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verdi di orti e sabbie;
nella piana in cui le
dune paglierine del
litorale nascondono
il Mare del Nord,
Bruges ha forma di
una mandorla,
circondata e solcata
da acque che si
muovono lente.
urbane interseca
quello dei canali
e sembra ignorare
ogni logica.
‘E’ una grande
raccolta di
mercanzie
e una grande
assemblea di
nazioni straniere’,
scrive Philippe
de Commynes,
‘e avviene che
vi si spediscano
più mercanzie
altra città
d’Europa e
sarebbe danno
irreparabile se
fossa distrutta’.
In parte almeno,
la fortuna della
città furono una
conseguenza della
meccanica dei
fluidi, mare e vento. La Reye sboccava in un braccio di mare inoltrantesi in terra; Bruges,
che è sulle rive, era da sempre collegata al mare, ma nel 1134 una di quelle selvagge
tempeste del Mare del Nord, che la gente dei Paesi Bassi ben conosce, aveva scavato un
golfo, lo Zwin, fino a un miglio dalla città. Era stato attrezzato un avamposto, Damme,
collegato per un canale alla Reye e alla città. Quando lo Zwin cominciò a interrarsi il
punto di sbarco delle merci fu portato più avanti, a Sluis. Secondo i cronisti locali una
sola marea nel 1468 vide entrare 150 navi straniere, ma stava per cominciare il lungo
sonno della città, per la progressiva inutilizzabilità del porto, la concorrenza di
Anversa, lo spostamento delle vie di commercio.
Quando vi arrivò Gerozzo erano
ancora anni floridi. Vi erano in
città mercanti di 17 nazioni, si
riunivano a discutere dei loro
affari nella casa della famiglia
van der Beurs, la ‘borsa’ a due
passi dal Markt, accanto vi
erano le case dei mercanti
genovesi e di quelli fiorentini
– le prime galee italiane, erano
arrivate nel 1277, poi avevano
cominciato a far scalo regolare
le veneziane ‘galee di mercato’
– c’erano i magazzini degli
inglesi e dei tedeschi, delle
città della Hansa, a partire
dalla seconda metà del 300
erano comparsi spagnoli e
Si trattavano stoffe
italiane o orientali,
metalli boemi e tedeschi,
lane e formaggi inglesi,
le immancabili spezie.
Non meno notevole era
il peso di Bruges come
centro bancario, di cui
Londra allora era soltanto
un satellite.
La congiuntura finanziaria
in cui Gerozzo doveva
immergersi a Bruges e
poi gestire da Londra era
caratterizzata dal deficit
strutturale della bilancia
commerciale dei
confronti di Firenze e delle altre città italiane; gli arazzi fiamminghi e le tele olandesi
non bastavano a equilibrare le importazioni di allume, spezie, sete e altri prodotti di lusso
italiani. Il saldo era dato dalla lana; la lana fiamminga ‘che par seta’, come dirà il De
Beatis, ma soprattutto la lana inglese.
Gli inglesi d’altro canto, anche col credito di Bruges, tendevano a passare dall’esportazione
della materia prima a quella del prodotto finito con l’impianto di una manifattura tessile,
concorrenziale per gli italiani e per i fiamminghi. V’erano rischio, spazio, per profitti e,
probabilmente non percepita, la prospettiva di un avvenire fosco, quale poi si verificò.
La città era pittoresca, con un frequente rispecchiarsi di case nei canali, scavalcati
da ponti di pietra a dorso d’asino, fronde d’alberi di giardini che pendono sull’acqua.
Per salvaguardia dagli incendi da tempo erano prescritti i tetti di tegole; lungo le strade
principali si allineavano belle case patrizie dalle facciate strette e i frontoni scalinati.
I punti focali della città erano i Burg e il Markt. Il Burg era il luogo sacro in cui, sulla riva
della Reye, tra sabbie e paludi, i conti di Fiandra avevano costruito un castello, nel lontano
IX secolo. Ora si presentava come una piazza chiusa, con il palazzo di città e la basilica
del Santo Sangue, in cui era depositata la rarissima reliquia di ALCUNE GOCCE DEL
SANGUE DI GESU’ che nel XII secolo il patriarca di Gerusalemme aveva donato al conte
di Fiandra; fino al 300 il sangue compiva il miracolo di liquefarsi ogni venerdì.
Più o meno quello che avviene tutt’oggi a Napoli, con San Gennaro.
(L.Camusso, Guida ai Viaggi nell’Europa del 1492)