C’erano rose sul sedile
fra Jack e Jackie.
L’interno dell’auto era
di un piacevole azzurro.
L’uomo era così vicino
che avrebbe potuto
rivolger loro la
parola.
Rimase ad applaudire sul
marciapiede.
Una donna gridò
verso l’auto:
‘Hey vogliamo farvi
una foto’.
Il presidente aveva l’aria
estremamente confusa,
la testa piegata a
sinistra.
L’uomo smise di applaudire, ormai immerso nel caos.
Guardava i corpi riversi e avvertiva l’avvicinarsi di uomini armati.
METTIMI IN CONTATTO, BILL. METTIMI IN CONTATTO.
Bobby W. Hargis, su una moto della scorta, della fila sinistra, si rese conto che quelli che
sentiva erano colpi di arma da fuoco. C’era una donna che stava scattando una foto e un’
altra, a circa sei metri dietro di lei, che riprendeva la stessa scena. In questa inquadratura
appariva anche la prima donna. Non riuscì a capire da dove provenissero gli spari, due
spari, ma sapeva che qualcuno era stato colpito nell’auto.
Un uomo gettò il figlio al suolo e cadde su di lui.
Quello è un ex combattente, ebbe tempo di pnsare Hargis.
Il governatore Connally stava scivolando giù dal sedile. La moglie lo afferrò immediatamente.
Hargis si voltò a destra subito dopo aver notato una ragazza con una graziosa giacca che
correva sul prato verso l’auto del presidente. Girò il corpo a desra, tenendo la motocicletta
in direzione ovest sulla Elm, e poi il sangue e la materia, la cosa indimenticabile, gli schizzi
di sangue, ossa e tessuto lo colpirono in volto. Pensò che gli avessero sparato. Quella roba
lo investì come uno spruzzo di pallettoni, la sentì urtare contro il casco con un colpo secco.
La gente si era buttata sull’erba. Tenne la bocca serrata, in modo da impedire al liquido
di entrare.
John era riverso sul sedile centrale.
Nellie Connally lo tirò fra le sue braccia. Chinò il capo su quello di lui. Faceva finta di essere
lui. Erano entrambi vivi o entrambi morti. Non potevano essere uno e uno.
Poi il terzo sparo fece schizzare roba ovunque.
Tessuto, frammenti di ossa, tessuto in mucchietti pallidi, miscuglio acquaso, tessuto, sangue,
materia grigia tutt’intorno a loro.
Sentì Jackie dire: ‘Hanno ucciso mio marito’.
Avrebbe potuto essere la voce di Nellie, qualcuno che parlava per lei. Credeva che John fosse
morto. Poi lui si mosse lievemente e lei pensò, nello stesso istante, che Jackie era fuori dell’
auto, diretta all’estremità posteriore, ma ora era in qualche modo di nuovo lì.
John si mosse fra le sue braccia. Erano un solo cuore che pulsava.
SIAMO STATI COLPITI. LANCER E’ STATO COLPITO. PORTACI VELOCEMENTE AL
PARKLAND.
L’auto prese velocità e le cose cominciarono a muoversi rapidamente.
Nellie pensò quanto doveva essere orribile quella scena, che spettacolo tremendo per la gente
che guardava, vedere l’auto sfrecciare con quei due uomini a cui era stato sparato; che orrore,
che spettacolo.
Sentì Jackie dire:’ Ho il suo cervello nelle mie mani’.
Tutto passava a gran velocità.
L’uomo col maglione bianco che applaudiva vide la materia esplodere dalla testa del
presidente.
Passarono le motociclette.
Spuntarono fuori le armi.
Un uomo sulla seconda auto con un fucile automatico.
Passò la seconda auto.
Una moto sbandò e finì sul pendio erboso vicino al colonnato.
Qualcuno con una cinepresa era lì vicino e mirava in quella direzione.
L’uomo col maglione bianco ora aveva le mani sospese all’altezza della cintura e stava pensando
che avrebbe dovuto buttarsi a terra, sarebbe dovuto cadere proprio in quel momento.
Una luce indistinta intorno alla testa del presidente.
Due schizzi bianco-rosa di tessuto che spuntavano da quella nebbia.
La cinepresa in funzione.
Lee stava per fare partire il terzo colpo, era sul punto di farlo, aveva il dito sul grilletto.
La luce era così chiara da mozzare il fiato.
Ci fu una lacerazione bianca al centro dell’obiettivo.
Uno schizzo terribile, un’esplosione.
Qualcosa di bianco venne fuori dalla testa del presidente. Fu scaraventato all’indietro,
completamente circondato dalla polvere e dalla caligine.
Poi, improvvisamente, di nuovo chiaro, riverso e immobile sul sedile.
Oh, è morto, è morto.
Lee alzò la testa dal mirino e guardò a destra. C’era un muro bianco di cemento che si estendeva
dal colonnato, poi una staccionata di legno dietro di esso. Un uomo sul muro con una cinepresa.
La staccionata immersa nell’ombra. Vagoni merci sui binari al di sopra del sottopassaggio.
Si alzò in piedi, allontanandosi dalla finestra. Sapeva di aver fatto cilecca col terzo colpo.
Era andato per conto suo. Non aveva colpito niente. Girò la leva dell’otturatore verso l’alto.
METTIMI IN CONTATTO. METTIMI IN CONTATTO, METTIMI IN CONTATTO.
Stava già parlando a qualcuno di quanto era successo.
Aveva già un’immagine.
Vide se stesso raccontare l’intera storia a qualcuno, un uomo con il volto rude da texano,
eppure gentile, comprensivo. Indicava le contraddizioni. Raccontava come era stato persuaso
dai raggiri a far parte del complotto. Si dice vittima? Immaginò un ufficio con uno stendardo,
dignitari in una foto alla parete.
Tirò indietro l’otturatore, poi lo spinse in avanti, abbassando la leva. Percorse in diagonale il
pavimento verso la parte nordovest, dov’erano situate le scale. Libri ammucchiati in dieci
scatoloni uno sull’altro. La fragranza della carta e delle rilegature.
Le sirene cominciarono a suonare, le armi cominciarono a comparire.
La ragazza smise di correre verso l’auto. Si fermò e guardò il volto privo di qualsiasi emozione.
Una donna con la macchina fotografica si voltò. Si accorse che qualcuno le stava scattando una
foto. Una donna con una giacca scura aveva una Polaroid puntata su di lei. Solo in quel
momento capì che era stato sparato a qualcuno. Aveva schizzi di sangue sul volto e sulle
braccia. Pensò, com’è strano, che la donna con la giacca fosse lei, e che era lei la persona a
cui avevano sparato. Si sentì così sbalordita e strana, ricoperta da schizzi bianchi. Si mise
a sedere con cura sull’erba. Si abbandonò e sedette lì. La donna con la Polaroid non si mosse.
La prima donna sedette sull’erba, mise giù la sua macchina fotografica, guardò quella
roba incolore sulle braccia. I piccioni giravano vorticosamente sulle cime degli alberi.
Se le avevano sparato, pensò, doveva stare seduta.
L’agente Hill scese dal predellino sinistro e si mosse in fretta.
Ci fu uno sparo.
Salì sulla Lincoln dal paraurti, allungando la mano sinistra verso la maniglia di metallo.
Fu un suono doppio.
O furono due spari, oppure uno sparo e un forte impatto, il proiettile che aveva colpito
qualcosa di duro. Voleva arrivare, arrivargli vicino, fare scudo al corpo.
Vide la signora Kennedy farsi verso di lui.
Si stava arrampicando per uscire dall’auto.
Strisciava sul cofano posteriore, le mani appiattite, il ginocchio destro sulla sommità del
sedile. Pensò che stesse inseguendo qualcosa e realizzò di avere visto una cosa volare vicino,
un lampo da qualche parte, qualcosa che era volato verso l’estremità della limousine. La spinse
indietro verso il sedile. L’auto scattò, facendolo quasi cadere all’indietro. Furono nel
sottopassaggio, nell’ombra, e quando riapparvero nella luce, vide Connally coperto di sangue.
Spettatori, bambini, tutti salutavano. Si tenne stretto alla maniglia. Stavano andando
maledettamente veloci. Tutti e quattro i passeggeri erano immersi nel sangue, pigiati insieme
sul pavimento. Si stese sul cofano posteriore.
Fu raggiunto da un pensiero, da una consapevolezza.
Lei stava cercando di recuperare parte del cranio del marito.
Si tenne stretto. Riusciva a vedere proprio dentro la testa del presidente.
Adesso stavano andando a 130.
La vista di Raymo venne oscurata per un istante. Fu costretto ad aspettare che il lato della
limousine passasse accanto al sostegno di cemento. Sapeva che Connally era stato colpito.
Ebbe tempo di pensare: Leon li sta facendo fuori uno a uno. Ebbe la sensazione che la gente
si stesse piegando e sparpagliando anche se non appariva nell’inquadratura del mirino.
Ora l’auto si mosse chiaramente, dividendosi lentamente in quattro.
Mirò alla testa di Kennedy.
Era piegato verso sinistra, con gli occhi stretti per il dolore.
40 metri.
36 metri.
FECE FUOCO.
I capelli del presidente si rizzarono.
Ondeggiarono e volarono via.
Raymo scese dal paraurti e si mise sul sedile posteriore. Frank fece partire l’auto.
Guidò attraverso file di macchine parcheggiate dietro il Depository. Si diresse verso tre vagoni
merci con l’insegna Hutchinson Northern.
Raymo si sporse in avanti.
ATTENTO, AMICO! MA LUI NON DISSE UNA PAROLA.
GIA’ IN MOLTI URLAVANO PER IL BUON LAVORO COMPIUTO…….
(Don Delillo, Libra)