Nei buoni tempi si era badato appena, e con ragione, a liti e contrasti
che avvenivano nella Campagna, poiché di consimili se ne producono
ovunque sono pastori e pascoli.
A ogni primavera si rinnovavano i litigi circa l’appartenenza del bestiame
non ancora marchiato, e quando cominciava la siccità si ripetevano le risse
presso i pozzi e presso le sorgenti.
Inoltre i grossi tori, che avevano anelli alle narici e la cui immagine turbava
ansiosamente i sogni delle donne alla Marina, penetravano in mandrie
straniere cacciandoli sin presso alle Scogliere di Marmo, a cui piedi si
vedevano sbiancare corna e scheletri.
Il popolo dei pastori era insomma selvaggio ancora e non ammansito.
La tradizione del mestiere passava di padre in figlio sin dall’inizio, e
quando essi sedevano cencìosi in cerchio attorno al loro fuoco, con in
pugno le armi primitive che la Natura (…..) stessa offre, appariva evidente
quanto si distinguessero dal popolo che su declivi collinosi coltiva la vigna.
Essi vivevano come nei tempi quando non si conosceva ancora l’aratro né
il telaio e neppure la casa, e bastava un ricovero provvisorio sulla via percorsa
dai greggi.
Al modo di vivere corrispondevano anche i loro costumi e un rozzo sentimento
del giusto e dell’equo, formatosi interamente secondo la legge del taglione.
Quindi ogni omicidio ed ogni violazione era principio di una lunga catena di
vendette e vi erano guerriglie di fazioni o famiglie, per cui di anno in anno
veniva versato nuovo sangue, benché l’origine prima del contrasto fosse da
gran tempo scordata (anzi non la si conosceva neppure).
I giuristi della Marina usavano indicare come ‘ casi della Campagna’ l’insulsa
e grossolana delinquenza quindi proposta al loro giudizio, né invitavano i
pastori a comparire al Foro, ma inviarono invece commissari in quelle regioni.
In altri dipartimenti la giustizia era amministrata dai fattori dei magnati e dei
feudatari, che avevano dimora in grandi, castelli; e vi erano anche famiglie di
pastori liberi, assai ricche di beni, come i Batak e i Belovar.
(E. Junger, Sulle scogliere di marmo, Guanda)