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dove esiste un cadavere più bello?
Da:
Io porto i reggicalze.
Nel senso che li vendo, non li indosso.
Ridono tutti quando faccio questa battuta.
Nella vita una battuta è spesso il modo migliore per rompere il
ghiaccio….
Anni di crisi quelli…
Certo, voi direte che c’è una bella differenza tra un uomo vivo e uno
morto, ma quelle sono sottigliezze da giovanotti, che possono sfuggire
a un uomo che ha combattuto in guerra.
La distinzione tra vita e morte diviene sempre più sottile, secondo me.
Vedete un ragazzo a faccia in giù nel fango con solo mezzo braccio e,
sì, magari è vivo, ma tra un ora o due sarà morto e allora che senso ha
fare tanto i precisi?
Lo so, sembra un discorso cinico, ma ci si abitua a tutto.
Io lo so.
Ero un eroe di guerra, io.
Mi sono guadagnato una medaglia e una cicatrice, qui sulla testa.
Ve l’ho fatta vedere?
Ho dovuto appoggiarlo a terra e sporgermi per aprire la portiera
del passeggero che, siccome ho paura dei ladri, di solito tengo chiu-
sa.
L’ho afferrato nuovamente e gli ho adagiato il viso sul sedile, ma
aveva un’aria molto strana, con una gamba piegata sotto il corpo.
Ho tolto il campionario dal suo posto, sotto il sedile del conducente.
C’era dentro il catalogo, voi mi capite.
Non volevo che Monica facesse una brutta fine.
Poi ho preso la tanica di benzina dal bagagliaio e ho cominciato a
spargerla dentro la macchina, versandone la maggior parte sul tizio.
Mentre finivo mi sono chiesto che fine avesse fatto il martello, poi il
tizio ha fatto un rumore. Sembrava che sussurrasse qualcosa, ma era
una lingua che non avevo mai sentito.
Mi ha fatto venire la pelle d’oca, credetemi.
Ho chiuso tutte le portiere dell’auto dopo aver lasciato una scia di
carburante lunga qualche metro per terra, e mi è venuto in mente
di dare un’occhiata sotto il cofano per allentare il condotto del car-
burante e togliere la parte superiore del carburatore.
Conosco bene le automobili, sapete, anche questo fa parte del mio
lavoro.
Giusto un tocco di furbizia per far credere che avessimo avuto un
incidente.
Mi sono guardato intorno ma non sono riuscito a trovare il martello,
così sono tornato dove avevo lasciato la tanica, alla fine della scia di
benzina, e ho acceso un fiammifero. Le fiamme hanno percorso l’erba
come formiche in fila indiana, poi c’è stato un rumore simile a un sin-
ghiozzo, e il fuoco ha avvolto l’automobile.
La mia piccola Morris Minor.
Più o meno in quel momento lui si è svegliato, ha cominciato a gri-
dare e ha aperto la portiera, ma a quel punto, l’ho già detto, era
spacciato.
Sapete cos’è il peggio?
Aveva una gamba fuori dall’auto e non so dirvi quanto io sia rima-
sto lì a guardarla bruciare. Si è staccata ed è rimasta lì sull’erba,
questa gamba in fiamme.
Ammetto di non aver mai visto niente di simile.
In confidenza, la cosa che tutti hanno trovato più astuta in questa
storia non mi è venuta in mente finché il fattaccio non si è consumato.
A sentire i giornali, l’ho fatto la notte di Guy Fawkes per essere certo
che l’incendio non attirasse l’attenzione, e ammetto che è un ragiona-
mento molto furbo.
Mi è venuta in un lampo, dal nulla.
A volte va così, immagino.
Solo dopo mi sono reso conto che era il 5 novembre e ho pensato:
– Be’ tutto ciò è molto appropriato.
Dopo essermene stato lì abbastanza a lungo da avere gli occhi irrita-
ti dal fumo, mi sono reso conto che era meglio che me ne andassi.
Ho attraversato i campi fino a riguadagnare Hardingstone Lane, e
la sfortuna ha voluto che incappassi subito in quei due individui, che
mi davano l’idea di essere entrambi ubriachi dopo i festeggiamenti
in qualche taverna del posto.
Credo che i giornali abbiano detto che si chiamava il Salon de Danse.
Avvicinandomi ho capito che avevano visto l’automobile in fiamme,
e quando ho capito che ne stavano parlando ho deciso di bluffare e ho
detto:
– A quanto pare qualcuno ha fatto un bel falò!
O qualcosa di simile, visto che mi era venuto in mente che era la sera
di Guy Fawkes.
Questi mi hanno guardato senza dire nulla, così mi sono affrettato
lungo la strada.
Era una notte fredda e limpida.
C’era la luna che illuminava la croce della regina sulla London
Road.
Ogni cosa aveva un odore spaventoso, pieno di fumo e polvere da
sparo, come nella guerra.
La mia cicatrice prudeva, così me ne stetti un po’ a grattarla.
Scommetto che sembravo matto.
Avevo una valigia di biancheria in una mano e una scatola di fiam-
miferi England’s Glory nell’altra.
Ero qualcun altro, con una nuova vita davanti, ed ero spaventato
a morte, ma mi sentivo benissimo.
Non vedo l’ora di andarmene da qui.
Voglio festeggiare.
Voglio riempire il mondo di bambini, canzoni e bellissime giarret-
tiere. Comprerò un cappello alla mia Lily e andrò a letto con ragaz-
ze scialbe per non farle torto. Sotto sotto io non sono cattivo, e cre-
do che la giuria lo sappia.
Oh, certo, a volte sono un guascone, affilato come un coltello e sen-
za peli sulla lingua, ma sono un personaggio, un uomo con un cuo-
re romantico che a volte lo mette nei guai.
Li guardo dal banco (degli imputati) e capisco di aver già mezzo
vinto la mia scommessa, con loro, dal modo in cui mi guardano.
E’ un istinto.
Si riesce sempre a capire, davvero, quando esitano.
…Se la sono….
(A. Moore, La voce del fuoco)