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Navigare nell’Eretico mare dello ‘Straniero’ (50/1)
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….Ma fu esaminata anche……
la superficie del pianeta, quasi completamente coperta dall’oceano,
con rare terre emerse a forma di altipiani.
La loro superficie complessiva non raggiungeva quella del territo-
rio europeo, sebbene il diametro di Solaris fosse del 20% maggiore
di quello della Terra.
Quei frammenti deserti e rocciosi, disseminati irregolarmente, era-
no tutti concentrati nell’emisfero meridionale. Fu analizzata anche
la composizione dell’atmosfera, e misurata con precisione la den-
sità del pianeta, determinandone inoltre l’albedo e altre caratteri-
stiche astronomiche.
Com’era prevedibile, non fu individuato alcun segno di vita, né
sulle terre, né nell’oceano. Durante i dieci anni successivi, Solaris,
che adesso era al centro dell’attenzione di tutti gli osservatori di
quel settore spaziale, rivelò la sorprendente tendenza a conserva-
re, a dispetto dell’attrazione gravitazionale dei suoi soli, un’orbi-
ta che, indiscutibilmente, sarebbe dovuta essere variabile.
Per un certo periodo la questione parve quasi sollevare uno scan-
dalo, poiché doveva per forza trattarsi di un errore d’osservazio-
ne da imputare ai ricercatori che se ne occupavano o alle caratteri-
stiche dei calcolatori impiegati.
La mancanza di fondi ritardò, per tre anni, una vera e propria spe-
dizione solaristica, fino al momento, in cui Shannahan completò la
sua squadra e ottenne dall’Istituto il comando di tre unità di tonnel-
laggio C, classe porta-navette. Un anno e mezzo prima dell’arrivo
della spedizione, partita dall’Alfa dell’Acquario, una seconda flotta
d’esplorazione, per conto dell’Istituto, mise in orbita intorno a Solaris
un satellite automatico, il Luna 247.
Questo satellite, dopo tre ricostruzioni complete, eseguite a una deci-
na d’anni d’intervallo, è tuttora funzionante. I dati che ha raccolto sono
serviti a confermare definitivamente le osservazioni della spedizione
di Ottenskjold circa il carattere attivo dei movimenti dell’oceano.
Una nave di Shannahan rimase in orbita alta; le altre due, dopo alcu-
ne prove preliminari, si posarono su un ripiano roccioso di circa mil-
le chilometri quadrati presso il Polo Sud del pianeta Solaris.
I lavori della spedizione durarono diciotto mesi e, salvo un deplore-
vole incidente dovuto a un difetto meccanico di funzionamento, non
incontrarono problemi.
Tuttavia il gruppo di scienziati finì col dividersi in due opposte fa-
zioni. Il pomo della discordia era l’oceano……….
In base alle analisi, tutti erano d’accordo sul fatto che si trattasse di
una formazione organica. Ma i biologi lo consideravano alla stregua
di un corpo primitivo, simile a un nucleo gigantesco, a una singola
cellula fluida di dimensioni planetarie, che avvolgeva tutto il globo
in un involucro colloidale, profondo in certi punti vari chilometri; i
fisici, invece, prendevano in esame la possibilità che fosse una strut-
tura straordinariamente e perfettamente organizzata, superiore for-
se, in quanto a complessità, anche agli organismi terrestri, poiché e-
ra in grado d’influire in modo attivo sull’andamento dell’orbita se-
guita dal pianeta.
Non era stata formulata nessun’altra spiegazione per chiarire il
comportamento di Solaris; inoltre i fisici planetologi avevano in-
dividuato un rapporto tra certi processi dell’oceano plasmatico e
il valore dell’attrazione gravitazionale, che variava in corrispon-
denza del ‘ricambio’ della materia dell’oceano. Furono quindi i
fisici, e non i biologi, a coniare il termine paradossale di ‘macchi-
na plasmatica’, intendendo con ciò una formazione priva forse di
vita secondo i nostri concetti, ma capace d’intraprendere attività
utili su scala astronomica.
In poche settimane, la polemica coinvolse le maggiori autorità,
e per la prima volta, la teoria di Gamow-Shapley, incontestata da
ottant’anni, fu messa in discussione.
Per un certo tempo alcuni cercarono di difenderla, affermando che
l’oceano non aveva nulla in comune con la vita, che non era nemme-
no una formazione ‘para’ o ‘prebiologica’, ma solo una formazione
geologica, insolita indubbiamente, ma capace soltanto di rendere
stabile l’orbita di Solaris, attraverso spostamenti di forze d’attra-
zione, e in proposito si richiamavano alla regola di Le Chatelier.
All’opposto furono elaborate ipotesi, fra cui quella particolarmen-
te complessa del Civita-Vitta, secondo le quali l’oceano sarebbe
stato frutto di uno sviluppo evolutivo: partendo dalla sua primi-
tiva forma di preoceano, soluzione di sostanze chimiche in len-
ta reazione fra loro, e sotto la pressione delle circostanze ambien-
tali, esso era riuscito a raggiungere lo stadio di ‘oceano omeosta-
tico’ senza passare attraverso la trafila di tutte le fasi di sviluppo
terrestri, e saltando così la creazione di esseri mono o multicellu-
lari, l’evoluzione vegetale e animale e la costituzione di un siste-
ma nervoso e cerebrale.
In altre parole, diversamente dagli organismi terrestri, non si era
adattato all’ambiente attraverso centinaia di milioni di anni, tem-
po necessario all’apparizione di esseri dotati d’intelligenza, ma
aveva dominato l’ambiente stesso.