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Django restò in ospedale fino all’aprile del 1939 e quando
uscì molte cose erano…..
cambiate nel mondo della musica. Curiosamente, il suo
periodo d’inattività era coinciso con una fase di transi-
zione nell’evoluzione della musica sincopata in Francia.
Nello stesso modo in cui il giovane banjoista, ricoverato
in ospedale nel 1928, ne era uscito diciotto mesi più tardi
più maturo e chitarrista, anche il jazz nel frattempo era
diventato più adulto.
Basta con le buffonate ereditate dai minstrels, il fracasso
approssimativo. Nelle orchestre, l’opacità di pelle dell’-
arcaico banjo faceva spazio a poco a poco al timbro lu-
cido delle prime chitarre di jazz, mentre il contrabbasso
a corda, più maneggevole, soppiantava progressivamen-
te la pesante tuba.
Anche i ritmi si ammorbidivano, si facevano meno saltel-
lanti e gli ottoni stessi, temperando il loro scoppio, permet-
tevano al jazz di essere ammesso nell’atmosfera ovattata
dei locali notturni della capitale, avvicendandosi al folclo-
re tzigano e alla canzone russa.
Certo il musette rimarrà a lungo vivace e ancorato ai costu-
mi popolari dei parigini, ma nel mondo versatile dei ricchi
nottambuli era certamente passato di moda e d’ora in poi
l’élite non si avventurava più nelle sale da ballo di rue de
Lappe, preferendo i cabaret selezionati dove si esibivano i
jazzisti neri e i musicisti tzigani.
Del resto, alcuni fisarmonicisti come Marceau, Médard Fer-
rero o Adholphe Deprince rifiutavano ora ogni assimilazio-
ne al genere musette.
Questi virtuosi suonavano spesso seguendo lo spartito,
cosa rara a quell’epoca, e senza l’accordatura a forti vi-
brazioni delle lame, responsabile di quella sonorità cana-
glia cara a Emile Vacher e rimasta così a lungo insepera-
bile dalla fisarmonica francese.
Cominciarono a utilizzare degli strumenti cromatici a
tre file di bottoni che gli italiani avevano introdotto nei
balli dell’Alvergna. Fra questi precursori, c’era un certo
Paraboschi, padre del batterista Roger Paraboschi, membro
suo prestigio musicale presso i chitarristi tzigani.
Notiamo il sentore gitano dei valzer più famosi di Guerino,
come Brise napolitaine, dovuto senz’altro alle sue origini,
poiché era uno zingaro italiano, secondo le affermazioni
del fisarmonicista Jo Privat.
Quel principio di sonorità senza vibrato sarebbe divenuto
popolare verso il 1935, presso i pionieri della fisarmonica
jazz, Charles Bazin e Louis Richardet.
Il primo, ottimo chitarrista quando voleva, frequenterà
assiduamente gli ambienti gitani, suonando occasional-
mente con Django da Marius, una sala da ballo situata
presso la fermata Temple del metrò; mentre il secondo
(pianista) parteciperà alla prima registrazione hot del
giovane Matelo Ferret, in compagnia di un violinista
straordinario: Michel Warlop. Alla fine degli anni 30, a-
lcuni fisarmonicisti innovatori come Gus Viseur o Tony
Murena adotteranno un’accordatura quasi
unanime l’accordo swing. Primo fra tutti, Charles Bazin,
fu lo swingmen in bretelle che improvvisava già del jazz
da Marteau, sostenuto dal banjo-chitarra di Vincent Ghelfi.
(Billard/Antonietto, Django Reinhardt il gigante del jazz tzigano)