LA CACCIA (12)

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Con il passare degli anni, le barche assassine diventarono più grandi,

più veloci e più micidiali sotto tutti i punti di vista. Alcune di esse

acquistarono la capacità di allontanarsi per 400 miglia sulla terraferma

per raggiungere, uccidere e rimorchiare in porto persino una decina delle

balenottere più grandi e più veloci.

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Il terzo elemento del tridente consisteva in un tubo mettalico che veniva

conficcato nei polmoni o nella cavità addominale della balena morta dopo

che questa era stata riportata in superficie. Attraverso questo tubo venivano

fatti entrare nella balena aria compressa o vapore, per gonfiare la carcassa e

farla rimanere in superficie durante il rimorchio fino allo stabilimento per la

lavorazione.

Armati delle invenzioni di Foyn, i norvegesi cominciarono a costruire quella

che il linguaggio commerciale chiama con tanta ammirazione ‘la moderna

industria della caccia alla balena’.

Un suo estimatore racconta:

Svend Foyn cominciò a operare su scala industriale sulla costa della provincia di

Finnmark in Norvegia nel 1880. Il suo successo, immediato, fu sfruttato da una folla

di balenieri, ognuno dei quali arrivava a uccidere anche cinque o sei balenottere in un

solo giorno, spopolando in tal modo rapidamente le acque nordiche frequentate dai

cetacei. L’industria si rivelò comunque così redditizia che i coraggiosi norvegesi, avendo

trovato un’occupazione che andava loro proprio a genio, si misero a cercare ‘campi e

pascoli nuovi.

Tra il 1880 e il 1905, i norvegesi sottoposero a lavorazione quasi 60.000 balene

del Nord Atlantico, cioè balenottere azzurre e megattere in maggioranza.

Quanti cetacei abbiano in realtà ucciso in quei 25 anni si può solo arguire, ma

tenendo presente il rapporto tra le perdite effettive e gli animali tratti a riva,

abituale per quei tempi, una cifra di 80.000 pecca probabilmente per difetto.

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Nel 1897, la Cabot Whaling Company venne ufficialmente registrata a Saint

John’s di Terranova: si trattò di un micidiale connubbio dell’avarizia dei mercanti

locali con l’abilità predatoria dei norvegesi. Una base costiera dal nome poetico

di Balaena venne costruita nella baia di Hermitage e cominciò a operare nel 1898

con un’unico ‘battello assassino’.

L’imbarcazione portò a terra in quella prima stagione 47 grandi balenottere.

Durante l’anno successivo ne rimorchiò a terra 59. Nel 1900, la preda complessiva

ammontava a 111 esemplari. Nel 1901, alla prima imbarcazione si aggiunse un

secondo ‘cacciabalene’, e i due battelli procurarono 472 balene agli squartatori

della base. Nel 1903, quattro battelli-killer operavano da Balaena, e portarono a

terra 850 grandi balenottere tra balenottere azzurre, balenottere comuni e megattere

nodose. Intorno al 1905, ben 12 stabilimenti di proprietà mista fra norvegesi e

gente di Terranova erano impegnati nel macello che assumeva sempre maggiori

proporzioni. Intorno al 1911, 26 stavano operando o avevano operato nel golfo

del San Lorenzo e lungo la costa dell’Atlantico, dal Labrador meridionale fino

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alla Nuova Scozia. Nell’agosto del 1905, l’inglese J.M. Millais, naturalista, artista

e sportivo per autodefinizione, inviato dalla Saint Laurence Whaling Company a

visitare uno stabilimento della società sulla penisola Burin di Terranova, CI

OFFRE L’UNICO RESOCONTO CONTEMPORANEO SULLA BALENOTTERA

AZZURRA VIVA NEGLI APPRODI ORIENTALI DELL’AMERICA:

Si distingue dalle altre balenottere per le dimensioni maggiori e il colore più intenso.

Tutta la parte superiore è di una vivace tinta blu-zinco, l’inferiore di un grigio blu.

Nei mesi di marzo e aprile, un gran numero di quei mammiferi si avvicina allo sbocco

meridionale del golfo del San Lorenzo, tenendosi immediatamente fuori dai ghiacci della

deriva. Qui, la massa principale si separa in due tronconi. Uno si raduna per risalire nell’

estuario (del San Lrenzo) quando la coltre di ghiaccio comincia a rompersi, l’altro punta

a est lungo la costa meridionale di Terranova.

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La balenottera azzurra viaggia, quando cerca il cibo, a circa 80 nodi, ma quando è spaventata

in migrazione o colpita da un arpione, può raggiungere i 20 nodi, una velocità che è

capace di mantenere per un lungo periodo. Quando si avventura, per nutrirsi, su un branco

di krill, nuota su un fianco, drizza una pinna e la agita con moti improvvisi, così da

raggiungere la massima velocità; nello stesso istante la bocca si apre e si richiude

lentamente, inghiottendo una quantità di gamberetti pari a quella contenuta in circa 20

barili. Quando la bocca si chiude, l’acqua viene espulsa e si può vederla uscire sotto

forma di getti ai lati della balenottera, mentre il cibo rimane attaccato alla parte interna

de fanoni per essere poi inghiottita lentamente.

Tutte le balenottere si nutrono in questa maniera. Ho visto una grande balenottera

comune girare intorno al piroscafo, intenta a ingurgitare grandi boccate con evidente

soddisfazione. A noi non fece caso. Sembrava che non esistessimo per lei. Anzi era un

miracolo che non colpisse il battello con l’enorme muso.

La balenottera azzurra rimane in genere sott’acqua, durante la grande immersione

verso il fondo, dai dieci ai venti minuti, come ho potuto controllare con l’orologio.

Quando raggiunge la superficie, ‘sfiatata’, emettendo un getto d’aria e vapor che

si alza fino a otto-dieci metri. Poi emerge per breve tempo da otto a dodici volte,

un’operazione che le costa quattro minuti….E durante questo periodo, mentre la

balena fa queste brevi immersioni ed emersioni, che la balaniera a vapore si

avvicina a tutta velocità per tentare di colpirla. Colpita dall’arpione e dilaniata

dalla carica esplosiva, la grande balenottera azzurra spesso si immerge subito e

finisce in fondo al mare.

Spesso si allontana a grande velocità per ricomparire in superficie e morire dopo

una breve agonia. Talvolta, comunque, quando la balenottera è stata colpita troppo

indietro, oppure in prossimità o sotto la spina dorsale, la caccia si prolunga molto,

anche per ore, e si fa difficile.

In linea di massima, la balenottera azzurra è un animale abbastanza avvicinabile.

Così pure non è considerato pericoloso se si osservano le comuni precauzioni.

Vale dalle cento alle centocinquanta sterline.

Le balenottere azzurre possiedono una forza e una capacità di resistenza superiori a

quelle di qualsiasi altra balena. I balenieri che la cacciavano hanno fatto parecchie

esperienze senz’altro eccezionali durante quest’attività. L’impresa di caccia più

notevole e più lunga di cui si abbia notizia fu quella del pirocafo Puma nel 1903.

Quelli del Puma avvistarono e colpirono una grande balenottera azzurra in un

punto distante sei miglia da Placentia, alle nove del mattino. L’animale reagì

immediatamente con estrema violenza, al punto che a bordo si accorsero di non

potersi avvicinare abbastanza per colpirlo con un altro arpione, mentre riaffiorava

per sfiatare con forza. Per tutta la giornata, il cetaceo continuò a rimorchiare il

piroscafo che aveva le macchine ‘indietro mezza’, alla velocità di 6 nodi.

Verso sera venne attaccata alla poppa dell’imbarcazione un’altra fune, di rinforzo

a quella originale, ora ‘fuori’ per un miglio.

Poi il piroscafo invertì la rotta mettendo le macchine ‘avanti tutta’. La manovra parve

indispettire la balenottera che mise in azione tutte le sue forze e trascinò tutta la parte

poppiera della nave, allagando l’alloggio posteriore e una parte della sala macchine.

Ogni ulteriore pericolo venne sventato tagliando immediatamente con un’accetta la

fune attaccata a poppavia. Per tutta la notte, la coraggiosa balenottera continuò a

trascinare con tutto il peso morto di 3000 metri di fune e con le macchine impegnate

‘indietro mezza’.

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Alle nove del mattino successivo, il MOSTRO sembrava sempre fresco e arzillo, ma verso

le dieci del mattino, le forze parvero venirgli meno, e alle undici ricomparve in superficie,

inerte. Alle dodici e mezzo venne finalmente fiocinato dal comandante. Il grande scontro

si era protratto per 28 ore, e la balenottera aveva trascinato il piroscafo a una distanza di

30 miglia fino al capo Saint Mary.

(F. Mowat, Mar dei massacri)

un sito

www.seashepherd.org

Da lazzari.myblog.it

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