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Così saliamo immersi in un paesaggio di morte temporanea…
Intorno a noi la valle si fa scoscesa, e il granito frantumato,
a tratti opalescente o color corallo, ne cosparge il fondo in
blocchi che si scuriscono.
Il fiume mormora al nostro fianco, e un nuovo massiccio ri-
empe l’orizzonte di balaustre di roccia e canaloni innevati.
Alla sua ombra, i pellegrini si muovono come formiche ver-
so la montagna della loro salvazione.
Sono in maggioranza poveri, e la consapevolezza della mor-
te di rado è lontana. Il paesaggio tra un’incarnazione e l’alt-
ra – il viaggio che stanno rappresentando ora – è un’idea an-
tica nella loro religione.
I primi e gli ultimi insegnamenti dello stesso Buddha si sof-
fermano sulla transitorietà, e nei riti funebri tibetani è cen-
trale il ruolo del ‘Libro tibetano dei morti’, l’unico testo lo-
cale conosciuto al di fuori del Tibet.
Io lo lessi in gioventù, e anche dopo che l’ho ripreso in ma-
no con sguardo disincantato, ha lambito il mio viaggio co-
me la luce di una stella morente.
La ‘Grande liberazione attraverso l’udire’ descrive il più
stupefacente dei viaggi, quello nel regno della morte e del-
la resurrezione. Le sue parole vengono declamate a voce
alta nell’orecchio del defunto per consolarlo e un’incarna-
zione di livello più elevato.
Recitato idealmente da un lama devoto, il testo fornisce
allo spirito smarrito le istruzioni del vivente illuminato.
Esso possiede una forza inquietante, ipnotica.
La realtà di ciò che il libro immagina – i Buddha e le divi-
nità incontrate dal morto durante il viaggio – ha in sé l’-
autorevole certezza di una voce così insistente e rigoro-
samente esatta che le sue prescrizioni acquistano la for-
za di una verità dimostrata.
Nello stesso Tibet, dove il testo costituisce un rito fune-
bre pratico, la Grande liberazione è cara soprattutto alle
antiche sette ‘nyingma’ e ‘kagyu’, nonché ai ‘bon’.
Essa si basa sulla credenza che per 49 giorni dopo che il
respiro ha abbandonato il corpo, i morti non sono del tut-
to morti, e che le istruzioni fornite direttamente al cada-
vere possono essere ancora udite e messe in pratica.
Per tre giorni, i morti percepiscono una luce bianca pura
che li riempe di timore e smarrimento. Ma nell’orecchio,
al di fuori del mondo mortale, risuona la voce della Libe-
razione:
O figlio di nobile famiglia, ascolta, Adesso a te apparirà
la luce della pura essenzialità…..
Dopo la morte, uno yogin progredito riconosce questa
luce come quella del vuoto assoluto – talora descritta co-
me chiarore lunare trasparente – ed entra nel nirvana.
Poi forse udrà il suono di strumenti sacri, e appariranno
arcobaleni. Ma per la maggior parte degli altri, quando
la luce si affievolisce, si manifesta una serie di Buddha
benigni risplendenti che permangono per sette giorni.
Ognuno è accompagnato dalla luce fioca e sensuale del
mondo in cui un tempo viveva, e le parole salmodiate al
morto esortato lo spirito a non tirarsi indietro e a ricono-
scere la perfetta illuminazione fondendosi con essa.
Ogni volta che lo spirito scivola nell’illusione mondana,
compare un nuovo Buddha, e la voce guida della Libe-
razione ripete affettuosamente:
O figlio di nobile famiglia! E’ arrivata quella che si
chiama morte; che è la dipartita da questo mondo e
non capita soltanto a te, ma viene a tutti….
(prosegue in: attraverso l’udire)