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A quel tempo i marinai erano abituati a effettuare le riparazioni in mare,
e tutti i velieri avevano vele e pennoni di rispetto; la riparazione delle
attrezzature, poi, era una faccenda quotidiana. Ma era raro che si perdesse
il timone. In una simile evenienza, la maggior parte dei capitani si sarebbe
trascinata in qualche modo in un porto convenientemente attrezzato.
Favorevole a questa soluzione, Robert Willis, fratello dell’armatore,
ordinò a Moodie di dirigersi verso il più vicino porto sudafricano.
I due uomini si scambiarono parole grosse, ma alla fine Moodie fece
di testa propria.
Messa la nave alla cappa, cominciò subito i lavori di riparazione, e poiché
ebbe la fortuna di trovare a bordo un modellino del ‘Cutty Sark’ che gli
permise di calcolare le misure del timone, poté ordinare al carpentiere
di ricavarlo dalle grosse tavole che servivano per i pennoni di rispetto.
Le tavole furono poi collegate con la ferramenta fuse dal fabbro dai
sostegni delle tende di riparo. Per quattro interi giorni il ‘Cutty Sark’
rollò e beccheggiò senza pace mentre il nuovo timone veniva approntato.
A un certo punto avvenne un pauroso incidente: un’immensa ondata
spazzò il ponte e rovesciò la forgia insieme con il fabbro e il suo
apprendista, il giovane figlio di Moodie, Alexander, che in quel momento
era intento ad azionare il mantice. Il fabbro ebbe la barba bruciata da
una barra di ferro al calor rosso e Alexander portò sul petto per tutta
la vita le cicatrici delle ustioni provocate dalle braci. Ma, per nulla
scoraggiato, l’equipaggio al gran completo si rimise al lavoro di buona
lena. Fece eccezione soltanto Robert Willis, che continuò a passeggiare
sul casseretto coprendo il capitano di furiosi improperi.
Alla fine il ‘Cutty Sark’ fu in grado di riprendere la rotta; il valoroso clipper
doppiò il capo di Buona Speranza e raggiunse Londra il 18 ottobre, 122
giorni dopo aver sbarcato il pilota a Shanghai.
Il ‘Thermopylae’ era arrivato una settimana prima, ma il ‘Cutty Sark’ aveva
percorso 8000 miglia con un timone di fortuna nell’incredibile tempo di 60
giorni, appena poco di più di un qualunque veliero normalmente attrezzato.
Per alcuni, la prodezza di fabbricare e installare un timone in condizioni
atmosferiche contrarie fece passare in secondo piano perfino la competizione.
In ogni caso, da un giorno all’altro il ‘Cutty Sark’ era diventato un eroe nazionale.
Al termine del viaggio, Moodie, esasperato dalle ingiurie di Robert Willis lasciò
il comando. Old Jock fece di tutto per convincerlo a restare, arrivando perfino a
promettergli di non far mai più salire a bordo suo fratello. Ma Moodie fu inflessibile,
e mentre Old Jock gridava che aveva la testa dura come un mulo, andò a comandare
un vapore per una compagnia di Glasgow.
Old Jock aveva parecchi motivi per rimpiangere Moodie. I capitani che cedevano alla
lusinga del vapore ormai erano sempre più numerosi, perché i viaggi erano più
rapidi e le paghe più alte. Trovare buoni comandanti diventava difficile, e si può
dire che quelli che si alternarono sul ‘Cutty Sark’ nei dieci anni successivi
rappresentarono tutti i tipi possibili.
Il primo fu Francis Willis Moore, ex direttore dei cantieri di Willis.
Moore aveva cinquant’anni e non poteva certo dirsi un tipo duro; inoltre, dato il
suo precedente mestiere, aborriva dal vedere le navi sottoposte a sforzi eccessivi.
Egli rifiutò quindi di spiegare sul ‘Cutty Sark’ tutta la velatura e sotto la sua mano
riluttante impiegò un tempo considerato eccessivo: 110 giorni nel viaggio da Londra
a Shanghai, e 117 nel ritorno.
Willis pensò bene di sostituirlo immediatamente con William Edward Triptaft, che
aveva comandato altre navi della sua flotta. Il ‘Cutty Sark’ continuò a non battere
primati né a vincere regate, ma cominciò a dimostrare di rendere di più con il
vento teso che con brezze deboli, e registrò più di una volta i 15 nodi: nelle mani
di un buon marinaio, il clipper era in grado di tenere ottime velocità.
Ma Tiptaft morì nel 1878 a Shanghai di un attacco di cuore, e Willis si dovette
mettere nuovamente in cerca di un altro capitano.
(A. Whipple, I Clipper, a cura dei redattori delle edizioni Time-Life)