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Due giorni dopo avevo in mano la lettera della Ernst Leitz
Wetzlar Gmbh, datata 06/04/1987 in cui scriveva in francese:
‘Gentile Signore, con la presente le confermiamo che la Leica
Ia Nr. 21360 è uscita dalle nostre officine il 02/07/1929 ed è
stata venduta a Skandiapol.
Noi pensiamo che Skandiapol sia stata all’epoca una spedizio-
ne polare composta da scandinavi. Vogliate gradire, caro Signo-
re, l’espressione della nostra considerazione distinta.
A. von Gyimes’.
In una busta allegata trovai diverse piccole foto che ritraevano
Rasmussen, dettagli di un villaggio eschimese ed un viaggio in
nave…tra le lunghe onde del mare artico.
Nelle foto pare che l’equipaggio e Rasmussen si stiano diverten-
do a trovare un qualche equilibrio.
Era incredibile!
Avevo tra le mani le ultime foto e la Leica di Knud Rasmussen,
esploratore danese, nato il 07/06/1879, e morto di malattia, du-
rante la sua più importante e ultima spedizione iniziata nel 1931,
il 21 dicembre a Copenaghen.
Provavo l’emozione e la tensione di vedere le immagini, le foto
di un ricercatore e di un grande scienziato, lui stesso di origine
eschimese, scattate poco prima della sua morte, causata da una
infezione contratta in un villaggio eschimese.
In seguito lessi alcuni libri di Rasmussen e non mi sorpresi di
constatare la determinazione di questo piccolo uomo nel percor-
rere le terre della sua grande isola, la Groenlandia, e la voglia
di far conoscere la vita e la storia dei suoi fratelli eschimesi, sino
ad allora pressocché sconosciuta.
La più vera e conosciuta ricostruzione e cronaca della vita del
popolo eschimese si deve proprio al nostro Knud.
Inutile dire che la Leica di Rasmussen entrò nel mio cuore e
nella mia collezione. Col mio amico e conoscente Osvaldo ogni
tanto ci sentiamo per parlare ancora di macchine fotografiche.
Lui oggi sa della mia passione per le spedizioni polari, sa di
avermi fatto felice con quella vecchia Leica ed io gliene ho da-
to atto e gratitudine.
Questa Leica mi fa camminare sulla neve delle terre polari con
la gioia incosciente di chi non ci è mai andato e forse non ci po-
trà mai andare. Mi fa vivere tra popoli antichi e misteriosi, mi
fa partecipe di spedizioni e di ricerche, di storia e leggenda.
(Alfonso Giannone)
(Può essere una vecchia Leica, o un tomo ingiallito dal tempo,
ma chi è capace di esplorare può farlo in molti modi. Chi inca-
pace di esplorare, non solo fisicamente, ma anche con il pensiero,
e la conoscenza, è il più grande ed illustre carceriere della storia,
e non solo della geografia. Questo post è dedicato a tutti gli in-
quisitori della storia, tutti quelli, che incapaci di creare, ed esplo-
rare diversi orizzonti, oltre al proprio, limitano (come sempre è
stato) ogni diverso confine che si estende oltre il piatto mare
di un destino che spazia là dove la vista inganna la percezione.
Conferendo illusione di una geografia falsata nella morale della
storia (come già è stato e per sempre sarà).
Pietro Autier un perfetto.)
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Libri, appunti, dialoghi…
Un sito…
Poco tempo era passato,
un momento sol trascorso.
Volò dritta un’anatrella,
una folaga leggiadra
e cercava un luogo al nido
ed un posto ove fermarsi.
Volò a oriente, ad occidente,
a maestrale, a mezzogiorno.
Non trovò luogo nessuno,
non un posto dei peggiori,
dove il nido fabbricare,
dove un poco riposare.
Si liberava, svolazzava
e pensava e meditava:
‘Se nei flutti faccio stanza
e nell’onde dimoranza?
Butta giù la stanza il vento
ed il flutto in un momento’.
Ma la madre delle acque,
quella Vergine dell’aria
un ginocchio alzò dal mare,
sollevò dall’onde il dorso,
perché il nido vi posasse
l’anatrella si fermasse.
Volò dritta l’analtrella,
svolazzò per ogni verso.
Finché scorse quel ginocchio
sollevato sopra l’acqua;
Credé fosse un monticello,
un erboso praticello.
Si librò con volo lento,
si calò sopra il ginocchio.
Il nido colà fece,
vi depose l’uova d’oro:
di quell’uova, sei son d’oro
ed il settimo di ferro.
Cominciò l’uova a covare,
il ginocchio a riscaldare:
covò un giorno, covò un altro,
covò ancora il terzo giorno:
già la madre delle acque,
quella Vergine dell’aria
sentia caldo sul ginocchio,
come un fuoco sulla pelle;
le parea che nel ginocchio
si struggessero le vene.
Il ginocchio scosse forte,
alle membra diè uno scrollo:
cadder l’uova dentro l’acqua,
giù piombarono nell’onde;
e si ruppero in pezzetti,
si spezzarono in frantumi.
Non si persero nel fango,
non spariron dentro l’acqua:
preser nuova, bella forma
quei frantumi, quei pezzetti:
la metà del guscio sotto
diventò la madre terra;
l’altro mezzo guscio sopra
si mutò nel firmamento;
quel che c’era sopra, giallo,
brillò in cielo come sole;
quel che bianco c’era sopra
diventò luna splendente;
quel che c’era di screziato
brillò in cielo come stelle;
quel che l’uovo avea di scuro
diventò nube nell’aria.
(Da: Kalevala, Runo 1)
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…..E dys que dar-lor-ia molers que amarian trop e dar-lor-ia
senhoria uns sobre autres e que n’i auria que syrian reys e
comtes e emperadors, et am un ausel quen prendrian autre et
am una bestia, autra.
Totas las gens que serian sotzmesas a el que devalarian dejos e
que aurian poder de far mal e ben ayshy cum Dieus desus, e que
trop lor valia mai que fossan dejos, que poyrian far mal e be, que
desus on Diesus no lor dava sino be.
E ayshy pijeron sobre un cel de vidre a aytans com n’i pujeron,
saseron e foro peritz.
E Dieus devalec del cel ab XII apostolos e adombrec se en
sancta Maria.
( Contea de Foix, XIV sec, Le Registre d’Inquisition )
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Payre sant, Diex dreyturier dels bons speritz, qui hanc no falhist
ni mentist ni errest ni duptes per paor de mort a pendre al mon del
dieu estranh, car nos no em del mon ni l mon no es de nos, dona nos
a conoysher so que tu conoyshes et amar so que tu amas.
( …….)
Per que prec al Paire sant dels dels bon speritz, que a poder de salvar
las animas e per bos speritz fa granar e florir, e per raso dels bos dona
vida als mals e fara mentre que i aia al mon dels bos.
E quann mica no i aura dels mieus menors : cels que son dels set
regnes que avaleron de paradis a dusca Lucifer los ne trasch am
semblansa d’engan que Dieus no ls promes si no be, per tal quar
lo diable era mot fals que ls prometia mal e be.
……..
( Contea Foix, XIV sec., Le Registre d’Inquisition de Jacques Fournier)
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Padre santo, Dio legittimo degli spiriti buoni,
che non hai mai ingannato né mentito né errato,
né esitato per paura della morte
a discendere nel mondo del Dio straniero –
perché noi non siamo del mondo
né il mondo è nostro –
concedi a noi di conoscere ciò che tu conosci
e di amare ciò che tu ami.
Farisei ingannatori che state alla porta del regno
e impedite di entrare a coloro che lo vorrebbero,
mentre voi non volete!
Per questo prego il Padre santo degli spiriti buoni
che ha il potere di salvare le anime,
e fa germogliare e fiorire per gli spiriti buoni,
e per causa dei buoni dà vita ai malvagi
e lo farà finché essi vadano nel mondo dei buoni.
E lo farà fino a quando non vi sarà più
nei cieli inferiori, che appartengono ai sette regni,
nessuno dei miei che sono caduti dal paradiso,
da dove Lucifero li ha tratti con il falso pretesto
che Dio non promette loro altro che il bene,
mentre il diavolo nella sua grande falsità
prometteva loro sia il male che il bene.
E disse che avrebbe dato loro donne che avrebbero amato moltissimo
e avrebbe dato signoria agli uni sugli altri,
e che vi sarebbero stati fra loro re e conti e imperatori,
e che con un uccello ne avrebbe catturato un altro
e con una bestia un’altra.
E disse che tutti coloro che si fossero sottomessi a lui
sarebbero discesi e avrebbero avuto il potere
di fare il male e il bene come Dio in alto,
e che per loro sarebbe stato molto meglio
essere in basso e fare il male e il bene
che essere in alto dove Dio
non dava loro che il bene.
E così salirono su un cielo di vetro e,
appena vi furono saliti,
caddero e furono perduti.
E Dio discese dal cielo con dodici Apostoli
e si adombrò in santa Maria.
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Breve appunto…..
In altre parole la fede, il modo in cui il singolo agisce
la propria religiosità, viene visto come connotato da
una immediata rilevanza pubblica: riguarda la collet-
tività, l’insieme di tutta la società.
La compattezza della fede è sentita come fondamento
della solidità dello stesso stato.
La logica è la stessa, anche se applicata sul piano inter-
no, di quella che aveva sostenuto, verso l’esterno, le cro-
ciate: qui si trattava di combattere l’infedele che offende
con la sua sola presenza l’universalità della fede cristia-
na; nel caso dell’Inquisizione invece la ‘crociata’ è rivolta
contro l’eretico, portatore di una forma di infedeltà al
cristianesimo ancor più pericolosa e insidiosa.
La diversità nella fede, nelle opinioni, nei costumi, è vis-
suta come potenzialmente in grado di dissolvere il siste-
ma sociale, di aprire in esso pericolose e insanabili cre-
pe. E’ su questo sfondo che si comprende il sorgere dell’
Inquisizione e simmetricamente (per non creare dubbi o
malintesi storici) il fondamentalismo di opposta natura
storica. Entrambi alimentano i loro roghi e giustificano
i loro abomini su questi principi.
Si comprende altresì solo a partire da questo scenario
anche la complicità che le strutture del potere secolare
presteranno sempre al tribunale inquisitoriale: se l’uni-
versalità e omogeneità della fede è garanzia di ordine
sociale, di moralità, di controllo del dissenso politico e
ideologico, è evidente che gli stati avranno tutto l’inte-
resse a mantenere in vita questo prezioso strumento di
pressione sulle coscienze e di repressione delle diversità,
anche perché, per le fragili identità statali l’uguaglianza
di credo religioso diventa un insostituibile collante socia-
le e politico.
Anche se il paragone può apparire azzardato e fuori luo-
go, il compito sociale della fede è simile sotto certi aspetti
a quello dello sport. I fedeli dello sport nazionale si posso-
no accumonare a quelli che si accalcano nelle ricorrenze re-
ligiose, entrambi uniscono l’identità di uno stato, provincia,
comune….., e da essi sono adoperati.
(Benazzi/D’Amico, Il libro nero dell’Inquisizione)
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Libri, ricordi…dialoghi…
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predicatore,
alpinista,
scienziato,
geologo,
geografo,
storico.
Ho combattuto guerre,
mi hanno ucciso!
Mi hanno messo
su una croce.
Ho discusso
di resurrezione.
Ho avuto delle visioni
e ho cercato di interpretarle.
Ma prima di esse sono stato sciamano.
E ancor prima, miriade diverse di forme viventi.
Ho pregato come un buddista sotto un albero.
Ho pianto come un druido all’ombra di esso.
Poi ne ho studiato le forme, consistenza e utilità.
Dalla bellezza dei rami e delle foglie
ho capito e studiato la loro funzione.
Ho iniziato a respirare l’aria che mi ero guadagnato
e grazie ad essa restituito in quieta specie di parlare.
Sono divenuto acqua e ho scavato letti
che ora percorro in cerca della memoria.
Ho visto grotte,
ne conservo ricordi e disegni che vi ho tracciato.
Sono stato cacciatore…, un tempo.
Mentre adesso istintivamente guardo al suolo
in cerca di qualcosa,
Vela mi insegna e fiuta il passato divenuto presente.
Mi hanno braccato, avverto l’odore della paura.
Mi hanno ucciso.
Piango me stesso sulle poche ceneri
di un fuoco acceso di fretta.
Mi hanno imprigionato,
ancora vedo il maestoso castello,
in cui una volta ero signore.
La congiura è di nuovo padrona.
Ho fatto miracoli.
Poi ho studiato i segreti della vita.
Più miracolosa ancora.
Ho incontrato gente diversa
ma con caratteristiche comuni.
Ho parlato loro di filosofia
e quando questa non bastava
sono salito nello spazio profondo
per spiegare la vita ancora prima della vita.
Ho perso forma, peso, e gravità.
Mi sono dissolto in un gas scomposto.
Mentre la forza del calore divampava.
Perché urlavo contro il tempo,
questo maleficio, questo diavolo,
che mi ha legato in questo luogo.
Sono andato oltre la sua dimensione
e qualche delatore mi ha denunciato,
mentre pregavo la verità,
una verità senza tempo.
Poi sono scomparso nel nulla
di un punto e forma contratta alla materia.
Mentre gridavo all’orrore.
Sono morto tante volte,
e poi rinato nella gioia di una natura
che non mi disconosce.
Me è vero!
Con l’orrore negli occhi, nella voce, nel pensiero…..
(Giuliano Lazzari, Il Viaggio, Ed. Uniservice)
(in) http://giulianolazzari.myblog.it/archive/2010/03/30/l-orrore.html
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DOCUMENTO: 2/4/61. Trascrizione letterale di una conversazio-
ne telefonica: ‘SU RICHIESTA DEL DIRETTORE’/ ‘RISERVATA AL
DIRETTORE’.
In linea: direttore J. E. Hoover, ministro della Giustizia Robert F.
Kennedy.
RFK: Parla Bob Kennedy, …signor Hoover. Speravo di poterla
disturbare per qualche minuto.
JEH: Certamente.
RFK: Ci sono questioni di protocollo che vorrei discutere.
JEH: Sì.
RFK: Comunicazioni, tanto per iniziare. Le avevo fatto perve-
nire una direttiva in cui richiedevo copie carbone di tutti i
rapporti presentati dalle vostre squadre contro il crimine
organizzato. Era datata 17 febbraio. Siamo al 2 aprile, e non
ho ancora visto un singolo rapporto.
JEH: Sono direttive che richiedono tempo per essere svolte.
RFK: Sei settimane mi sembrano più che sufficienti.
JEH: Lei lo ritiene un ritardo ingiustificato, io no.
RFK: Le spiacerebbe accelerare l’adempimento della mia
direttiva?
JEH: Lo farò. E lei sarebbe così gentile di rinfrescarmi la
memoria sulle ragioni della sua iniziativa?
RFK: Voglio valutare ogni singola prova contro la mafia che
il Bureau riesce a raccogliere e trasmetterla, ove necessaria,
ai gran giurì locali, che spero di mettere al lavoro.
JEH: Potrebbe rivelarsi una mossa imprudente. Una fuga di
informazioni che soltanto le nostre squadre potrebbero esser-
si procurate potrebbe compromettere gli informatori e le posta-
zioni di sorveglianza elettronica.
RFK: Le informazioni saranno trattate con la massima riserva-
tezza.
JEH: E’ una funzione che non dovrebbe essere affidata a perso-
nale esterno all’Fbi.
RFK: Mi trovo in completo disaccordo. Signor Hoover, lei sarà
costretto a condividere le sue informazioni. La semplice attività
di sorveglianza non metterà mai in ginocchio il crimine organiz-
zato.
JEH: Il nostro mandato non prevede la distribuzione del mate-
riale per accelerare il lavoro del gran giurì.
RFK: Noi siamo al corrente degli enormi danni ….vuol dire che
dovremo rivederlo.
JEH: Lo considero un gesto precipitoso e avventato.
RFK: Lo consideri come vuole, e lo consideri fatto. Consideri che
il mandato del programma contro il crimine organizzato passerà
sotto la mia diretta giurisdizione.
JEH: Lasci che le rammenti un semplice fatto: la mafia non si può
sconfiggere.
RFK: E lei lasci che le rammenti che per anni ha negato che la
mafia esistesse. Di fatto la mafia ci sta danneggiando. E lasci
che le rammenti che l’Fbi non è che un singolo ingranaggio
della macchina globale del Dipartimento di Giustizia. Lasci
che le rammenti che ci sono in ballo i suoi interessi…quanto
i miei interessi di Ministro della Giustizia. Lasci che le ram-
menti che il presidente e io consideriamo il 99% delle orga-
nizzazioni di sinistra che l’Fbi tiene sotto costante sorveglian-
za innocue se non moribonde, e ridicolmente inoffensive se
paragonate al crimine organizzato. Lasci che le rammenti
che la mafia ci e vi sta danneggiando….
JEH: Posso dichiarare ufficialmente che considero queste
sue invettive sbagliate e sciocche dal punto di vista della
prospettiva storica?
RFK: Faccia pure.
JEH: C’è qualcos’altro di simile o di meno offensivo che ave-
va intenzione di dirmi?
RFK: Sì. Volevo informarla che intendo la centralizzazione
delle attività di sorveglianza elettronica. Voglio che il Dipar-
timento di Giustizia venga informato di ogni singola iniziati-
va di sorveglianza intrapresa dalle forze dell’ordine munici-
pali. E se queste sono legittime…lei capisce cosa intendo….
dire…
JEH: Molti considererebbero la sua iniziativa come un’assur-
da ingerenza e un flagrante abuso dei diritti dei Singoli Stati.
RFK: Ciò che lei esercita in taluni luoghi è….un abominio!!
Il concetto di diritto del singolo Stato e del singolo cittadino
si è trasformato in una cortina di fumo per nascondere di
tutto, dalle pratiche di segragazione alle obsolete leggi
contro l’aborto, …alla tortura. Non siamo al medioevo signor
Hoover lo rammenti. Io per questo intendo perseguirla!
Lei signor Hoover con il falso pretesto della sorveglianza
sta abusando delle più elementari leggi e torturando ignari
ed onosti cittadini…e facendo un grosso favore alla malavi-
ta organizzata. Sono stato chiaro signor Hoover…?
JEH: Non sono daccordo.
RFK: Ne prendo atto. E vorrei che lei prendesse atto del fatto
che da oggi avrà il dovere di informarmi di ogni singola ope-
razione di sorveglianza elettronica intrapresa dal Bureau.
JEH: Sì.
RFK: Ne ha preso atto?
JEH: Sì.
(J. Ellroy, American Tabloid)
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