Theodore Sorensen,
consigliere speciale
nonché biografo di
John Kennedy,
successivamente di
suo fratello Robert,
del quale curò la
sfortuna campagna
elettorale.
Il 9 Novembre 1960
venne eletto JFK
alla Casa
Un ricordo sincero
di questi tre uomini,
‘ritratti di coraggio’
indelebile alla nostra
memoria storica
dell’intera civiltà.
Mutilata e privata
per sempre dei loro
sani principi e ideali.
Un ricordo sincero
al loro impegno ed al
loro coraggio, di cui
i nostri modesti e
truffaldini politici
nostrani ne sono del tutto sprovvisti.)
Prosegue in:
l’eterno ritorno della storia: Obama gli stessi problemi di ….Kennedy…&
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Per J.F.K.:
GLI INIZI
Il 9 novembre 1960, poco dopo mezzogiorno, John Fitzgerald
Kennedy divenne presidente designato degli Stati Uniti.
La stampa trovò che come appellativo era troppo lungo e alti-
sonante, e lui propose che continuassero a chiamarlo senatore,
‘che è un buon titolo’.
Fece una passeggiata sulla spiaggia, con Caroline a cavalluccio
sulle spalle, ascoltò la ‘concession’ di Nixon alla televisione, fat-
ta a mezzogiorno, rispose ai telegrammi di congratulazioni di
Nixon e Eisenhower e si cambiò per tenere un breve discorso di
ringraziamento alla televisione nazionale e alla stampa raccol-
ta nell’arsenale di Hyannis Port.
Era esultante, e nello stesso tempo profondamente commosso.
Ma soprattutto era stanco, enormemente stanco. Sentiva il biso-
gno di dormire, di starsene solo, tranquillo, al sole, con la figlia,
la moglie e il bambino che stava per nascere. Ma mentre l’auto
lo riportava al cottage calcolò che aveva dinanzi a sé solo 72
giorni.
Settantadue giorni soltanto lo separavano dall’Inauguration Day.
E in questi 72 giorni doveva formare l’amministrazione e lo staff
della Casa Bianca, riempire circa 75 posti-chiave del Gabinetto
della politica, scegliere i canditati ad altre 600 cariche importan-
ti, decidere quali titolari doveva mantenere ai loro posti, distri-
buire favori ai suoi fedeli e fissare la linea politica personale per
il futuro….
Doveva inoltre provvedere con Eisenhower a un ordinato passag-
gio dei poteri, con Nixon, a ripristinare l’unità nazionale, con i lea-
ders democratici a rimaneggiare il Comitato, e con i suoi assistenti
ad affrontare tutti i problemi amministrativi della fase di transizio-
ne, compresi i problemi finanziari, degli trasporti e degli alloggi, i
rapporti con la stampa e l’esame delle migliaia e migliaia di lettere
che arrivavano da capi di stato, gente che cercava lavoro, vecchi
amici e tanti tanti altri…..
Doveva inoltre seguire l’organizzazione delle cerimonie dell’inse-
diamento, accertandosi che niente e nessuno di importante fosse
trascurato, assicurarsi che al Senato gli succedesse l’uomo giusto,
vendere o trasferire le sue partecipazioni finanziarie per evitare
conflitti di interessi, e preparare il messaggio inaugurale…..
E infine, in quei 72 giorni, doveva preparare l’organizzazione del
Congresso, preparare un programma legislativo da tradurre pron-
tamente in messaggi e proposte di legge, e formulare un concreto
programma politico per tutti i problemi, interni ed esterni, che
presto, come presidente, avrebbe dovuto affrontare.
Erano tanti e di tale natura, questi problemi, da soverchiare le fa-
coltà intellettuali di ogni altro uomo. Il mondo del dopoguerra era
stato tutto un fervore di mutamenti.
Eppure ogni progresso della nazione era stato ostacolato da un’-
apparente indifferenza, quando non era opposizione, a ogni ne-
cessario mutamento.
Una ‘guerra fredda’ paralizzatrice, che pareva destinata a non
finire mai, aveva accresciuto l’influenza degli estremisti dalle
soluzioni brusche e semplicistiche.
Nell’ottobre del 1957 l’Unione Sovietica aveva lanciato contem-
poraneamente il primo satellite spaziale e una nuova offensiva
di guerra fredda che faceva leva sui dissensi che dividevano l’-
Occidente di fronte al ricatto nucleare e sul nazionalismo anti-
occidentale dei paesi sottosviluppati.
Nei successivi tre anni, la libertà di Berlino occidentale era stata
minacciata da un ultimatum sovietico, appoggiato dalle spacco-
nate a proposito dei missili di media portata puntati sull’Europa
occidentale.
L’esistenza stessa del Vietnam del Sud era messa a repentaglio
dalla guerriglia e dal terrorismo, organizzati e appoggiati dal
governo comunista di Hanoi. L’indipendenza del Laos era stata
compromessa dai ribelli filocomunisti. I sovietici avevano inve-
stito miliardi di dollari in una politica di aiuti militari ed econo-
mici alle nazioni in via di sviluppo, fornendo armi all’Indonesia,
sovvenzionando la costruzione della diga di Assuan in Egitto e
le acciaierie indiane, e armando i rivoluzionari algerini.
(…….) Ma in casa nostra le gatte da pelare erano anche più nume-
rose. Per la terza volta in sette anni, un nuovo periodo di recessio-
ne aveva provocato la più alta disoccupazione degli ultimi vent’-
anni e oltre….
Il più grave deficit mai verificatosi in tempo di pace nella nostra
bilancia dei pagamenti aveva votato le riserve d’oro, riducendole
a un livello mai registrato da più di vent’anni. I disinganni, sem-
pre più numerosi, della popolazione di colore, i crescenti costi del-
la sovvenzione alle grosse aziende agricole, l’aumento incessante
del numero di aule sovraffollate e di cittadini anziani privi d’assi-
stenza – tutte queste cose e altre ancora non erano, e Kennedy lo
sapeva, semplicemente argomenti per la campagna democratica
ma problemi concreti che egli avrebbe dovuto affrontare.
E sapeva anche che la soluzione politica non era così facile come
avevano mostrato di credere gli oratori dell’uno e dell’altro parti-
to durante la campagna…
Prosegue in