LA PARETE (19)

Precedente capitolo:

Il ‘Libretto’ da guida (17/18)

Prosegue in:

Masi o piste? (20)

Foto del blog:

Il ‘Libretto’ da guida  (13)  &  (14)

Da:

i miei libri

 

 

wt1

 

 

 

 

 

Non era ancora giorno quando partimmo, il vecchio

Stratzinger, guida alpina e ottimo amico, mio fratel-

lo Adriano e io, per fare la parete sudest della Ota

Muragl nelle Alpi Oniriche….

Come è caratteristico di quel gruppo, si tratta di una

gigantesca muraglia mista di ghiaccio, roccia, sab-

bia, terra, vegetazione…. e infissi artificiali….

Quando uscimmo dal rifugio piovigginava, e compat-

ti filoni di nubi rivestivano completamente le monta-

gne. Confesso che me ne rallegrai perché il più ac-

canito alpinista si rallegra, in un primo momento, se

il Tempo gli impedisce di sfidare il pericolo, salvo poi

a piangere lacrime amare per l’occasione perduta.

Senonché Stratzinger disse:

– Fortunati, siamo, oggi sarà una bellissima giornata.

E immediatamente le fasce di nubi si dissolsero, re-

stò soltanto un argenteo velo di neve pulviscola dietro

al quale si spalancarono il cielo violetto e la potente

parete della Ota Muragl, già inondata di sole…

Ci legammo in cordata e si attaccò un erto canalone

di ghiaccio vivo nel quale però i ramponi entravano co-

me fosse burro. Ai lati, sulle due precipitose quinte di

roccia che chiudevano il canalone, finestre e porte si

aprivano e chiudevano, le donne di casa dandosi un

gran daffare per pulire, lucidare, mettere in ordine.

Ci vedevano benissimo, naturalmente, vicini com’era-

vamo, ma sembrava che non se ne interessassero af-

fatto.

Tutta la parete, del resto, era popolata da gente che

scriveva in piccoli uffici, leggeva, lavorava, ma per lo

più si affollava a far chiacchiere nei caffè sistemati sul-

le cenge e in certe caverne.

A un certo punto ci trovammo alle prese con un perico-

losissimo muro fatto di pietroni tenuti insieme da erbac-

ce e radici (ed anche da altro… che qui è bene non di-

re…).

Tutto mollava.

Stratzinger propose di tornare.

Noi due fratelli insistendo, lui disse che allora era me-

glio slegarsi. Tanto, se uno cadeva, gli altri, non poten-

dosi in alcun modo affrancare, lo avrebbero seguito fa-

talmente nella catastrofe.

Poco dopo Stratzinger e mio fratello disparvero dietro

un costolone. Io mi trovai aggrappato a un macigno che,

trattenuto solo da filamenti vegetali, dondolava in modo

pauroso.

A tre metri di distanza, in una cavità della parete, un fol-

to gruppo stava prendendo l’aperitivo. Prima che il maci-

gno si staccasse trascinandomi nel baratro, con un bal-

zo disperato riuscii ad afferrare un telaio metallico che

sporgeva a mensola dalle rocce, forse allo scopo di so-

stenere una tenda.

– Agile però per la sua età!

commentò sorridendo un giovanotto affacciato all’aper-

tura della grotta. Aggrappato con le mani al telaio di fer-

ro, il corpo penzolante nel vuoto, cercavo con le estre-

me forze di issarmi.

Il macigno, sotto di me, stava ancora rimbombando nel-

le viscere profonde della voragine. Purtroppo, sotto il pe-

so, il telaio accennò a piegarsi, cedendo.

Era chiaro che stava per rompersi…

Non sarebbe costato niente, a quelli là dell’aperitivo, ten-

dermi una mano e salvarmi. Ma ormai non si occupava-

no più di me.

Mentre cominciavo a precipitare, nel silenzio sacro del-

la montagna, li potei udire distintamente che discorreva-

no del Vietnam, del campionato di calcio, del Cantagiro,

ed altri accennavano a delle calunnie… gridate e coman-

date… foglie di coca che adornano alberi di invisibili capi-

tani…..

(Dino Buzzati, I fuorilegge della montagna)

 

 

 

 

 

wt2