I Puritani della Nuova Inghilterra
diedero inizio al loro regno del
terrore con i massacri legati alla
conquista dei territori Pequot.
Pieterszoon de Vries ci ha
lasciato una memorabile
descrizione del modo in cui
agirono i mercenati olandesi,
per ordine di Willem Kieft
governatore della Nuova Olanda,
allo scopo di costringere con il terrore gli Indiani a pagare un tributo:
“Verso mezzanotte udii delle grida e corsi sui bastioni del forte, guardando in
direzione di Pavonia. Non vidi che il fuoco delle deflagrazioni e udii le urla degli
Indiani mentre venivano massacrati nel sonno. Quando si fece giorno, i soldati
tornarono al forte dopo aver massacrato e trucidato ottanta Indiani, convinti di
aver compiuto un gesto valoroso degno degli antichi Romani con l’uccisione di
così tanti nemici nel sonno. I piccoli erano stati strappati dal seno delle madri e
fatti a pezzi in presenza dei genitori; i brani dei cadaveri vennero gettati nel fuoco
o nell’acqua, mentre altri bambini, legati ad assicelle, vennero feriti, tormentati
con le lame, trafitti e infine miseramente massacrati, tanto da destare compassione
anche in un cuore di pietra. Alcuni di loro furono gettati nel fiume, ma quando i
padri e le madri cercarono di salvarli, i soldati non li lasciarono raggiungere la
riva, ma fecero annegare sia i genitori che i figli – i bambini avevano cinque o
sei anni e vi erano anche vecchi e anziani privi di forze. Molti indiani fuggirono
di fronte a questa tragedia e si nascosero tra i carici tutt’intorno al villaggio; al
mattino, però, uscirono per chiedere un tozzo di pane e avere il permesso di
riscaldarsi, ma anch’essi furono uccisi a sangue freddo e gettati nell’acqua.
Alcuni di loro attraversando il nostro territorio fuggirono verso l’interno,
chi con le mani, chi con le gambe mozzate, chi tenendo in mano le proprie
interiora; altri ancora avevano subito ferite e sfregi così orribili che peggio non
sarebbe stato possibile”.
E così proseguiva:” Non appena gli Indiani seppero che gli Olandesi avevano
commesso tali atrocità, uccisero chiunque incontrassero nelle fattorie; ma non
abbiamo udito di donne e bambini uccisi dagli Indiani”.
Le abitudini e le tecniche di guerra mutarono col passare dei decenni anche per
quanto riguardava la cattura degli scalpi, che, seppur probabilmente di origine
indiana, nel XVII secolo era ignorata a molte tribù.
Nella Nuova Inghilterra, per esempio questa consuetudine pare essersi affermata
solo perché si trattava di un pratico espediente per poter guadagnare i premi
concessi dai coloni delle province per ogni testa catturata, senza per questo trascinarsi
dietro quanto di ingombrante era attaccato allo scalpo.
Non solo gli Indiani, anche gli Inglesi catturavano le teste dei nemici come trofei e le
mostravano in pubblico; la consuetudine di dare un premio per ogni testa catturata era
un’antica tradizione per gli Inglesi, particolarmente rilevante nel XIII e XIV secolo durante
le spedizioni in Irlanda.
Nel XVI secolo Sir Humphrey Gilbert aveva terrorizzato gli Irlandesi ordinando che
“le teste di tutti coloro che fossero stati uccisi in gionata dovessero essere spiccate dal
tronco e portate presso il luogo dell’accampamento notturno, e lì dovessero essere
appoggiate per terra, allineate su entrambi i lati del passaggio che portava alla sua
tenda, cosicché nessuno potesse entrare da lui per qualsiasi motivo senza dover passare
attraverso questo sentiero di teste. Questo era uno stratagemma appositamente studiato
per terrorizzarli. E il popolo fu enormemente terrorizzato, quando vide le teste dei padri
e dei fratelli, dei figli dei parenti e degli amici, tutti morti”.
Come gli Europei avevano insegnato agli Indiani molti aspetti solitamente attribuiti al
mondo dei selvaggi di far guerra, così anche la loro intrusione nella società indiana creò
situazioni del tutto nuove, di fronte alle quali gli Indiani adattarono di loro iniziativa le
proprie risposte culturali.
Lo stato di continua e logorante conflittualità tipica del periodo coloniale giustificava
effettivamente l’accusa mossa agli Indiani da Kroeber, di essersi integrati a tal punto
nella cultura dell’avversario da non essere più capaci a uscirne; ma non fu la cultura
indiana precoloniale ad esserne drammaticamente colpita. Si trattava ormai di una cultura
in cui le cause e gli obiettivi bellici ispirati dagli Europei moltiplicavano a dismisura sia
i pretesti per combattere che le vittime delle guerre.
Nel periodo coloniale si registrarono quattro tipi di conflitti: Europei contro Europei,
Indiani contro Indiani, alleati indiani di una potenza contro alleati indiani dell’altra e,
più di rado, Europei contro Indiani.
In tutti i casi è assai chiara l’influenza delle ISTITUZIONI POLITICHE O ECONOMICHE
EUROPEE .
Gran parte dei conflitti intertribali erano in realtà guerre FRA POTENZE EUROPEE in cui
gli Indiani RICOPRIVANO IL RUOLO INVOLONTARIO DI PEDINE DA SACRIFICARE
ALLA PRIMA OCCASIONE.
I freni e i limiti ben precisi stabiliti dalle consuetudini tribali non avevano alcun potere
sugli Europei e alcune tribù dovettero rassegnarsi a una condizione di dipendenza o
‘ambidipendenza’ di vario genere nei confronti di certe colonie.
La costante pressione e le continue iniziative esercitate dagli Europei per scatenare nuovi
motivi di conflitto produssero un MACROSISTEMA CULTURALE in cui la BELLICOSITA’
tribale diventava veramente in determinate circostanze l’unica via per sopravvivere, pur
rivelandosi catastrofica per l’intera cultura.
NON VI ERANO DIFFERENZE INTRINSECHE TRA INDIANI ED EUROPEI NELLA
LORO PREDISPOSIZIONE ALLA GUERRA E NEL MODO DI CONDURLA.
LE UNICHE DIFFERENZE ERANO TECNOLOGICHE E POLITICHE.
(F. Jennings, L’nvasione dell’America)
da http://storiadiuneretico.myblog.it
http://giulianolazzari.myblog.it