al fabbro meccanico Michaux di 

Parigi. Prescindendo dalla infantilità della

prima applicazione, che una stampa dell’epoca

ci rappresenta in modo rudimentale ma 

evidente, è certo che lo storico disposto a

una certa larghezza di vedute non può a

meno di riconoscervi il ‘principio’ di una 

fase completamente nuova.

L’invenzione di Michaux, non appena i contemporanei ne ebbero riconosciuta l’importanza,

suscitò polemiche aspre ed ebbe acerrimi nemici denigratori. Al fabbro parigino si volle

contestare la paternità della idea geniale,                                            images (1).jpg 

che venne invece attribuita a certo Pietro

Lallement, operaio carrozziere, nato a

Pont-a-Moussou. Costui avrebbe fatte in

Francia, nel 1863, le prime prove che 

sortirono esito infelice; emigrato in 

America nel 1866, avrebbe ritentata

l’applicazione del suo trovato, e non

con fortuna migliore.     

Ritornato in patria, quando Mchaux già

erasi affermato inventore del pedale, ebbe

partigiani e fautori che vollero rivendicargli la gloria, allora assai futura, di aver creato

il velocipede a pedali. Se dobbiamo credere a una incisione del tempo, la macchina di

Lallement aveva anche non dubbi pregi di estetica, e certo rappresentava un miglioramento

notevole del rozzo tipo meccanico di Michaux. D’altronde oggi ancora può solo dirsi che

la maggioranza riconosce in Machaux l’inventore del pedale, mancando gli elementi per

una unanimità di giudizio.

(U. Grioni, Il ciclista)

Da http://giulianolazzari.splinder.com

precedenti capitoli…..

http://dialoghiconpietroautier.myblog.it/archive/2010/10/13/la-bicicletta-il-vero-grande-amore-1.html

http://dialoghiconpietroautier.myblog.it/archive/2010/10/17/la-bicicletta-l-amante-segreta-2.html

http://dialoghiconpietroautier.myblog.it/archive/2010/10/17/al-polo-australe-in-velocipede-in-attesa-dello-sciopero.html

http://dialoghiconpietroautier.myblog.it/archive/2010/10/17/il-pesce-spada-un-pioniere-del-cicloturismo-4.html

http://dialoghiconpietroautier.myblog.it/archive/2010/10/18/al-circolo-polare-artico-in-bicicletta.html

http://dialoghiconpietroautier.myblog.it/archive/2010/10/19/pedalando-sul-mar-baltico-ghiacciato-6.html

http://dialoghiconpietroautier.myblog.it/archive/2010/10/21/pedalando-sul-mar-baltico-ghiacciato-7.html

Italian-Bersaglieri-folding-bike.jpg

IMBROGLIONE E TRUFFALDINO CON IL GATTO E COL VINO (2)

Ma, come non esiste in realtà limite alla truffa, così non ne esisterebbe a questo saggio se

dovessi accennare sia pure alla metà delle variazioni sul tema cui questa scienza si presta.

Sono quindi costretto a concludere, e il modo migliore per farlo è quello di dare riassunto

di una magistrale, anche se un po’ complicata, truffa di cui è stata recentemente teatro la

nostra città, e che è stata in seguito ripetuta con successo in altri, ancor verdi, pascoli dell’

Unione.

Un signore di mezza età arriva in città,                          bigben.jpg

non si sa da dove. Una persona dal

comportamento scrupoloso, cauto,

contegnoso e prudente. Il suo

abbigliamento è estremamente curato

ma semplice, senza ostentazioni.

Cravatta bianca, panciotto largo,

più confortevole che elegante; scarpe

comode, dalle suole spesse; e

pantaloni senza bretelle.

Nell’insieme, ha l’aria dell”uomo

d’affari’ ‘par excellence’ – benestante,

quasi astemio, preciso e rispettabile – uno di quei personaggi esteriormente rigidi e severi

ma interiormente teneri, quali vediamo nelle commedie di successo – gente le cui parole

sono altrettante garanzie, che si distingue perché con una mano distribuisce ghinee in elemosine,

mentre con l’altra, a puro titolo di scambio, esige fino all’ultima frazione di centesimo.

Crea un mucchio di difficoltà prima di trovare un alloggio che gli vada bene. Non gli piacciono

i bambini. E’ avvezzo alla quiete. Le sue abitudini sono metodiche – e preferirebbe prendere

alloggio presso una piccola e risettabile famiglia privata, di sani princìpi religiosi. Per il prezzo,

non c’è problema -solo, insiste per saldare il conto al primo di ogni mese e, quando trova la

casa di suo gradimento, chiede alla padrona di non dimenticare mai, per nessun motivo, le

sue istruzioni su questo punto –                                 big ben 1.jpg 

ma di fargli una fattura, e una ricevuta,

alle dieci di mattina in punto, il primo

giorno di ogni mese e di non

rimandare mai, in nessun caso, al

secondo giorno.

Sistemate queste questioni,

il nostro uomo d’affari affitta

un ufficio in un quartiere più

rispettabile che elegante della città.

Non c’è nulla che egli disprezzi più

dell’ostentazione.

‘Dietro l’esibizione esteriore’, dice, ‘raramente c’è buona sostanza’ – osservazione che colpisce

la padrona di casa a tal punto che l’annota nella grossa Bibbia di famiglia, sull’ampio margine

dei Proverbi di Salomone.

La mossa successiva è quella di farsi pubblicità, più o meno nel modo appresso riportato, sui

giornali quotidiani d’affari della città – quelli da mezzo scellino; i giornali che costano meno

vengono scartati perché non ‘rispettabili’, e anche perché richiedono il pagamento anticipato

per le inserzioni. Il nostro uomo d’affari sostiene il principio che non bisogna mai pagare un

lavoro prima che sia compiuto.

(CERCASI. Gli inserzionisti, in procinto di avviare operazioni d’affari ad ampio raggio in

questa città, desiderano assumere tre o quattro impiegati ‘intelligenti e competenti’, ai

quali verrà corrisposto un generoso stipendio. Si richiedono le migliori referenze non tanto

in merito alla capacità quanto all’integrità. Trattandosi di un lavoro di grande responsabilità,

che comporta il passaggio di grosse somme di denaro per le mani degli impiegati, si è

ritenuto opportuno chiedere un deposito di 50 dollari, da ogni dipendente assunto.

Inutile quindi presentarsi se non disposti a versare ai presenti inserzionisti la cifra in

questione e se non in possesso delle migliori referenze di moralità PER ESSERE ASSUNTI

DALL’AGENZIA. Saranno preferiti i giovani di profondi princìpi religiosi. Presentarsi

dalle 10 alle 11 e dalle 16 alle 17 da BOGS, HOGS, LOGS, FROGS, & Co. n. 110 Dog Street)

Entro il 31 del mese, l’inserzione ha portato negli uffici dell’Agenzia…..della BOGS, HOGS,

LOGS, FROGS & Co. 15 o 20 gentiluomini e una giovin donzella di profondi princìpi

religiosi.

Ma il nostro uomo d’affari non ha alcuna fretta di concludere un contratto di assunzione

– un uomo d’affari non è mai precipitoso – e solo  dopo uno stringentissimo interrogatorio

in merito alle inclinazioni religiose di ciascun giovane gentiluomo, l’assunzione è conclusa

e la ricevuta per i suoi 50 dollari a puro titolo cautelare dalla rispettabile ditta.

Il mattino del primo giorno del mese successivo, la padrona di casa non presenta il conto,

come aveva promesso – una negligenza per cui il rispettabile capo della DITTA in ogs

avrebbe di certo redarguita severamente, se lo si fosse potuto convincere a rimanere ancora

un giorno o due in città per quello scopo.

Date le circostanze, i poliziotti hanno avuto giornate pesanti, spese a correre qua e là; e 

tutto quello che possono fare è dichiarare che l’uomo d’affari è sicuramente ‘hen knee

high’ – dal che molti deducono che essi intendono dire n.e.i. – iniziali dalle quali si risale

alla classica espressione ‘non est inventus’. Frattanto i giovani gentiluomini, nessuno 

escluso (assunti dalla rispettabile DITTA), sono un po’ meno religiosi e devoti di prima,

mentre la padrona di casa acquista per uno scellino una bella gomma e cancella accuratamente

l’annotazione a matita che qualche idiota ha tracciato nella sua grossa Bibbia di famiglia,

sull’ampio margine dei Proverbi di Salomone.

(E.A. Poe)

Da http://giulianolazzari.splinder.com

 

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LE VOLPI URBANE (2)

(….Cari amici, fratelli, camerati                                            padella_castagne.2.jpg

..e compagni, nell’attesa di qual

sivoglia evento, e visto la stagione

propizia, prepariamoci al rito

antico della castagna. 

In attesa di una nuova guerra,

e di una nuova volpe,

prepariamoci, qui nelle nostre

trincee cittadine al rito antico

del buon sapore….

Il vostro Pietro Autier…)

Il segreto, in fin dei conti, sta

in una sola parola: plasticità.

Il comportamento delle volpi è stato studiato

in varie parti del mondo e s’è visto che,

entro certi limiti, niente c’è di fisso e di definito.

La volpe ad esempio è animale solitario:                                fennec.jpg

ogni adulto se ne sta per considerevole 

periodo dell’anno solo in un suo territorio

e sviluppa una sua relativa socialità

soprattutto in rapporto con la riproduzione.

Il maschio e la femmina cioè per un po’ 

convivono monogamicamente; un po’ poi

il maschio dà una mano a tirar su la 

figliolanza. La mamma, per parte sua,

coll’allegra ed esplorativa cucciolata spende

ancora più mesi. I giovani, divenuti quasi

adulti, sentono infine crescer dentro una 

forte tendenza a disperdersi, a cercarsi, ciascuno, una sua propria, individuale, area

abitativa. Ebbene, a seconda della situazione ambientale, sia la dimensione di quest’area

sia la disponibilità a convivere con altri varia notevolmente. Così la monogamia può 

qualche volta tramutarsi in poligamia. Può anche succedere che più adulti, pur

frequentandosi poco, indipendentemente da motivi sessuali, stiano insieme nello stesso

territorio. A condizionare la socialità è, in definitiva, la disponibilità e la qualità, e 

anche la distribuzione, delle risorse alimentari. E’ questo infatti il punto interessante.

La volpe può apprendere a nutrirsi quasi del tutto, animali e vegetali; sa, in caso di

abbondanza, far scorte nascondendo una parte del cibo in previsione dei momenti 

duri. Dimostra, infine, una sorta particolare di altruismo. Così: soprattutto ispezionando

intorno alle discariche studia con attenzione ciò che può essere cibo e che, invece, 

cibo non è. Ebbene, durante questa sua attività da spazzino marca coll’urina ogni 

oggetto apparentemente commestibile ma in realtà non valutato tale. Così, quando

poi un’altra volpe passa vicino a una sostanza già marcata, il segnale lasciato 

annunzia ‘niente cibo’. La volpe ‘legge’ e passa via…..

(Danilo Mainardi, Dalla parte degli animali)

Da http://giulianolazzari.splinder.com

                                                    

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LE VOLPI URBANE

Le volpi urbane non sono                              im_RedFox.jpg

astutissimi finanzieri, sono

volpi davvero.

Hanno il pelo rossiccio,

gli occhi intelligenti, la

coda lunga e folta, l’acre

odore di selvatico di tutte

le volpi del mondo ma non

se ne stanno nella macchia

deserta di uomini dove

di notte l’unico rumore è

il canto dell’allocco, lo 

stridio del pipistrello

oppure, nelle sere dell’amore, il loro stesso guaire e latrare. Le volpi urbane (germanizzate)

sono tra noi, dietro l’angolo di casa nostra e, essendo nate lì, per loro è consueto lo sferragliare

del tram, l’accelerata della moto. Noi ancora non le abbiamo scoperte, ma un giorno, forse, 

non ci meraviglierà se ne vedremo una in fondo al nostro giardino intenta magari a masticare

una bacca di rosa.

Ah – diremo – ecco la volpe.

E niente più.

La volpe è un animale formidabile. Il suo successo, resistente a ogni persecuzione, lo attesta.

Ma chi è la volpe?

Troppe leggende, troppa letteratura. Troppi di noi pensano volpe e subito affiora il luogo

comune. Fedro, Esopo, La Fonataine, Collodi, e racconti del nonno cacciatore, e tante tradizioni,

e miti e superstizioni. Un animale più immaginato che saputo. E del resto non è facile studiare

la volpe, ma oramai da non pochi anni gli etologi sono impegnati, e un certo qual identikit,

seppure un po’ sfumato, comincia a risultare. Così dirò della volpe di campagna, perché è

conoscendo lei che è possibile comprendere come, la campagnola, ha fatto a divenire cittadina.

Ma pur cittadina, diremo ….

– Ah…ecco la volpe!

E niente più.

(Danilo Mainardi, Dalla parte degli animali)

Da http://giulianolazzari.splinder.com

                                                  

  

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LA NATURA 2

Da  http://giulianolazzari.myblog.it

      http://pietroautier.myblog.it

La tecnica sciamanica per eccellenza consiste nel passaggio da una

regione cosmica all’altra: dalla Terra al Cielo o dalla Terra agli Inferi.

Lo sciamano conosce il mistero delle rotture di livello.

Questa comunicazione fra le zone cosmiche è resa possibile dalla struttura

 stessa dell’Universo che, come subito vedremo, viene concepito, nel suo

insieme, come ripartito in tre piani – Cielo, Terra e Inferi – collegati fra 

loro da un asse centrale.

Il simbolismo col quale viene espressa la solidarietà e la comunicazione fra 

le tre zone cosmiche è abbastanza complesso e non sempre esente da

contraddizioni: si è che questo simbolismo ha avuto una ‘storia’ ed è 

stato più volte modificato e contaminato nel corso dei tempi da altri simbolismi

cosmologici più recenti.  Ma lo schema essenziale resta sempre visibile, anche

nelle forme terminali che risentono di numerose influenze: esistono tre grandi

regioni cosmiche che possono esser attraversate successivamente perché sono

collegate da un asse centrale.

Naturalmente, questo asse passa per una ‘apertura’, per un ‘foro’ ; usando questo

foro gli Dèi scendono sulla terra e i morti nelle regioni sotterranee; ed è del pari 

grazie ad esso che l’anima dello sciamano in estasi può innalzarsi in volo o 

discendere nei suoi viaggi celesti o infernali.

Prima di dare qualche esempio di questa topografia cosmica occorre fare una 

osservazione preliminare. Il simbolismo del ‘Centro’ non è necessariamente una

idea cosmologica. 

Originariamente ha avuto carattere di ‘centro’, luogo possibile di una rottura di 

livello, ogni spazio sacro, cioè ogni spazio cui si leghi una ierofonia e che manifesti

delle realtà (forze, figure, ecc) che non sono del nostro mondo, che vengono da 

un’altra parte, e in primo luogo dal cielo. 

(Mircea Eliade)

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L’ANIMA NELLA MATERIA VERSO UNA TEORIA…

Da  http://giulianolazzari.myblog.it

1) Si può presumere che vi sia in noi una ‘duplice sostanza’ e perciò

anche due specie di facoltà e attività, quelle che sono sempre perfette,

e quelle che sono successivamente imperfette e perfette.

Questa soluzione cerca di spiegare la tensione esistente nella nostra vita

psichica attraverso un’anima duplice. L’uomo dunque avrebbe un’anima

superiore, che è immutata e sempre perfetta, e un’anima inferiore, che 

cambia, e con cui si può spiegare il passaggio dall’imperfezione alla 

perfezione.

Se le due sostanze sono separate l’una dall’altra, allora viene spezzata 

l’unità dell’essere vivente, in quanto essa poggia sull’unità dell’anima.

In questo caso, sarebbe composta da una molteplicità. Inoltre, l’anima 

superiore sarebbe interamente separata, non avrebbe più controllo sulla

vita umana, e non avrebbe, di fatto, niente da fare con essa. 

Il fatto che la vita umana sia caratterizzata dall’essere perfetta e imperfetta

di volta in volta, si può imputare solo alla seconda anima. 

L’ipotesi di un’anima che non muti è pertanto completamente superflua.

Si potrebbe, forse, sostenere che questo non si riferisce a due ‘sostanze’ in

senso proprio, ma piuttosto a due ‘vite’ o ‘princìpi’  o ‘relazioni’ all’interno 

dell’anima stessa. 

Certamente, in questo modo, viene garantita l’unità dell’essere vivente, cosicché

l’ ‘Io’ umano non è come un CORO o certe altre molteplicità, poiché queste  ‘vite’,

si combinano per formare un singolo principio. 

Ma allora ci troviamo nuovamente di fronte alla questione originaria, cioè dobbiamo

di nuovo ricercare se quest’unico principio, benché consista di due vite, sia o meno

uniforme, interamente puro e immutabile. Nel primo caso, non è di nuovo

assolutamente possibile nell’anima la presenza di ‘imperfezione’, o ‘male’, o 

‘passione’, né nella sua sostanza, né nei suoi atti, poiché gli atti seguono la 

sostanza. D’altra parte, non possiamo neanche considerare l’anima come 

completamente mutevole, poiché, attraverso tutti i cambiamenti, la sua vita

perdura.

Di conseguenza, GIAMBLICO respinge entrambe le alternative. L’anima non 

è immutabile, né cambia interamente.

Il discorso precedente permette una sola conclusione:” SECONDO GIAMBLICO,

l’anima particolare abbraccia entrambe le caratteristiche ‘ugualmente’, sia 

permanenza sia cambiamento, cosicché, in questo modo, anche la sua posizione

intermedia viene nuovamente preservata; gli esseri superiori sono stabili, quelli

mortali completamente mutevoli. 

L’anima particolare, invece, essendo al centro, è divisa e moltiplicata insieme agli

esseri mondani, e non solo rimane permanente, ma cambia, poiché vive attraverso 

tante vite DIVISIBILI”. 

2) Ogni osservazione della luce diffusa proveniente dall’elettrone presuppone un

effetto fotoelettrico e può quindi anche essere interpretata nel senso che un 

quanto di luce colpisce l’elettrone, viene riflesso da questo o viene deviato e

quindi, ancora rifratto dalle lenti del microscopio, provoca il fotoeffetto.

Nell’istante della determinazione della POSIZIONE, dunque nell’istante

in cui il quanto di luce è deviato dall’elettrone, l’elettrone cambia il suo 

impulso in maniera discontinua. Tale cambiamento è tanto più grande,

quanto più piccola è la lunghezza d’onda della luce impiegata, cioè quanto

più precisa è la determinazione della posizione. 

Nel momento in cui la posizione dell’elettrone è nota, il suo impulso può 

quindi essere conosciuto soltanto a meno di quantità che corrispondono a

quel cambiamento discontinuo, di conseguenza quanto più precisamente

è determinata la posizione, tanto più imprecisamente è conosciuto l’impulso

e viceversa.

3) Come abbiamo visto, non è che l’elettrone fosse localizzato in una delle 

possibili posizioni e che noi siamo in grado di individuarla: era presente in 

tutte le posizioni perché ogni possibilità, ogni possibile storia, ha contribuito

a creare ciò che ora OSSERVIAMO. 

La fisica classica, basata sulla convinzione comune che gli eventi abbiano alle 

spalle una storia univoca, sostiene che qualsiasi elettrone tocchi lo schermo

passa attraverso la fenditura di sinistra o quella di destra. La figura di interferenza

rilevata può essere spiegata solo ipotizzando una sovrapposizione tra qualcosa

che passi attraverso ENTRAMBE le fenditure.

La fisica quantistica spiega perfettamente il fenomeno, al prezzo però di cambiare

drasticamente la nostra visione del passato, la nostra descrizione di come le cose

che osserviamo siano arrivate a essere come sono. 

Secondo la meccanica quantistica la funzione d’onda di ogni ELETTRONE E’ 

PASSATA ATTRAVERSO ENTRAMBE LE FENDITURE, ha creato DUE 

ONDE CHE INTERFERISCONO E DANNO LUOGO ….

( Steel, Heisenberg, Greene)

( Giuliano Lazzari, Il Viaggio, Ed. Uniservice)

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IN CERCA DELLA BESTIA (2)

….Se, come propongono Kennerly e altri, amare                           images.jpg 

quello che di buono c’era nel lupo equivaleva davvero

a esprimere un amore nei propri confronti, e odiare quello

che di malvagio si trovava nel lupo significava

manifestare un odio per se stessi, allora la caccia ai lupi

mannari era semplicemente il vecchio tentativo di isolare

e annichilire la natura ignobile dell’uomo.

Il fatto che proseguì per così tanti secoli indica l’esistenza

di un duraturo odio dell’uomo nei propri confronti.

Riflessi di ciò che accade nelle Grandi Pianure americane negli anni delle guerre al lupo,

rivelano una certa quantità di tale odio, ma qui veniamo riportati inevitabilmente al Medioevo.

In un’epoca in cui nessuno sapeva alcunché di genetica, l’idea che un bimbo affetto da sindrome

di Down, ovvero con orecchie piccole, fronte spaziosa, naso piatto e denti sporgenti, fosse figlio

di una prostituta e di un lupo mannaro, era perfettamente plausibile. 

Il Medioevo fu un’epoca malinconica, riflessa con accuratezza nell’immaginario surreale

e grottesco di pittori come Bosch, Brueghel, un’epoca di carestia, di guerre infinite, di 

malattie epidemiche, di tumulti sociali. La civiltà non era preziosa quanto adesso per

noi. La tentazione di controbattere un mondo doloroso doveva essere forte. Esistevano

erbe da comprare, patti faustiani da stringere. Voler essere un lupo mannaro, in altre

parole, era in qualche modo comprensibile. In una storia di stregoneria nel Medioevo,

Jeffrey Russel ha scritto che alcuni contadini erano mossi da ‘un impulso prometeico

a piegare sia la natura sia altri popoli ai propri fini…per ottenere gli oggetti del loro

desiderio pecuniario o amoroso o per esigere vendetta contro chi era odiato o temuto’.

Dati un popolo depresso, una credenza nei lupi mannari e l’intimidazione del tribunale

dell’inquisizione, non sorprende che le persone fossero preda del panico e confessassero

precipitosamente di essere lupi mannari, di aver commesso crimini contro la natura. 

E non era solo questione di lupi mannari; nel 1275, una donna pazza di nome Angela

de la Barthe confessò all’inquisizione di Tolosa di aver dato alla luce una creatura mezzo

uomo e mezzo serpente, e di averla mantenuta in vita nutrendola con bambini che lei

stessa rubava. 

Nel 1425, a Neider-Hauenstein, vicino all’odierna Basilea, una donna fu condannata a 

morte per essersi unita ai lupi, sui quali, fu sostenuto, aveva cavalcato il cielo nottetempo.

(B. Lopez, Lupi)

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IN CERCA DELLA BESTIA E LA CACCIA E IL CULTO DELLE RELIQUIE

Ritenni di non dover passare sotto silenzio il fatto che nel periodo della lite di GROSSOLANO,

cioè precisamente l’8 maggio 1105, si scoprirono delle preziose reliquie nella chiesa di S.

Maria alla Porta; perciò in quel giorno i canonici della cattedrale con tutto il clero indirono

solenni festaggiamenti nella chiesa suddetta. A testimonianza di ciò rimane questa lettera:

“I cardinali ordinari della santa Chiesa di Milano, il primicerio con tutti i sacerdoti e tutto

il clero di Milano, tutto il popolo e ogni ordine di laici a tutti i sacerdoti, chierici e laici di

ogni ordine della diocesi della Chiesa di Milano augurano la pace, la salvezza da Dio e una

piena partecipazione di gioia. Poiché è naturale e giusto che quando il capo esulta esultino

assieme a lui anche gli altri membri, non vogliamo che rimaniate estranei all’immensa

letizia che la pietà divina ci concesse senza che la meritassimo e la sperassimo. Vogliamo

perciò che sia noto a voi tutti che abbiamo or ora trovato, per volontà e dono di Dio, 

inestimabili tesori e incomparabili perle, più brillanti del sole e più fragranti di ogni aroma

e cioè: parte del sudario del Signore e della sua Sindone, un frammento di pietra dove

sedettero gli angeli che annunciarono la resurrezione del Signor Nostro Gesù Cristo, un

pezzo di legno che sicuramente appartenne alla croce salvatrice del nostro Salvatore, un

lembo della veste della S. Maria, alcune ossa del SS. Casto e Polimio, nella Chiesa che si

chiama di S. Maria alla Porta. Perciò non solo in quei giorni, ma anche nei giorni seguenti,

ci fu un continuo e straordinario concorso di gente di entrambi i sessi che gloriava e 

magnificava Dio perché si era degnato in questo tempo di rivelarci per sua bontà tali 

TESORI e speriamo che essi daranno protezione e salvezza non solo alla nostra chiesa,

ma anche a tutta la diocesi, per misericordia di Dio. Si fece anche una processione generale

in onore di Dio e del nostro Salvatore tanto grande, solenne e mirabile quale mai prima

avevamo visto o ricordiamo sia stata fatta. 

(Landolfo di San Paolo, Historia mediolanensis, sec. XI-XII)………

Da http://giulianolazzari.splinder.com

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IN CERCA DELLA BESTIA

La mente umana si intrattiene con tali                    Stalker2.jpg

simboli e metafore, sistemando

l’universo in un monologo interiore,

e si delizia con il lupo.

Il lupo è il simbolo del male di un 

tempo e la mente smania per le 

distinzioni tra bene e male;

è il simbolo del guerriero e noi,

a livello personale, ci preoccupiamo

del nostro coraggio e della nostra 

nobiltà, ma è anche un’immagine

terrificante e alla mente umana piace spaventarsi.

Il simbolismo e le metafore dell’immaginario lupesco non sono vasti, ma sono potenti.

Sono radicati nel fondamento dell’anima. La tradizione del lupo eroe guerriero è vecchia

quanto la storia. Le leggende di Romolo e Remo e di altri bambini allevati da lupi fanno

emergere un’altra immagine antica, quella della lupa benevola. La morte di uomini scambiati

per lupi mannari e bruciati vivi nel Medioevo rappresenta un ennesimo evento negativo

legato al lupo. Altrettanto vecchie, sebbene non così diffuse al di fuori dell’Europa, sono

le immagini sessuali associate ai lupi: in latino la ‘lupa’ è la meretrice e la femmina del

lupo, in inglese il fischio di ammirazione emesso al passaggio di una donna si chiama

‘fischio del lupo’, e poi c’è il già citato idioma francese, ‘elle a vu le loup’, per connotare

la perdita della verginità. Sui muri di una catacomba romana, la giovane Susanna

insidiata da due anziani è dipinta come una pecora assediata da due lupi.

Ho già detto del lupo in quanto simbolo del crepuscolo. Altri scrittori suggeriscono,

trovandomi d’accordo, che il lupo fosse un simbolo che rifletteva due caratteristiche

umane della guerra: impulsi istintivi e comportamento razionale. Nel corso della

storia, l’uomo ha esternato la sua natura bestiale, trovando un capro espiatorio sul

quale potesse accumulare i peccati e la cui morte sacrificale ne costituiribbe l’espiazione.

Ha attribuito al lupo i suoi peccati di brama, lussuria e inganno e lo ha condannato a

morte in letteratura, nel folklore e nella vita reale.

Il conflitto nodale tra la natura benigna e quella maligna dell’uomo è palesato nelle

immagini gemelle del lupo in qualità di killer famelico e madre che nutre e cresce

i figli. La prima era il lupo mannaro, la seconda la madre di bambini che fondavano

nazioni. Oggi, come gran parte dei popoli nella storia, noi stiamo dalla parte delle

madri-lupi surrogate, anche se lo consideriamo un fenomeno folcloristico. Ma

non abbiamo più notizie dei lupi mannari, che rappresentavano una dura realtà

nel Medioevo. La loro presenza fisica non era messa in dubbio, e nella sfera simbolica

costituivano tutto ciò che di indegno esisteva nell’uomo, soprattutto ferocia e

lussuria.

(B. Lopez, Lupi)

http://giulianolazzari.splinder.com

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SCIAMANI

Da http://pietroautier.myblog.it

     http://giulianolazzari.myblog.it

L’autore che affronta l’esame dello sciamanesimo da psicologo sarà indotto

 a considerarlo anzitutto come l’espressione di una psiche in crisi, se non

perfino in regressione; egli non mancherà di confrontarlo con certi comportamenti

psichici aberranti o di inserirlo fra le malattie di struttura isteroide o epilettoide

(ma queste categorie di persone, o qual si voglia ‘autori’ sono limitate dell’uso

della conoscenza e con essa del vasto mondo della cultura).

Diremo, innanzitutto, perché l’assimilazione dello sciamanesimo ad una qualsiasi

malattia mentale ci sembra inaccettabile.

Ma resta un punto importante, su cui lo psicologo avrà sempre ragione di richiamare

l’attenzione: che la vocazione sciamanica, non dissimilmente da qualsiasi altra

vocazione religiosa, si manifesta attraverso una crisi, una rottura provvisoria dell’

equilibrio mentale del futuro sciamano.

Tutte le osservazioni e le analisi che si son potute accumulare a tale riguardo sono

preziose: esse ci mostrano, in un certo modo ‘sul vivo’ le ripercussioni che all’interno

della psiche ha ciò che noi abbiamo chiamato ‘dialettica delle ierofonie’: la 

separazione radicale tra profano e sacro e la conseguente frattura del reale.

Dal che appare tutta l’importanza che noi volentieri riconosciamo a siffatte ricerche

di psicologia religiosa.

Quanto al sociologo, egli si preoccuperà della funzione sociale dello sciamano, del 

sacerdote, del mago: studierà l’origine dei prodigi magici, la parte che essi hanno

nell’articolazione della comunità, i rapporti fra capi religiosi e capi politici e così

via. 

L’analisi sociologica dei miti del ‘Primo Sciamano’ fornirà degli indici rilevatori

circa la posizione eccezionale che i più antichi sciamani ebbero in certe società

primordiali.

La sociologia dello sciamanismo deve essere ancora scritta e, quando lo sarà, 

costituirà uno dei capitolo più importanti di una sociologia generale della 

religione. 

(In questa sede non parliamo delle caverne ipertecnologiche ad uso di primitivi 

i quali hanno barattato la propria anima per un clava a forma di telefonino….)

(Mircea Eliade)

                                        

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