Munch la tradizione
pesaggistica del
romanticismo del Nord,
con le sue immagini
sublimi di abissi, di
cateratte torrenziali
e di tempeste, perdura
ben oltre la metà del
XIX secolo.
Già alla fine del
700, l’artista svedese
Elias Martin aveva
dipinto scene
raffiguranti
pini piegati dal vento
di montagna, scene in
grado di rivaleggiare
con le immagini più
sublimi della tradizione
britannica che
Martin aveva potuto
assorbire durante due
soggiorni in Inghilterra;
e all’inizio del XIX
secolo il norvegese
Claussen Dahl aveva
stabilito stretti legami
con l’arte di Friedrich.
Da contemplare
un’opera di questo
artista dipinta nel
1849, una betulla
sferzata dal vento e
agonizzante, come
esempio tardivo e
particolarmente
convincente della
‘pathetic fallacy’.
In effetti, le tradizioni
del paesaggio romantico
si mantennero nell’arte
il 1848, un anno
cruciale per la storia
della pittura francese.
Ne sono un esempio le
drammatiche tele dello
svedese Markus
Larsson, che
perpetuano fin
oltre la metà del
secolo scene di
foreste vergini e
selvagge e di
tempeste sul mare
sotto la luce della
Senza dubbio,
questo romanticismo
ormai profondamente
radicato fu messo in
discussione negli anni
70 e 80 da artisti più
giovani e maggiormente
legati all’ambiente di
Parigi che tentarono
una rivoluzione realista;
ma le tradizioni native
del paesaggio
romantico erano
così salde che
un artista come
Munch, malgrado la
sua adesione giovanile
a un’estetica realista,
abbia semplicemente
prolungato più che
resuscitato lo spirito,
le ambizioni e le forme
dell’arte romantica.
Come Van Gogh,
Munch apporta
profonde modifiche
esteriori alle sue
opere, dopo
aver assimilato il
vocabolario artistico
più recente che
egli aveva potuto sudiare durante i suoi frequenti soggiorni in Francia a partire dal 1885.
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