PANE E CASTAGNE 2

Da http://storiadiuneretico.myblog.it

      http://pietroautier.myblog.it

      http://lazzari.myblog.it  &

      paginedistoria.myblog.it

 

Quel mondo spesso per noi era il vero Inferno e dimenticarlo e raccontarlo e

poi spiegarlo in quella specie di Paradiso diveniva la nostra segreta cerimonia.

Del quale comprendevamo i limiti per sempre imposti dal potere cui fratello

Eraclio ci scrutava ed apprendeva.

Ma non tutti avevano le chiavi della comprensione, questa era sempre comandata

da fratello – Eraclio -.

Custode della terra, del lavoro, e troppo spesso di tutti i nostri pensieri.

Ragione per cui, quando ora domandava a proposito del dire, del parlare

…io ricordo i profondi ragionamenti che prima di quel frammento avevano

scaturito un probabile pensare.

La disquisizione non poteva essere riportata dai miei Inquisitori, perché immagino,

chi aveva avuto l’onore di tradirmi in questo o in altri posti, non aveva il

dono né della dialettica, né l’intelligenza del sapere.

Così come sempre avviene in questo mondo, il nemico fu probabilmente il più

umile che sedeva alla nostra tavola.

Che spezzando lo stesso pane con due padroni differenti, ha palesato i veri nemici

della conoscenza, convinti come sempre nella grammatica della vita di preservarla.

Quando non si comprende la diversità dell’espressione, si tende ad assoggettare alla

forma precostituita del comune interpretare, la realtà delle cose.

Così è, e per sempre sarà.

Questo è l’uomo.

Ma noi avevamo smesso di essere uomini, e lentamente ci avvicinavamo al mondo

senza tempo dei tanti o troppi Dèi, cui rivolgevamo una preghiera nuova, di

comprensione nell’umana interpretazione che la storia e fratello Eraclio ci

propinavano.

Il nemico comune della conoscenza allo stesso porto di fratello -Eraclio – ed il mio

di umil perfetto…fu l’ignoranza.

Di colui che fermo nello sforzo della comprensione, indica l’ignoranza dei propositi

altrui.

Il nemico con il quale divisi il mio pensare e dire, con il quale bevvi il vino dell’antica

comprensione, con il quale celebrai non più il rito, ma il nettare degli Dèi.

( Giuliano Lazzari, Dialoghi con Pietro Autier)

8896096448g.jpg

WINDOWS (the last perfect-vision)

 

Precedente capitolo:

vagabondo.html

Prosegue in:

explorer.html

 

windows

 

 

E’ la notte dei fuochi d’artificio a Plush, pensò Mary guardando la

piazza buia.

E’ il falò che si accenderà quando arriva Tom.

Attraverso i vetri della macchina ferma guardava il podio vuoto

della sua famiglia e gli affittuari tutti stipati dentro il vecchio

padiglione di cricket. 

windows

Quei passi felpati erano passi dei guardacaccia che si riunivano

di fronte a suo fratello Sam tornato per l’ultima licenza. Faceva

finta di sentire la voce del fratello, un po’ troppo da piazza d’

armi per il suo gusto, ancora stridente per la tensione dell’Irlanda.

– Tom?

Chiama.

– Dov’è il buon vecchio Tom?

Nessuno risponde. 

windows

Tom si è ficcato sotto il giaccone di montone di Mary, la testa schiacciata

contro la coscia di lei, e nulla tranne forse il Natale potrebbe convincerlo

a uscire.

– Tom, dove sei, sei tu il più giovane,

grida Sam.

– Ma dov’è?

– Tra un anno sarai troppo grande, lo sai Tom?

Poi il rifiuto brutale. 

windows

– Ma che vada all’inferno. Lo faremo fare a un altro.

Tom si vergogna, i Pym fanno brutta figura. Come al solito a Sam

fa rabbia che Tom non provi gusto a far saltare in aria l’universo. 

E’ un bambino più coraggioso che avvicina il fiammifero, e il

mondo prende fuoco. I razzi militari di suo fratello s’avventano

in salve perfette. Tutti guardano il cielo notturno si sentono piccoli. 

windows

Jack Brotherhood le sedeva accanto e le teneva il polso come il

dottore quando partorì il suo piccolo vigliacco.

Per rassicurarla.

Per darle forza.

Per dirle,

– Ci pensio io. 

windows

La macchina era ferma in una strada laterale e dietro di essa era

parcheggiato il furgone della polizia e dietro il furgone della

polizia c’erano altre macchine ferme, circa 600 tra autopattuglie

e radiomobili e ambulanze e camion di munizioni, tutte piene

…di amici di Sam che parlavano in silenzio l’uno con l’altro senza

muovere gli occhi. 

windows

La macchina era ferma davanti a un negozio con l’insegna che 

recava la scritta ‘Sugar Novelties’ e una vetrina illuminata al

neon e uno gnomo di plastica che spingeva una carriola piena

di caramelle polverose, mentre più avanti c’era una specie di 

penitenziario in granito con la targa ‘Biblioteca pubblica’ applicata

alla porta funerea.

Sull’altro lato della strada c’era un’orribile chiesa battista che s’

incaricava di dirvi che nemmeno Dio era divertente. E oltre la

chiesa c’era la piazza di Dio con il suo podio e le Sue araucarie,

e tra il quarto e il quinto albero contando da sinistra, come Mary 

aveva contato venti volte, al primo piano, c’è….. 

windows

una finestra con le tende tirate illuminata da una luce arancione,

che mi dicono i miei sottoposti è la finestra della stanza dove si

trova suo marito, signora, per quanto dalle indagini svolte risulta

che il suddetto sia noto con il nome Canterbury e sia molto benvisto

dalla comunità. 

windows

– E’ sempre stato ben-visto,

scattò Mary!

Ma il sovrintendente stava parlando con Brothertood.

Era affacciato all’altro finestrino e riferiva a Brotherhood, cui aveva

deputato la tutela di lei. E Mary sapeva che il sovrintendente aveva

l’ordine di parlare con lei il meno possibile, la qual cosa non gli

riusciva facile. E che Brotherhood si era attribuito il compito di

rispondere al posto di lei, che al sovriintendente andava benissimo

a patto che potesse cavarsela senza farsi mangiare le orecchie. 

windows

– E’ davvero sicura che non vuole andare nella canonica della chiesa

Signora?

Chiese il sovrintendente per la centesima volta.

– Fa molto più caldo e poi c’è parecchia altra gente molto distinta.  

Ci sono anche gli americani.

– E’ solo che potrebbe andare avanti per tutta la notte, capisce, signora.

E magari anche tutto domani.

– Se il nostro amico là decide di tener duro, be’, com’è probabile.

….Pym aveva fatto la cioccolata calda e aveva messo lo scialle nuovo

sulle spalle della signorina Dubber anche se lei diceva di non avere

freddo. 

Pym aveva sminuzzato il pezzetto di pollo che aveva comprato al

supermeracto appositamente per Toby, e se lei l’avesse lasciato fare

avrebbe anche pulito la gabbia del canarino; perché il canarino e i

pappagallini erano il suo orgoglio segreto dalla notte in cui l’

aveva trovato morto dopo che la signorina Dubber era già andata

a letto, ed era riuscita all’insaputa di lei a sostituirlo con uno vivo

preso nel negozio del signor Loring.

Ma la signorina Dubber non aveva voluto che si affaccendasse oltre.

Volle invece che sedesse accanto a lei dove poteva tenerlo d’occhio

ed ascoltarlo mentre leggeva l’ultima pagina del suo quotidiano

preferito. 

windows

(Provai a chiedere i documenti, ma l’uomo del giorno prima della reception

era scomparso, vi era ora una bella signorina, affaccendata come sempre,

stava distribuendo ordini agli immancabili …collaboratori domestici…per

tutto il ‘campo’. Avevo dimenticato lo zucchero, ed avevo voglia di dolci,

ma non avevo prenotato i cornetti, …ma lei già sapeva della mancanza.

Fra il tratto che separava la tenda e lo spaccio, deve averlo intuito..oppure,

non so… Avevo chiesto a degli amici la tenda a fianco la mia, alla 

fine una gentile signora si offrì di darmi qualche zolletta di zucchero.

Volevo farmi qualcosa di caldo…in attesa del sole….) 

(John Le Carré, La spia perfetta) 

 

 

windows

 

VAI A LAVORARE..VAGABONDO!

Precedente capitolo:

banche-banchieri.html  &

index.html

Prosegue in:

windows.html

 

vagabondo

 

 

Francis O’Neil sovrintendente generale della polizia di Chicago

parlando della figura del ‘vagabondo’ si esprime in questi termini:

‘Nonostante le più rigide norme di polizia, durante l’inverno una

grande città si troverà ad avere un certo numero di vagabondi senza

dimora a cui dover dare rifugio’.

‘Nonostante’, notate bene la parola: è la dichiarazione di un’incapacità

organizzata di fronte a un disorganizzato stato di cose.

Se le leggi di polizia rigorose e tuttavia non raggiungono lo scopo

prefissatosi, allora la causa di questo fallimento – cioè l’esistenza

del vagabondo – deve avere ragioni ancor più profonde per prevalere.

Stando così le cose, sarebbe davvero interessante indagare su queste

motivazioni, per cercare di scoprire perché il vagabondo senza

fissa dimora e senza un nome si fa gioco del braccio violento della

legge e perché chi è debole e senza valore risulta più forte di chi

forte lo è davvero. 

vagabondo

O’Neil ha una grande esperienza sulla questione vagabondi.

Lo si potrebbe definire uno specialista nel settore.

Come dice lui stesso: ‘In qualità di vecchio sergente e poi capitano

di polizia, ho avuto una miriade di possibilità di studiare dettagliatamente

questa classe di popolazione fluttuante che si rifugia in città d’inverno

e si disperde in campagna in primavera’.

Continua in questi termini: ‘Questa esperienza mi ha permesso di

constatare molte volte, che questa classe è composta in grande

maggioranza da coloro che hanno scelto in maniera deliberata di

vivere senza lavorare’. 

vagabondo

Ma non si può semplicemente concludere che c’è una classe corposa

della società che ha deciso di vivere senza lavorare, poiché la

testimonianza di O’Neil dimostra inoltre che questa classe è

obbligata a vivere senza lavorare. 

Egli dichiara: ‘Sono rimasto sorpreso dal gran numero di coloro

che sono stati impegnati, senza fare fortuna, in lavori che praticamente

li costringono a diventare disoccupati per almeno un terzo dell’anno.

Ed è da questa classe che provengono i vagabondi per la maggior

parte.

Mi ricordo di un inverno in cui mi era sembrato che un gran numero

di abitanti di Chicago appartenesse a questo esercito di sfortunati.

A quel tempo prestavo servizio in un distretto di polizia vicino

a dove si trovavano lastroni di ghiaccio in attesa di essere sezionati. 

La compagnia del ghiaccio mise annunci per trovare persone che

lo facessero e la sera stessa della pubblicazione di questi annunci sui

giornali, il distretto fu invaso da uomini senza fissa dimora che

chiedevano di passare la notte lì ed essere pronti per il lavoro del

mattino seguente.

Fu occupato tutto il pavimento disponibile e molti di loro non

riuscirono neppure a trovare posto’. 

vagabondo

E ancora: ‘Bisogna confessare che l’uomo che desidera fare un lavoro

onesto per procurarsi cibo e un tetto rappresenta una specie rara

fra questa armata di straccioni irsuti e sporchi che cercano tepore

della città all’arrivo della prima neve’.

Considerando la massa degli onesti lavoratori che occuparono le

stanze del distretto di polizia di O’Neil prima di recarsi a spaccare

il ghiaccio, è ovvio che se al posto di una piccola minoranza, tutti i

vagabondi cercassero un lavoro stabile, sarebbe davvero più difficile

per gli onesti lavoratori trovare qualcosa di decente da fare per

garantirsi vitto e alloggio.

Sono sicuro che se fosse stata chiesta l’opinione dei lavoratori onesti

che affollavano le stanze di O’Neil, molti di loro avrebbero preferito

essere in minor numero quando al mattino avrebbero chiesto un lavoro

al reclutatore della compagnia del ghiaccio. 

vagabondo

O’Neil conclude dicendo: ‘Il trattamento umano e generoso che questa

città ha sempre garantito al grande esercito di sfortunati senza

tetto, l’ha resa vittima della sua stessa benevolenza e ha contribuito a

rendere Chicago la Mecca Invernale di una immensa e indesiderabile

popolazione mobile’.

Questo per dire che a causa della sua benevola accoglienza, Chicago

ha più della sua giusta parte di vagabondi; poiché è stata umana e

generosa ora paga lo scotto della sua bontà.

Dobbiamo concludere che non serve a nulla essere umani e generosi

verso i nostri simili quando essi sono vagabondi.

O’Neil ha ragione, e l’intenzione di questo articolo, tra l’altro, mira

a dimostrare che questo non è affatto un sofisma. 

vagabondo

 (Io rimango fermo al bancone, l’uomo ha le mani occupate, è molto…troppo

indaffarato, anche se non c’è nessuno intorno, chiede i documenti, il campo

di accoglienza è vuoto, un piccolo spaccio-magazzino. E’ nervoso, guarda

il cane con insistenza, poi dopo un po’ torna alla reception. Debbo sbrigarmi

ho una telefonata urgente. E ci sono ancora tanti lavori da fare….la neve quest’

anno è stata un tormento…e la pioggia non smette da giorni…Mi scusi vado

di fretta! I suoi documenti li trattengo io…)

(J. London, Guerra di classe)

 

 

vagabondo

 

 

VISIONI (in mezzo ai ghiacci)

Precedente capitolo:

un-caso-di-pazzia.html

Prosegue in:

vene-del-sud.html

 

visioni

 

 

Così è accaduto!

Il potere mi è precipitato addosso.

Sulla terrazza aperta alle correnti del mare, mi affaccio, è la stessa

terrazza di Macellum, il suo osservatorio che mi spalanca gli spazi

siderei.

Tutto inesorabilmente ritorna.

Ho conosciuto ostacoli, ingombri, corpi opachi si sono frapposti, apparenze.

Tutto è scivolato via.

Sotto di me una distesa di piccole luci ondeggia sulle due rive,

Costantinopoli, lucerne nella notte, il grande globo di fuoco che rotola

dall’inizio del tempo s’è frantumato in miriadi di scintille.

Il palazzo sotto di me è una grande ruota, non temo congiure, questa

è una notte affabile, preparata da un grande travaglio. 

visioni

Mi scorrono nella memoria immagini.

E’ stato un giorno di riconciliazione, un uccello roco pigola nel buio.

Com’è capriccioso il destino.

Ho un dito indolenzito, un cavallo del corteo, scartando, mi è venuto

addosso, lo sperone del cavaliere mi ha schivato.

Un seppellimento grandioso, quello dell’Augusto Costanzo (in dux di

una Roma antica).

Il corpo riportato da Mopsucrene su un carro era stato imbalsamato.

Una mummia nera stesa su una lettiga dalle aste d’oro, la gualdrappa

del manto di porpora, fanciulli coronati di fiori cantavano, soldati in

armi a passo lento, presbiteri agitavano turiboli gravidi d’incenso,

Roma quanto sei vigliacca e ridicola, piangi il lutto in rosso, ma

indossi un abito nero!

Poi il pianto di flauti.

E’ caduta Babilonia?

No, viene innalzata la Gerusalemme Celeste. 

visioni

Il gran ciambellano proclama con voce stentorea la sua divinizzazione.

Le spoglie sono qui, fra noi, la sua anima è nelle braccia del Dio Immenso.

Il corteo si ferma.

Abbassati, Giuliano, nuovo Augusto, la falce ha la punta sbeccata, 

abbassati, posa la mano sulla terra e ascoltane il battito, fai atto di 

venerazione.

Mi inginocchio, davanti a tutti.

Dentro di me ho un vuoto, la mia pietà l’hanno seccata anni di timore.

Mi sottometto.

Non a lui (un dux senza fiato e memoria) ma alla grande

morte che tutti ci contiene. Eppure è dolce questo mostrare innocenza,

la possibilità che mi sono guadagnato scavando con le unghie il rancore. 

Mi rialzo, scuoto la polvere dalle ginocchia.

Seguo il corteo fino a che il corpo viene murato nel mausoleo fatto

costruire da Costantino, aperto ai venti del mare, ombreggiato dalle

ali dei cherubini, freddo come il ferro.

Gli Dei mi hanno fatto arrivare a questa notte.

Il disegno di restaurare il loro culto è la mia vena segreta.

Gli Alemanni premono di nuovo alle frontiere del nord, i Persiani a

quelle del sud, vicari del corruccio dell’Altissimo. Eppure una nuova

storia viene, ma non può essercene una senza accoglimento, trasformazione

di quanto l’ha preceduta.

Sono il corifeo scelto per annunziare che le molte eredità della Grecia,

di Roma, non scompariranno nel nulla.

Ma Roma è solo una vecchia statua morta.

Una vecchia storia morta.

La linea dell’orizzonte è carica di stelle, sono un viandante sul ciglio,

c’è una quantità di passi da compiere, di decisioni da prendre…in questo

deserto di ghiaccio.

Qualcuno vedo lontano, mi guardano, mi osservano, fanno dei cenni….

(L. Desiato, Giuliano l’Apostata)

 

 

visioni

 

 

  

UN CASO DI PAZZIA

Precedente capitolo:

       previsioni.html

Prosegue in:

      visioni.html

Da: pietroautier.myblog.it

 

un caso di pazzia

 

 

….Dal giorno in cui Danco morì la nostra esistenza si fece più cupa.

Sembrava che la morte, questa morte che ci aveva da così poco tempo

visitati, avesse lasciato ovunque traccia del suo malaugurato passaggio,

gettando a bordo come la sementa di una pianta perniciosa.

In un certo qual modo diminuì la nostra vitalità; ci sentimmo tutti

pervarsi da un tenue languore; ed in ciascuno di noi il medico ebbe

anche a constatare la decolorazione delle mucose e l’acceleramento

del polso divenuto irregolare e irrequieto. 

un caso di pazzia

Accadeva che pur dopo il minimo sforzo fisico, o dopo una semplice

escursione, di una mezz’ora appena, il polso giungeva ad avere 130

e anche 140 pulsazioni e non pochi di noi cominciarono a soffrir di

vertigini.

Qualsiasi lavoro intellettuale, per poco che lo si fosse prolungato,

diveniva impossibile il seguitarlo, ed il nostro sonno era interrotto

da lunghe veglie morbose quando non veniva agitato dal tormentoso

incubo. 

un caso di pazzia

Così, ci mancavano nell’un tempo le due sole cose che avrebbero

potuto darci conforto e cioè la distrazione e il riposo.

Ben presto il nostro colorito prese una tinta giallo-verdastra; i nostri

organi di secrezione funzionavano male ed inquietanti sintomi di

affezioni cardiache e cerebrali cominciarono a manifestarsi…

Uno dei marinai, difatti, fu assalito da convulsioni isteriche sì forti,

che ebbe a mancargli – per qualche giorno – l’udito e la parola, e fu

soltanto il ritorno del sole che lo salvò da una quasi certa pazzia. 

un caso di pazzia

Per un altro degli uomini, un novegiano, le conseguenze di un

inverno antartico, dovevano essere ancorar più gravi.

Questo marinaio, intelligentissimo, dato il suo vivo interesse ai

lavori del laboratorio scientifico, vi era assai sovente addetto

quale aiutante per lo scuoiamento e la imbalsamazione sommaria

di alcuni animali. Un bel giorno, senza ragione, dichiarò che lo si

adibiva ad un lavoro indegno di lui, rifiutandosi così, ostinatamente,

da quel momento di continuarlo.

un caso di pazzia

Ci ritornarono alla memoria, allora, alcuni altri piccoli incidenti che

ci avevano, per il passato, sorpresi e, al dottore non fu cosa difficile

il dimostrare che il povero giovane era stato colpito dalla mania di

grandezza.

Questa sua follia che rimase sempre mite assunse, nondimeno,

a’nostri occhi un carattere di maggiore inquietudine allorquando

dichiarò che i suoi compagni attentavano alla sua esistenza che non

sentivasi più al sicuro presso di loro. 

un caso di pazzia

Perseguitato da questa idea fissa disertò la sua branda e addormentavasi

in un angolo remoto del falso ponte. Da quel giorno il povero marinaio

divenne oggetto di una ininterrotta sorveglianza, poiché temevano il

verificarsi di qualche personale accidente o che la sua pazzia divenisse,

ad un tratto, furiosa.

Serie inquietudini, infine, ci diede anche il povereo Van Rysselberghe,

colpito da attacchi cardiaci; e, benché non abbia mai avuto occasione di

tenere il letto, pure, il suo stato richiese le più grandi precauzioni.

Ogni giorno prendeva, a schiena nuda, un bagno di calore presso la

stufa della piccola sala.

Riguardo agli ufficiali, non uno poté sottrarsi alla malattia.

Arctowski e Racovitza soffrivano orribilmente di mal di stomaco; 

Leiconte fu in pericolo vari giorni ed io stesso ebbi a soffrire ben

seriamente. Ci fu un momento in cui il dottore si credette in dovere

di dirmi che egli aveva osservato nel mio stato alcuni sintomi che in

generale non ingannano e per i quali mi riteneva colpito dallo scorbuto.

Da tutto ciò, vedesi, come l’ufficio di medico, a bordo, non fosse 

certo una sinecura…

Il Cook, che aveva acquistate grandi esperienze in una spedizione

artica condotta dal luogotenente Peary, trovò in mezzo a noi numerose

occasioni di dar prova di una abnegazione che non ebbe a smentirsi

giammai.

Ma le cause dell’infelice stato della nostra salute non erano soltanto 

la oscurità prolungata, l’isolamento, il freddo e, più ancora del freddo, 

la continua umidità; ma erano anche prodotte dall’uso costante ed 

esclusivo, abuso quasi, al quale ervamo obbligati, delle conserve 

alimentari; quantunque esse fossero eccellenti, quest’uso, anzi dirò

quest’abuso, avevano determinato in ciascuno di noi una vera e propria

atonia intestinale estremamente dannosa.

(De Gerlache, Il viaggio della ‘Belgica’ al Polo Sud)

 

 

un caso di pazzia

 

LA FAVOLA DELLA REPUBBLICA

 

In rima (solo per bambini e bambine intelligenti)…accompagnati

dalle loro mamme e papà….(nella illusione della loro democrazia…), 

dedicata (loro) con affetto….ed infinita pena (storica)….

(in memoria di tutti gli eretici)

 

la-favola-della-repubblica.html  &

conclusioni-del-divulgatore.html  &

paginedistoria.myblog.it

 

 

 

la favola della repubblica (raccontata in rima per bambini intel