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Libri, memorie, …dialoghi…
…Un sito…
Sapeva più canzoni di Guthrie lui che Guthrie stesso.
Cantava con quel suo accento alla Guthrie, ma erano pur sempre
parole e poesie di Woody, e suonava falso come la merda, anche
quando metteva un disco …sul piatto….
Ricordo che mi chiesi: ‘Ma perché un ragazzo così giovane vuol
essere qualcun altro?’. Perfino Fred e Fritz, che pure erano degli
appassionati di musica folk, dopo un po’ non ne poterono più.
Ma lui, implacabile, continuò fino alle tre o anche dopo.
Tra una canzone e l’altra non faceva che parlare di sé.
Disse di essere stato un vagabondo, ma vagabondi suoi amici
vedemmo quasi morire in galera…
Disse di aver conosciuto diversi cantanti e molta gente di campa-
gna. Stando al suo racconto, era stato ospite di una famiglia di
contadini, non so bene dove. ‘Gente semplice’, aggiunse. Lo ave-
vano ospitato. Ne fece le lodi: ‘Accidenti, erano la fine del mon-
do’.
…Poi scoprimmo con rammarico che era un semplice agriturismo
dell’epoca, lussuoso per giunta, ed gli ospiti erano il loro pane…
E così era un ragazzo di strada che girava il mondo…
Veniva dal Minesota.
Le sue origini erano molto umili, così almeno capimmo, anche
perché lui ci raccontò di essere scappato di casa e, parlando dei
genitori, lasciò intendere che era gente meschina, sgradevole:
degli zotici.
Però non disse nulla di preciso: rimase nel vago.
Era un fissato.
Cantava le canzoni che sapeva e parlava di Woody.
Per lui l’essenziale era di arrivare a New York e trovarsi un pos-
to al capezzale di Woody, perché Woody stava morendo.
Doveva andarlo a trovare in quell’ospedale del New Jersey.
Sarebbe andato al Village, ci disse. E mi ricordo che commentai
con Fred: ‘Povero ragazzo’. Un altro illuso che si perderà nella
folla’. Ero convinta che l’avrebbero divorato vivo’.
Jennifer era nata e cresciuta nel Village: ne aveva quindi una co-
noscenza diretta, di prima mano. Sua madre è Paula Bower Smi-
th, l’attrice, e suo nonno il produttore, regista e attore Jacob Ben-
Ami con una carriera di più di mezzo secolo alle spalle e mem-
bro importante del teatro yiddish di New York e dello Eva
Le Gallienne’s Repertory Theatre.
Dopo essere rimasta per qualche ora a sentirlo suonare, Jennifer
diede a Bob delle lenzuola e una coperta. ‘Ecco la tua roba’, gli
disse, e se ne andò a dormire. Fred e Fritz lo lasciarono dopo
poco e lui si avvolse nelle lenzuola, sotto il tavolo della cucina
con la chitarra al suo fianco, pronta ad entrare in azione.
Jennifer non era la sola a pensarla in quel modo, a Madison.
Anche ad altri Dylan diede l’impressiione di essere un ragaz-
zino immaturo che stava cercando di immedesimarsi in Ghutrie
e che perciò recitava la parte del giramondo solitario a spasso
per l’America selvaggia che suona nei bar e nelle fiere.
‘Si faceva passare per un autentico professionista’, dice Fred
che all’epoca era già laureato e si stava specializzando in tea-
tro ‘ma poi quando cominciava a suonare ci rendevamo conto
che non valeva molto, prendeva appunti, telefonava troppo
spesso…, non aveva un istinto musicale molto sviluppato,
…sembrava artificiale…tele…comandato, quel ragazzo…
Ma era simpatico e lo stavamo a sentire, malgrado tutto, fa-
ceva sempre il verso al talking-blues di Woody… non era fa-
rina del suo sacco…
(Anthony Scaduto, Bob Dylan la biografia)