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Non ci può essere altra spiegazione….
alle aberrazioni disumane che vengono perpetrate sistematicamente giorno
dopo giorno, per fare un esempio, nei campi di concentramento voluti dai
totalitarismi.
E’ letteralmente un ritorno alle barbarie.
A meno che uno non si renda conto che gli esseri umani sono creature talmente
sociali, talmente civilizzate (anche se, presi uno per uno, può capitare che siano
persone spregevoli come marinai, rinnegati e reietti) che soltanto la più atroce delle
barbarie può reprimerli, non resta altro che la teoria secondo cui il male è insito
nella natura umana; questo atteggiamento, però, porta alla sfiducia e allo sconforto
che, al giorno d’oggi, sono sentimenti imperanti.
Totalitarismo e barbarie sono inscindibili, due facce della stessa medaglia: ecco
perché Melville fa sì che Fedallah e Achab siano inseperabili.
Il selvaggio sa con certezza che Achab è destinato a fallire, così come lo è il suo
tentativo di adattare l’industria e la scienza alla natura dell’uomo.
Fedallah attende il giorno in cui l’uomo si inchinerà di nuovo davanti al fuoco,
con un atto totalmente passivo come quello degli aborigeni che lo adorano.
E’ proprio questa l’essenza che Achab ha abbandonato.
Fedallah aspetta: Achab, ne è certo tornerà da lui.
Profetizza che sarà una corda a uccidere il capitano, il quale nel frattempo è
diventato incapace di fermare il pensiero su qualsiasi cosa si opponga al suo
progetto. L’ipotesi più ovvia è che la corda vada intesa come la sagola dell’
arpione ma Achab, pensando che si tratti della forca, ride della profezia.
Fedallah predice inoltre che la bara del capitano potrà essere fatta esclusivamente
di legno americano.
Intende la nave.
Achab seppellirà se stesso nel naufragio della società industrializzata americana,
simboleggiata dalla sagola e dalla baleniera. Il capitano deride anche questa profezia
ma ben presto si zittisce, e i due ritornano a guardarsi in silenzio, giorno dopo
giorno.
L’interpretazione del personaggio di Fedallah dipende esclusivamente dalla
capacità di vedere Achab per quello che è. Soltanto se si parte dal presupposto che
Achab è un individuo singolo affetto da megalomania, da una crisi o da un disturbo
legato alla sfera personale, un distrurbo simbolico nel senso che è simbolo della
natura umana in genere, si può allora interpretare la figura del selvaggio come
spirito del Male, come il lato diabolico della personalità di Achab o cose del
genere. Questo porterebbe sì ad una lettura simbolica, ma soltanto della natura
umana a livello generale.
Se al contario si considera Achab come un tipo specifico di essere umano, che
vive in un determinato momento storico e che è il prodotto di dinamiche storiche
particolari, allora Fedallah diventa lo spettro della barbarie, l’immagine dell’uomo
moderno in ginocchio di fronte ai piani economici, alle quote di produttività e a
tutto il corredo multiforme della civiltà moderna.
L’uomo, che pure sta al centro di questa macchina, si deve inchinare al suo cospetto,
cieco e impotente, mortificandosi come i selvaggi che si inchinano di fronte al fuoco
cinquemila anni fa.
(C.L.R. James, Marinai, rinnegati e reietti)