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muratori (1) in:
raccontargli del bosco e della lupa
magra, per mettergli paura, ma
tanto lui avrebbe detto che è solo
il cinematografo della febbre,
così sono rimasto rannicchiato e
muto, e dopo poco il professore
se n’è andato.
C’è la festa stasera, ha ripetuto
prima di riaccostare la porta.
Difatti per tutto il pomeriggio
c’è stato un gran trambusto,
su e giù per le scale, nei
corridoi, nelle stanze.
Sentivo trascinare mobili sul pavimento della sala, e anche accordi di chitarra, rullate
di batteria, attacchi di canzoni ripetuti mille volte, grida. Io non mi sono mai mosso
da sotto al letto, tremavo accucciato sulle mattonelle fredde e pensavo a te Mimosa,
a quando ti ho incontrata al bar davanti scuola, che avevi il giobbotto nero e in testa
il colbacco peloso di tua madre, le prime unghie aguzze, rosse, la peluria bionda accanto
alle orecchie, il viso lungo. Stavi da una parte, lontana dalle compagne e dai ragazzi, come
una forestiera in una stazione.
Ho sentito subito l’odore forte delle mestruazioni e della solitudine.
Eri sola come me, Mimosa, per questo eri bella.
Verso sera la festa è partita decisamente: la musica era per ballare, e li immaginavo nella
luce calata, tutti a fare le loro mossette con la bocca piena di patatine, noccioline, salatini,
le scarpe nella cocacola rovesciata, i professori che vergognosi e porci ballavano con le
carine, toccandole sui fianchi: e i ragazzi grassi appoggiati al muro, con la sigaretta fissa
in bocca.
Ma sentivo anche il vento fischiare, fuori, raffiche tese, libere, e la neve che danza, che
scende dal cielo e sale dalla terra, e le lepri che muovono musi e orecchie sotto la luna.
Sono uscito dal mio nascondiglio e ho spalancato la finestra. Mi sembrava di essere
dimagrito di venti chili, d’avere la pelle incollata ai muscoli e alle ossa, e una forza
moltiplicata, scattante, tutta gomiti e ginocchia.
L’ho vista immediatamente, anche se era avvolta dall’ombra: stava seduta sul bordo
del bosco, dritta come una sentinella, e mandava nell’aria il profumo dell’attesa.
Ha alzato la testa e un mugolio, è tornata a nascondersi tra gli alberi.
Mimosa, non sai come correvo sulla neve, che balzi in avanti: il desiderio mi trasformava
e non ero più malato, non ero più io. La lupa appariva tra i tronchi, s’allontanava,
s’avvicinava, stringeva il cerchio attorno a me. Potevo sentire il suo affanno, e lei il mio.
Mi sono messo a quattro zampe per farle capire che ero come lei.
E per lei, Mimosa, ho ricoperto la mia pelle d’un pelo ispido, ho estratto la coda dal
dorso e ho sospinto in avanti il muso, ho affilato i denti e drizzato le orecchie, ho ululato
alla luna. E la lupa mi è strisciata contro, calda e tesa, ha mescolato il suo fiato fumante
al mio, mi ha accettato. Abbiamo galoppato inseme tutta la notte, fino sui monti più
alti, spalla a spalla. Per lei ho ucciso un animaletto. Scappava in diagonale nel campo,
ma l’ho raggiunto in un attimo e l’ho azzannato: il sangue mi colava sul collo e nella
bocca, sentivo le convulsioni finali di quella bestiolina, le zampette che s’agitavano
nell’aria, gli squittii, e poi era solo carne da offrire alla mia lupa.
Abbiamo bevuto la neve e giocato a rotolarci giù da un pendio: io l’ho morsa dietro
le orecchie, non troppo forte. Quello che lei mi diceva, io lo capivo, storie di uomini
con il fucile, di terrore, ferite, nascondigli, buche, solitudine, e altre parole che ora
mi vagano nella testa come i sogni quando sono svaniti.
Ci siamo accoppiati all’alba, rapidamente, sul bordo di un lago ghiacciato, con un
vento furibondo che ci sollevava il pelo. Ma dentro di lei s’apriva una notte umida,
sospirosa, la prima notte del mondo, e io ho sentito le stelle che mi uscivano dal
corpo e entravano nel suo, come da cielo a cielo. Con i fianchi obbedivamo a qualcosa
di più grande di noi, la forza che ci teneva avvinghiati era quella che solleva le maree
e le foreste, che inghiotte le navi e i vecchi. Ma quando ci siamo staccati, lei mi ha
girato uno sguardo pieno di indifferenza: ho provato a leccarla sul muso e m’ha
ringhiato con i denti lucidi, è andata via per sempre.
Tra me e lei s’è alzato un volo di corvi, centinaia di punti neri che gracchiando
strappavano l’aria…..
Questo è successo, anche….
(Marco Lodoli, Cani e lupi)
un intervento contro l’orrore in:
orrore-senza-fine-lettera-aperta-al-direttore-del-parco-monti-sibillini-1