Il suo spaventoso
progetto di
annientamento,
in base al quale i
libri vengono distrutti,
il padrone di casa
assassinato, la figlia
dosonorata, coglie nella
sua emblematicità il
contesto in cui vanno
collocati i roghi dei libri:
estinzione della memoria,
estinzione dello specifico,
dichiarazione di guerra
dell’individuo, ricaduta
dalla continuità storica
dotata di senso nel nulla, nel caos,
insomma trasformazione dello spazio storico in natura bruta.
Benché possa sembrare strano che io usi queste parole pregnanti e molto gravi anche
per la civiltà che si suole citare con grande reverenza, il fatto è che nessuna dittatura
tollera l’individualità, ciò che di idiosincratico vi è nel soggetto critico. Chi si è impadronito
del potere assoluto vuole annientare tutto ciò che interpreta la storia in termini religiosi o
razionale, in breve ciò che rappresnta l’ancoraggio storico di passato, presente e futuro.
Reazione stalinista o reazionaria rivoluzione culturale cinese, è lo stesso.
Shih Huang-ti condannò a morte, spesso facndoli seppellire vivi, o bollò col marchio
d’infamia e mandò a lavorare alla costruzione della grande muraglia, tutti coloro che
nascondevano libri proibiti. Chi osasse dibattere in privato i libri proibiti veniva addirittura
condannato a morte. Lo stesso avveniva nella fase assolutistica dell’impero romano,
quando non soltanto possedere, ma addirittura leggere libri condannati era considerato
un delitto: tanto profonda era la violazione della sfera privata!
Lo stesso accadde durante l’Inquisizione.
Uno storico ha scritto: la scrupolosità con cui vien fatta pulizia supera ogni immaginazione.
Qualche esempio: per quattro mesi un censore passa otto ore al giorno nella biblioteca
privata di un facoltoso spagnolo per rimuovere tutte le opere vietate.
Chi stampa senza permesso è mandato a morte.
Un professore universitario che trae citazioni da libri proibiti è condannato a quattro anni
di prigione e ad astenersi dall’insegnamento per il resto della sua vita.
In base all’articolo 58, sezione X del codice penale dell’URSS chi ‘vende, produce o conserva
letteratura di questo genere’ commette il ‘delitto di CONTRORIVOLUZIONE INDIVIDUALE’
ed è punito con la privazione della libertà per un periodo di tempo illimitato.
Durante il regime staliniano furono dati alle fiamme milioni di libri di scrittori ridotti a
‘non persone’ – spesso in tutti i sensi immaginabili del termine – individui estinti come tali.
Nelle diverse fasi e metamorfosi sono sempre l’individualismo, la cura dell’individuo, la
sua ansia di opporsi e difendere il privato che occorre eliminare. Ciò è vero per l’individualismo
del confucianesimo, per quello della cultura classica, per l’individualismo del Rinascimento
e naturalmente per gli aspetti individualistici della società contemporanea, che nel regime
totalitario e autoritario, vanno tolti di mezzo.
(Leo Lowenthal, I roghi dei libri)
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