L’INGLESE DETTO 7 E IL TEDESCO 8 (3)

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L’inglese detto 7 (2) & (1)

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Il tedesco 8  (1)  &  (2)  & 

Il Dio dell’abbondanza 

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l’inglese detto 7

e il tedesco 8

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– Una cosa non capisco, come mai gli americani non abbiano

scoperto nulla laggiù.

– Glielo ha domandato, signore?

– Naturalmente no. Non mi fido della loro discrezione.

– Forse loro non si fidano della nostra.

Il capo disse: – Quei disegni….li ha esaminati?                       kjmnjhg.jpg

– Non sono molto esperto in quel campo, signore.

Li ho ritrasmessi subito.

– Allora li guardi bene adesso.

Il capo dispose i disegni sulla scrivania.

Hawthorne si scostò con riluttanza dal radiatore e fu

immadiatamente scosso da un brivido.

– Qualcosa non va?

– Avevamo 34 gradi, ieri, a Kingston.

– Le si sta assottigliando il sangue. 

Un po’ di freddo le farà bene. Che cosa ne pensa?

Howthorne fissò i disegni. Gli ricordavano….qualcosa.

Si sentì invaso, senza sapere perché, da una strana sensazione

di disagio.

– Ricorderà i rapporti che li accompagnavano, disse il capo.

– La fonte era sbarra tre. Di chi si tratta?

– Se non sbaglio è l’ingegner Cifuentes, signore.

-Bene, anche lui non è riuscito a capire. Nonostante tutte le 

conoscenze tecniche. 

Queste macchine venivano trasportate con autocarri dal 

comando dell’esercito, a Bayamo, ai margini della foresta.

Poi gli autocarri furono sostituiti da muli.

Direzione generale, quelle inesplicabili piattaforme di cemento.

– Che cosa dice il Ministero dell’aeronautica, signore?

– Sono preoccupati, molto preoccupati. Ed anche incuriositi,

naturalmente.

– E gli specialisti delle ricerche atomiche? 

– Ancora non abbiamo mostrato loro i disegni.

Lei sa bene come è fatta quella gente.

Si affretterebbero a criticare i minimi particolari, direbbero che

l’intera faccenda non è attendibile, che il tubo è sproporzionato

o puntato dalla parte sbagliata.

Non si può pretendere che un agente il quale disegna a memoria

non sbagli alcun particolare.

(G. Greene, Il nostro agente all’ Avana)

 

 

 

 

 

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L’INGLESE DETTO 7 E IL TEDESCO 8 (2)

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 L’inglese detto 7 (1)

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L’inglese detto 7 (3) 

 

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Sua figlia avrà un ferro da calza immagino?                       

– Non lavora a maglia.

– Allora dovrà comprarne uno.

Preferibilmente di plastica. L’acciaio lascia a volte un segno.

– Un segno dove?

– Sulle buste che aprirà.

– Perché dovrei voler aprire buste, in nome del cielo?

– Potrebbe presentarsi la necessità di esaminare la corrispondenza

del dottor Hasselbacher.

Naturalmente, lei dovrà trovarsi un suo agente nell’ufficio                                

postale.

– Mi rifiuto nel modo più assoluto…

– Non faccia il difficile.

Mi sto facendo mandare da Londra i precedenti del dottore.

Prenderemo una decisione sulla sua corrispondenza dopo

 averli letti.                                                                                          

Con un buon compenso…se dovesse rimanere senza

inchiostro,adoperi sterco di uccelli…o sto correndo

 troppo?

– Non ho detto neppure se sono disposto…

– Londra è daccordo su 150 dollari al mese, più altri

150 dollari di spese…queste ultime dovrà giustificarle,

naturalmente.

Compensi ai sub-agenti, e così via.                                                         

Qualsiasi spesa che superi tale somma dovrà essere autorizzato

 volta per volta.

-Lei sta correndo davvero troppo.

– Esenti dalle tasse sul reddito, sa, disse Hawthorne, e strizzò

 l’occhio malizioso. La strizzatina d’occhio, chissà perché, non si

 armonizzò con il monogramma regale.

– Deve darmi tempo…

– Il suo numero di codice è 59200 sbarra 5.

Con orgoglio, aggiunse : – Naturalmente, il mio è 59200.                        

Lei numererà i suoi sub-agenti 59200 sbarra 5 sbarra 1 e 

così via. E’ chiaro?

– Non vedo proprio in che modo potrei esserle utile.

– Lei è inglese, vero?, domandò Hawthorne in tono brusco. 

– Naturalmente che sono inglese.

– E si rifiuta di servire il suo Paese?

– Non ho detto questo. Ma gli aspirapolvere assorbono quasi

tutto il mio tempo.

– Sono un ottimo paravento, disse Hawthorne. Un’ottima idea.

La sua professione ha un che di molto naturale.

– Ma è naturale.

– Ora se non le dispiace, disse Hawthorne con fermezza

dobbiamo accuparci ….

(G. Greene, Il nostro agente all’Avana)

 

 

 

    

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L’INGLESE DETTO 7 E IL TEDESCO 8 (1)

Prosegue in:

L’inglese detto 7 (2)

 

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-Hai mai sentito parlare di un libro codice?

– A essere sincero…no.

-Tra un momento le insegnerò il modo di adoperarlo.          

Una copia la tengo io.

Per comunicare con me, lei non dovrà fare altro che indicare

le pagine e la riga alle quali incomincia la comunicazione

in codice.

Naturalmente non è poi così difficile decifrarlo, ma lo è

abbastanza per i semplici Hasselbacher.

– Vorrei che lei si togliesse dalla testa il dottor Hasselbacher.

– Quando avremo organizzato il suo ufficio qui con sufficienti

misure di sicurezza….una cassaforte a combinazione, un

apparecchio radio, personale capace, tutti i trucchi del mestiere,

 allora naturalmente potremmo rinunciare a un codice primitivo

come questo; eppure eccezion fatta per un espero criptologo, è    

maledettamente difficile decifrarlo senza conoscere il titolo e

l’edizione del libro.

-Perché ha scelto il Lamb?

– E’ stato il solo volume del quale abbia potuto trovare

due copie, eccetto ‘La capanna dello zio Tom’.

Avevo fretta e dovevo acquistare qualcosa nella libreria di

Kingston, prima di partire. Oh, c’era anche un altro libro

intitolato ‘La lampada accesa : manuale di preghiere serali’,

ma mi sono detto che sarebbe potuto essere un po’ vistoso

 sui suoi scaffali, qualora lei non fosse stato religioso.

– Non lo sono.

– Le ho portato anche un po’ di inchiostro.

– Ce l’ha un bollitore elettrico?

– Si perché?

– Per aprire le lettere.

Desideriamo che i nostri agenti siano attrezzati in vista

di qualsiasi situazione di emergenza.

– L’inchiostro a che cosa serve?

A casa ne ho in abbondanza di inchiostro.

– E’ inchiostro invisibile, naturalmente.

Nell’eventualità che dovesse spedire qualcosa con

la posta ordinaria.

(G. Greene, Il nostro agente all’Avana)

 

 

 

 

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