I CORVI

Nel giugno di tre anni fa sentii all’alba battere sui vetri delle

finestre e io supposi fosse un amico di passaggio a salutarmi

così, ma alla terza volta scesi dal letto e fui sorpreso nel vedere

una giovane cornacchia non ancora completa nelle penne della

prima muta che era lì sul davanzale come ad aspettare qualcosa.

Capii che cosa quando con insistenza tenne aperto il becco dopo

un tenue craa.

Inzuppai allora, un po’ di pane nel latte e aperta la finestra incominciai

ad imbeccarla; quando fu ben sazia emise un altro cra e sbattè le

ali, e si allontanò, infine, verso il bosco un poco svolazzando un

poco camminando.

Per altre mattine ritornò puntuale e al pane alternai briciole di

biscotto, pezzetti di carne, fettine di mela.

(M. Rigoni Stern, Uomini, boschi e api, Einaudi)

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IL RISVEGLIO 5

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Il resto era breve vacanza, o inganno dei sensi: la famiglia, la natura

in fiore, la casa.

Ora questo sogno interno, il sogno di pace, è finito, e nel sogno 

esterno, che prosegue gelido, odo risuonare una voce, ben nota;

una sola parola, non imperiosa, anzi breve e sommessa.

E’ il comando dell’alba in Auschwitz, una parola straniera, temuta

e attesa : alzarsi, ‘ Wstawac’.

Da  http://storiadiuneretico.myblog.it

( Primo Levi, La tregua, Einaudi )

    

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IL RISVEGLIO 4

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Sono a tavola con la famiglia, o con amici, o al lavoro, o in una

compagna verde: in un ambiente insomma placido e disteso,

apparentemente privo di tensione e di pena, eppure provo

un’angoscia sottile e profonda, la sensazione definita di una

minaccia che incombe.

E infatti, al procedere del sogno, a poco a poco o brutalmente,

ogni volta in modo diverso, tutto cade e si disfa intorno a me,

lo scenario, le pareti, le persone, e l’angoscia si fa più intensa e

più precisa.

Tutto è ora volto in caos : sono solo al centro di un nulla grigio

e torbido, ed ecco, io so cosa questo significa, ed anche so di

averlo sempre saputo : sono di nuovo in Lager, e nulla era vero

all’infuori del Lager.

Da  http://storiadiuneretico.myblog.it

( Primo Levi, La tregua, Einaudi )

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IL FORESTIERO ILLUSTRE

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Capitò una volta su questa terra se ne venisse un visitatore

proveniente da un pianeta vicino ; e che nel punto in cui discese

venisse mandato a riceverlo un grande filosofo, che doveva 

mostrargli ogni cosa.

Prima di tutto si trovarono ad attraversare un bosco e il forestiero

considerò gli alberi.

– Chi abbiamo qui? disse.

– Questi sono soltanto dei vegetali, disse il filosofo.

– Sono vivi, ma per niente interessanti.

– Questo non posso saperlo, disse il forestiero.

– Mi pare che abbiamo un ottimo contegno. Non parlano mai?

– Sono privi di tale dono, disse il filosofo.

– Eppure li odo cantare, disse l’altro.

– Quello è soltanto il vento tra le foglie, disse il filosofo.

– Vi spiegherò la teoria dei venti; è molto interessante.

– Be’, disse il forestiero, mi piacerebbe sapere cosa pensano.

– Essi non possono pensare, disse il filosofo.

– Questo non posso saperlo, rispose il forestiero ; e poi, posando

la mano su un tronco: – Mi piace questa gente, disse.

– Essi non sono per nulla della gente, disse il filosofo.

– Proseguiamo.

Giunsero poi in un prato dov’erano delle vacche.

– Questa gente è parecchio sporca, disse il forestiero.

– Non sono per nulla gente, disse il filosofo e spiegò cos’è una 

vacca in termini scientifici, che ho dimenticato.

– Per me pari sono, vacche o maiali, disse il forestiero.

– Ma perché non guardano mai in su?

– Perché sono graminivore, disse il filosofo; e vivono unicamente

di erba, il cui potere nutritivo è scarso, e il procurarsela richiede

un’attenzione esclusiva, tanto che esse non hanno il tempo di 

pensare o parlare o guardare il paesaggio o tenersi pulite.

– Be’, disse il forestiero, è un modo di vivere, senza dubbio.

Ma preferisco quella gente con la testa verde.

Poi giunsero in una città e le strade erano piene di uomini e

di donne.

– Questa è gente molto strana, disse il forestiero.

– E ‘ la gente della più grande nazione d’Italia, disse il filosofo.

– SUL SERIO? ….disse il forestiero,

– ALL’APPARENZA NON SEMBREREBBE.

(R. L. Stevenson, favole e racconti)

   

 

  

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IL GIORNO DELL’INCORONAZIONE

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Stavo seduto su una panchina lungo il Tamigi, guardando i

riflessi di luce sull’acqua.

Era quasi mezzanotte e davanti a me sciamavano allegri uomini e

donne delle classi alte, che tornavano a casa evitando le strade più

pericolose.

Nella panchina vicino alla mia sedevano due pezzenti, un uomo e 

una donna, che ciondolavano la testa e sonnecchiavano.

La donna sedeva con le braccia incrociate strette sul petto e il corpo

in costante movimento : ora si piegava in avanti finché sembrava che 

perdesse l’equilibrio e cadesse a terra, ora si inclinava verso sinistra 

finché la sua testa non incontrava la spalla dell’uomo, e ora verso 

destra, finché la tensione non la svegliava e lei si rimetteva dritta.

Poi ricominciava a piegarsi in avanti, e il ciclo si ripeteva finchè la

donna non si svegliava di nuovo.

Spesso ragazzini e giovani si fermavano per andare dietro la panchina

e lanciare urla spaventose e improvvise.

L’uomo e la donna allora si svegliavano di soprassalto, e le loro 

espressioni sofferenti e spaventate facevano ridere i passanti.

Questo era ciò che colpiva, la mancanza di compassione che tutti

dimostravano. 

E’ un’immagine stereotipata quella del barbone su una panchina, 

del poveraccio di cui ci si può burlare perché è innocuo.

Mentro ero lì saranno passate cinquantamila persone davanti a 

quella panchina, e nessuna, in quel giorno di festa, si è sentita 

abbastanza toccata da dire : “Eccoti sei pence, vai a cercarti un letto”.

Le donne, soprattutto quelle giovani, facevano osservazioni spiritose

sulla barbona che ciondolava la testa, e i loro compagni ridevano.

(J. London, Il popolo degli abissi, Robin ed.)

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CONSIDERAZIONI ERETICHE SU UN TERREMOTO prima parte

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Parrà cosa strana, caro …..Attilio che questo Dio ignoto si esprime

in tal forma, in tal maniera, e se appunto avessimo capito nell’essenza

del tempo, che anche l’intero Universo si esprime in medesimo concetto,

avremmo certamente imparato molto di più di quanto pensiamo o

palesiamo capire dall’alto dei nostri pulpiti.

Se almeno quando plasmiamo la materia, la nostra morta materia,

provassimo, non dico a comprendere, ma almeno decifrare

il linguaggio della natura,sicuramente faremmo più attenzione per

tutto ciò che ci ha forgiato e creato.

Nel gioco degli equilibri fra il divenire e l’immutabile, potremmo

misurare le differenze fra il vostro ed il nostro ….Dio ignoto.

Ed il linguaggio di come dall’antimateria senza tempo dell’Universo,

del nostro piccolo mondo, parla ed esprime l’opera in siffatto teatro

che ora contempli, a volte ammirato, a volte avvilito e disorientato.

Prima ne cantiamo la bellezza, poi confusi contempliamo la grande 

superiorità.

Che più di comprendere, abbiamo cercato solo di dominare.

( Giuliano Lazzari, Dialoghi con Pietro Autier, Andmybook )

      

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IL CITTADINO E IL VIAGGIATORE

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– Guardatevi intorno, – disse il cittadino.

– Questo è il più grande mercato del mondo.

– Oh, no di certo, disse il viaggiatore.

– Be’, forse non il più grande, – disse il cittadino, – ma di gran

lunga il migliore.

– Siete certamente in torto su questo punto, – disse il

viaggiatore.

– Posso dirvi…..

Seppellirono il forestiero al crepuscolo.

( R.L.Stevenson, Racconti,)

 

 

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VINCENT A THEO

 

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Arles, martedì 22 gennaio 1889

 Tu vedi giusto: la partenza di Gauguin è terribile perchè ci pianta in

asso proprio quando noi abbiamo creato e arredato la casa per dare

alloggio agli amici nei momenti brutti.

Teniamoci comunque i mobili e il resto.

Sebbene oggi abbiano tutti paura di me, col tempo le cose potrebbero

cambiare.

Siamo tutti mortali e soggetti a tutte le malattie possibili : che cosa

possiamo farci se queste ultime non sono proprio di tipo gradevole ?

La miglior cosa è cercare di guarire.

Provo anch’io rimorso pensando al dolore che dal canto mio ha dato per

quanto involontariamente, a Gauguin . Ma prima, negli ultimi giorni, 

vedevo una cosa soltanto : che lavorava col cuore diviso fra il desiderio 

di andare a Parigi per l’esecuzione dei suoi piani, e la vita ad Arles.

Che cosa gli verrà da tutto questo ?

Ti renderai conto che, per quanto tu abbia buoni stipendi, ci manca 

comunque il capitale, foss’anche in merce, e che per far cambiare la 

triste condizione degli artisti che conosciamo bisognerebbe essere 

molto più solidi. 

Ma è proprio allora che ci si scontra con la loro diffidenza e col fatto che 

essi complottano continuamente l’uno contro l’altro, cosa che ha sempre

come risultato…..il vuoto.

(  Paul Gauguin Vincent e Theo van Gogh, lettere 1887-1890, Rosellina

 Archinto )

      

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A VITTORE E ALBERTO

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23  dicembre  1888

Carissimi

Vi scrivo a tutte due perché quello che debbo dire a lo stesso

scopo. Ho ricevuto i sigari oggi e li provai subito e li trovai

uno più eccellente dell’altro, questo è un regalo che mi fu

molto gradito. Nei profumi vaporosi ghirigori del fumo

pensero con gratitudine a voi.

Mi duole che siate in aspettativa de miei quadri, era difatti

mia intenzione di mandarne 2 uno studio e un saggio.

Ma non avendo mai ricevuto lettera che parlassero di arte

credei che fa fusse in ribasso, perciò credei prudente tenerla

qui anche perché non ciè nessuna esposizione in vista.

Adesso invece di 2 vene potrò farvene arrivare 4 purché

abbiate la pazienza di attendere verso fine mese.

( Segantini )

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PANE E CASTAGNE (3)

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….Abbiamo scoperto essere il nostro patto con il ‘Diavolo’, così

come voi chiamate ogni verità nuova.

E lei è rimasta immutata nel nome, ma non negli eventi che

‘non vista’ cela alla vostra comprensione. Con molti di quei personaggi,

abbiamo bevuto parlato, discusso…e studiato il segreto e vero dire.

Tutto ciò che hai intrappolato entro le pieghe del Tempo, per

rimodellare a tuo piacimento la verità.

Essa corre ovunque, quando una persona è in pace con se stessa e

soprattutto con il prossimo.

Invece, Eraclio, quando purtroppo una persona in nome di tante, e tante

in nome di una sol persona, hanno confuso la verità,

dovranno sempre accompagnarsi al dire dei loro gesti, anche

la medesima violenza nei modi.

Dovranno sempre accompagnarsi nelle ragioni della

storia, alla violenza che si sposa con i loro inganni e misfatti.

Noi ci siamo allontanati da tutto ciò, e non abbiamo pregato una

 dissimile verità, ma abbiamo compreso il motivo del nascere di

questa nuova preghiera.

Abbiamo scrutato il motivo, non lo abbiamo accettato come realtà

monolitica.

Poi siamo convenuti a delle possibili ragioni di verità.

Eraclio, non solo le ragioni della luce che combattono le tenebre,

ma quella luce interiore che ha bisogno nell’oscurità dove spesso

relegata, di esprimere una verità. 

La luce è dentro di noi, la manifestazione di essa al di fuori del buio

dove stiamo celebrando la storia, è la certezza di percepire la reale 

dimensione delle cose illuminate all’opposto dire del vostro falso 

sapere.

Una realtà opposta e simmetrica a questo mondo, dimostra

l’infondatezza delle tue scelte e opinioni.

Un mondo analogo e parallelo, dimostra che l’immateriale da cui 

proveniamo è imperscrutabile ed impercettibile. 

Della stessa materia immutata del nostro spirito, della nostra anima.

Ma essa non è quantificabile, percettibile, misurabile e sicuramente 

neppure inquisibile, così ora come voi tutti assieme, convenuti contro

il mio umile dire.

Io, Eraclio, non posso darti risposta certa quanto da te domandato.

Agli occhi della luce che emana la tua verità, la mia potrà apparire

solo una bestemmia.

Ma la luce illumina solo un piccolo frammento, lasciando in ombra

la radice.

( Giuliano Lazzari, Dialoghi con Pietro Autier, Andmybook )

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