Era il febbraio del 1982.
Mi telefonò Nikolaj Ustinovic Zuravlev, un etnografo regionalista di Krasnojarsk,
che di ritorno dal Sud faceva tappa a Mosca per tornare in Siberia. Mi chiese se il
giornale sarebbe stato interessato a una vicenda umana straordinaria. Un’ora dopo
mi trovavo già nel centro di Mosca, al suo albergo, e ascoltavo con attenzione il
racconto del visitatore siberiano.
Il succo della storia era questo: nelle montagne della Chakasija, in un punto sperduto
e inaccessibile del Sajan occidentale, erano stati scoperti degli uomini rimasti per
più di quarant’anni completamente isolati dal mondo.
Una piccola famiglia. I due figli non avevano visto nessuno fin dalla nascita, salvo i
genitori, e non sapevano nulla del mondo degli uomini se non dai loro racconti.
Chiesi subito a Nikolaj Ustinovic se sapesse tutto ciò per sentito dire o se avesse
visto gli ‘eremiti’ coi suoi occhi. L’etnografo disse di avere prima letto della
casuale ‘scoperta’ dei geologi in una nota di servizio, d’estate poi era riuscito a
raggiungere l’angolo sperduto della taiga.
– Sono stato nella loro baita. Ho parlato con loro come adesso con lei.
– La mia impressione?
– L’epoca anteriore a Pietro il Grande mescolata all’età della pietra!
– Il fuoco lo fanno con la selce…Con schegge di legno…D’estate vanno scalzi,
d’inverno si calzano di scorza di tiglio. Vivono senza usare sale. Non hanno pane.
La lingua non l’hanno persa. Però i più giovani della famiglia si fatica a capirli….
Adesso sono in contatto con un gruppo di geologi e paiono contenti dei loro
incontri con gli uomini, per quanto brevi. Non diversamente da prima, comunque,
si comportano con circospezione, e non hanno mutato pressoché nulla nella vita
quotidiana, nel loro modo di vivere.
La ragione della loro vita eremitica va ricercata nel settarismo religioso, le cui radici
risalgono ai tempi anteriori a Pietro.
Alla parola Nikon… SPUTANO e si fanno il segno della croce a due dita, di Pietro I parlano
come di un nemico personale. Gli eventi della vita più recente sono loro ignoti. L’elettricità
la radio, gli sputnik sono al di là della loro comprensione.
Furono scoperti nell’estate del 1978, durante una ripresa aerea geologica, si erano notati dei
giacimenti ferrosi lungo il corso superiore dell’Abakan. Un gruppo di geologi stava per venirvi
calato a fini esplorativi, stava scegliendo dall’alto il punto d’atterraggio. Il lavoro era meticoloso.
Gli aviatori perlustrarono più volte in volo la profonda gola per valutare dei banchi pietrosi
fosse il più adatto a un atterraggio.
Durante una discesa lungo il versante della montagna i piloti scorsero una cosa chiaramente
simile a un orto. All’inizio pensarono a una falsa impressione. Che orto poteva mai esserci,
se la regione era considerata disabitata? Il piùvicino punto abitato, giù lungo il corso del
fiume, distava 250 chilometri. Eppure era un orto! Lungo il declivio si potevano distinguere
le strisce scure dei solchi – si sarebbero dette patate. E poi una radura nello scuro massiccio
di cedui e pini non poteva spuntare da sola. Un disboscamento. Per giunta di antica data.
Abbassandosi il più possibile sulle vette montane i piloti scorsero vicino all’orto qualcosa
di simile a un abitacolo. Descrissero un alto cerchio, e videro una catapecchia! E di lì
anche un sentiero che conduceva al fiume. Anche dei ciocchi di tronchi tagliati e messi
a seccare. Uomini, comunque, non se ne vedevano.
Strano!
Sulle carte degli aviatori in tali luoghi qualsiasi punto abitato, perfino il rifugio invernale
di un cacciatore che resti vuoto d’estate, viene sempre indicato. E lì c’era addirittura un
orto!
(prima parte…continua.) (Dedicato a tutti coloro che sono convinti della propria civiltà….
….convinti, per l’appunto…, in tutta la loro barbara arretratezza. Riflessione di Pietro vicino
al suo orticello…)
(Vasilij Peskov, Eremiti nella taiga)