CENNI STORICI (nell’illusione del tempo)

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Iniziano così i suoi pellegrinaggi.

E’ solo, è giovane, ha indosso solo il saio che dovrà necessa-

riamente abbandonare. Quindi è per di più uno ‘spretato’,

condizione difficilissima perché chiunque …..può denunciare

‘il rinnegato’ e vedersi anche premiare con bei soldoni e trovar-

si nella cerchia dei peggiori cenacoli fra ballerini, dame di corte

lustrini, banchetti mondani, …sudati atleti del fisico, certamente

giammai della mente…

La prima tappa è Roma, dove una diceria lo fa partecipe dell’

assassinio di un prete (con cui aveva degnato parola…). E’ un

bell’esempio di falso consolidato nei secoli (senza offesa arre-

care al prete, più falso dell’intera storia….). 

Nessuno sa chi sia questo prete di cui non è stato tramandato

il nome in atti o documenti vari. Non è conosciuta neppure la

data dell’omicidio, né il luogo (la leggenda narra che quel gior-

no la capitale fu colpita da un terremoto).

Non si conoscono nomi dei testimoni, né di accusatori o giudi-

ci, sembra che taluni amici del prete lo denunciano senza moti-

vo alcuno. Ciònonostante, su molti libri si legge che su Bruno

cadde l’accusa di aver causato il decesso violento di un prelato,

colpendolo per giunta alle spalle…

Una vera diceria dell’untore perpretrata nei secoli.

In questi giorni, oltre a quella del prete, se ne è aggiunta un’

altra a causa di uno storico (???) di nome Bossi che avrebbe tro-

vato le prove a carico di Bruno per un presunto lavoro di spio-

naggio da lui effettuato contro Maria Stuarda a favore di Elisa-

betta I. 

Sono tutti aspetti che si possono approfondire meglio, assieme

ad altre accuse, come quella di aver aiutato dei poveri disgrazia-

ti a sopravvivere al difficile Regno Pontificio. 

Ma il prete è un ennesimo falso storico.

Si sa che i minuscoli per farsi alti accusano i grandi di questa o 

quella crudeltà, inquisendoli con le peggiori calunnie….

Beninteso, le invettive sono lanciate quando si ha la certezza

che le vittime non possono difendersi.

Quando nel 1576 inizia la fuga è un perfetto sconosciuto.

In questa girandola della storia ci sono proprio tutti.

Protestanti, ugonotti, riformati di ogni tipo, zoppi, storpi, no-

bili di ogni casato, da quelli terrieri ai nuovi padroni legati al

commercio provenienti da piccoli castelli di provincia e guer-

rieri avvezzi ai tornei. Turchi, saraceni, crociati, terroristi, traf-

ficanti d’armi e d’oppio, cartelli della droga, ed i loro prestigia-

tori. Studiosi e ciarlatani, vecchi e giovani, vedove e papponi,

zingare e prostitute di alto e basso….bordo. Calciatori di pallo-

ne e di polo, scommesse e appalti, appalti e cemento…

Inoltre letterati delle università di Parigi e Ginevra, quelli di

Bologna sono fermi al nuovo Scudo di frontiera…

Messi del duca di Borgogna e perfino del re di Spagna.

Un pienone di cui non si ha memoria nella capitale di Francia. 

E questi sono solo gli invitati, dei pirati parleremo dopo.

Intorno a Palazzo Valois si sono adunate oltre 100.000 persone.

Per il gusto di veder passare le carrozze, guardare gli abiti e

sentire i profumi che olezzano dalle trine e da sotto le gonne

delle dame. 

Il tema dell’incontro è la poesia.

Ma vi è un altro dèmone padrone dell’intera storia fin qui nar-

rata, un dèmone sempre presente quando l’interesse è ben altro

rispetto al piacere della nota musicale, della regalità della rima.

 Un dèmone che ama la guerra, giammai la rima o la cetra….

(G. La Porta, Grandi castelli grandi maghi grandi roghi)

 

 

 

 

 

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