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l’hanno preso in castagna
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Frammenti in rima

Le castagne, infatti hanno un alto valore nutritivo, conosciuto
fin dall’antichità.
Ma Plinio non mostrava di apprezzarle molto, tant’è vero che
scriveva:
‘Esse sono protette da una cupola irta di spine, ed è veramente
strano che siano di così scarso valore dei frutti che la natura ha
con tanto zelo occultato.
Sono più buone da mangiare se tostate, vengono anche macinate
e costituiscono una sorta di surrugato del pane durante il digiu-
no delle donne’.
Nonostante le sue riserve, erano consumate abbondantemente
dai Romani, come testimoniano Columella e Apicio. Quest’ulti-
mo offriva anche la ricetta di un piatto di castagne che poteva
sostituire le lenticchie.
A sua volta Marziale, nell’elenco delle vivande servite all’amico
Toronio, ricorda del pranzo ‘castagne a lento fuoco abbrustolite’,
provenienti dalla ‘dotta Napoli’.
Nell’alto Medioevo le castagne entrarono nel patrimonio alimen-
tare del popolo come alimento integrativo o sostitutivo del grano
grazie alla farina che se ne ricavava, o come frutti da minestra al
pari dei legumi o abbinati ai legumi, specialmente alla fava.
‘Appaiono poi le castagne’ scrive Bonvesin de la Riva ‘quelle co-
muni e quelle nobili, vendute per l’intero corso dell’anno, in
quantità immensamente abbondante, tanto ai cittadini quanto ai
forestieri.
Cucinate in diverse maniere, esse rificillano abbondantemente le
nostre famiglie.
Si fanno cuocere verdi sul fuoco e si mangiano dopo gli altri cibi
al posto dei datteri, e a mio giudizio hanno un sapore migliore di
quello dei datteri. Spesso si lessano senza guscio e, cotte, molti le
mangiano con i cucchiai; oppure, buttata via l’acqua della cottura,
spessissimo le masticano senza pane, o anzi al posto del pane.
Si danno ai malati dopo averle dissecate al sole e poi cotte a fuoco
lento’.
I naturalisti del Rinascimento, dal Mattioli al Durante, non manca-
vano di sottolinearne i limiti accanto ai pregi, fra cui quello sorpren-
dente di essere afrodisiache.
Scriveva il Durante: ‘Le castagne arrostite sotto la cenere, e mangia-
te con pepe, con sale, o con zuccaro, son meno dure a digerire, me-
no stiticano il corpo, generano ventosità e fanno minor dolore di
testa.
Se si digeriscono danno notabile nutrimento, ma non però buono:
e per essere molto ventose provocano al coito’.
Fin dal Medioevo questi frutti sono stati considerati anche cibo
per i morti, e come tali simbolicamente omologhi alla fave e ai ceci.
A Marsiglia si consigliava di metterne sotto il cuscino per far sì che
gli spiriti non venissero a tirare per i piedi di notte.
Nella Vienne, in Francia, durante la notte che precedeva la Com-
memorazione dei Defunti ci si riuniva nei castagneti per cuocervi
le castagne.
In Piemonte, come a Venezia, venivano consumate, secondo il ri-
to, nel giorno dei Morti, ma anche a San Martino, tant’e vero che
un proverbio rammenta: ‘Oca, castagne e vino, tieni tutto per San
Martino’.
In Val d’Aosta, nel pomeriggio di Ognisanti, nei caffè e nelle
osterie venivano offerte caldarroste agli avventori, mentre nel-
le famiglie si era soliti cospargerle di grappa e di zucchero e
servirle in tavola alla fiamma.
In Liguria, ricorda il Mantovano, nel giorno dei Defunti si
mangiavano i ‘bacilli’ (fave secche) quanto i ballotti (castagne
fresche bollite con la scorza).
In Brianza si consumavano lesse sia a Ognisanti sia nella festa d
ella Giubianna, che si svolgeva il giovedì grasso ed era dedicata
alle donne.
Infine divennero cibo voluttario venduto dagli ambulanti nelle
vie cittadine, come accade ancora oggi, sebbene in misura mino-
re rispetto al passato. Lo testimonia un’incisione, pubblicata alla
fine del XVI secolo nel repertorio degli ambulanti: ‘Nuovo et ul-
timo ritratto di tutte le arti che vanno vendendo per la città di
Roma’, con le seguenti didascalie in funzione d’imbonimento:
‘Maron francesi, delicati e buoni,
mangiarli dopo il pranzo sono buoni.
O là chi è di voi che sia affamato,
eccovi i castagnacci a buon mercato.
Io vo vendendo talora i marroni
un giulio il scorzo, ma son tutti buoni.
Ecco castagne arrosto cotte adesso,
chi le vuol calde mandi presto il messo.
Gridando vo’ per Roma calde alesse
le mani spesso mi scaldo con esse.
E di giorno, e di notte vado a torno
vendendo le castagne cotte al forno.
Chi vuol mangiare dopo pasto marroni
mangi de’ miei, che son tutti buoni.
(Florario, Miti, leggende e simboli di fiori e piante)