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Sia pure – dirà qualcuno -: l’Intelligenza contiene gli animali nobili.
Ma come potrebbero esserci in Lei delle bestie volgari e irrazionali?
E’ evidente che un essere è volgare perché è privo di ragione, mentre è nobile perché
ne è dotato; perciò, se il valore consiste nel possedere intelligenza, il contrario consisterà
nel non possederla. Ma come un essere privo di ragione e di intelligenza può esistere
dov’è Colei nel quale ogni cosa esiste e dal quale ogni cosa deriva?
Prima di affrontare e di discutere questo punto, cerchiamo di capire che l’uomo di
intelligibile e che perciò anche
gli altri animali di lassù non sono
come gli altri di quaggiù, ma
devono essere concepiti in modo
più eminente; lassù poi non c’è
affatto ragionevolezza, e se
qui esiste l’essere ragionevole,
nel mondo intelligibile esiste
invece l’Essere anteriore a
ogni ragionamento.
Perché dunque quaggiù
l’uomo e gli altri animali no?
E’ perché, essendo differente
lassù il pensare sia nell’Uomo
che negli altri Viventi, anche
quaggiù dev’essere il ragionare,
poiché anche negli altri animali
ci sono, non so come, molte forme di ragionevolezza.
Perché dunque non sono ragionevoli allo stesso grado dell’uomo?
E perché gli uomini, fra di loro, non sono ragionevoli allo stesso grado?
Dobbiamo riflettere a questo: che le molte vite, simili a movimenti, e i molti pensieri non
possono essere tutti eguali, ma che le vite sono differenti e differenti i pensieri; e le
differenze sono più luminose e più chiare e, a seconda che si trovano più o meno
vicine agli Esseri primi, sono vite di primo, secondo o terzo grado.
Perciò alcuni pensieri sono dei, altri formano una seconda categoria cui appartiene
l’essere che quaggiù vien detto razionale, dopo di questi viene subito quello irrazionale;
lassù, invece, anche l’essere che chiamiamo irragionevole, è ragione, come l’essere
privo di Intelligenza è intelligenza, poiché anche chi pensa un cavallo è intelligenza,
e il pensiero ‘cavallo’ è intelligenza.
E se fosse soltanto un atto di pensiero, non sarebbe assurdo che fosse pensiero di una
cosa senza pensiero; ma poiché il pensiero è identico al suo soggetto, come mai il
pensiero è dotato di intelligenza, mentre l’oggetto non lo è?
L’intelligenza allora renderebbe se stessa inintelligente.
Veramente, essa non si rende inintelligente, ma Intelligenza determinata: è infatti
una vita determinata.
Come una vita, qualunque essa sia, non cessa mai di esser vita, anche l’Intelligenza,
così determinata, non cessa di essere intelligenza; anche l’Intelligenza che ha per
oggetto un qualsiasi animale non cessa tuttavia di essere ‘intelligenza di tutte le cose’,
come, per esempio, anche dell’uomo, dal momento che lì qualsiasi parte tu prenda
è tutto, benché in un altro senso; poiché l’Intelligenza è in atto quella cosa singola
ed è tutto soltanto in potenza. Noi però cogliamo in ciascun essere solamente ciò che
è già in atto; e ciò che è già in atto all’ultimo posto; perciò il cavallo è all’ultimo
posto dell’Intelligenza e, poiché nel suo processo eterno verso una vita inferiore essa
si è soffermata, ecco apparire il cavallo, mentre un’altra intelligenza si sofferma
invece più in basso.
La potenza dell’Intelligenza, esplicandosi, abbandonano sempre qualcosa di sé in
alto; pur procedendo, perdono sempre qualcosa e malgrado queste continue perdite,
attraverso i difetti dell’animale che si manifestano in questo venir meno, trovano
sempre da aggiungergli dell’altro; e così, se non ci sono più mezzi che bastino per
vivere, ecco apparire unghie, artigli, denti aguzzi o corna.
Perciò, a misura che l’intelligenza si abbassa, trova in sé, a sua volta in forza della
sua autosufficienza, un rimedio per quel difetto.
(Plotino, Enneadi)
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