dalla vita urbana
si è venuto
costituendo contro
le forze indisciplinate
che lo hanno preceduto
e la cui minaccia
persiste oltre le mura:
ora, allontanandosi da
una città corrotta, che
non offre più protezione
di un ordine
soddisfacente, il ‘saggio’
cerca rifugio non negli
spazi aperti della natura, ma nella cerchia
modesta di una casa di campagna solidamente costruita, dove troverà libri, vino, amici.
In questo luogo, che è preferibile alla città e che i signori della città gli concedono per
ristorarlo dalle ansie della vita cittadina, egli può abbandonarsi al piacere di lodare
poeticamente la semplicità dei primordi, il mondo com’era prima che fossero costruite
le città. E può vivere senza misurare il suo tempo, senza subordinarlo a un ‘orario’
fissato dagli ‘altri’.
Se, da questo punto di vista, si crede in grado di paragonare la sua vita a quella dell’uomo
delle età primitive, da lui si differenzia poiché ha preso coscienza del suo diritto di
esercitare un controllo sull’organizzazione temporale della propria vita: conosce, ormai,
il carattere nefasto delle ‘occupazioni’ cittadine, sa apprezzare i benefici del nuovo ozio
che lo libera da esse. Può spiegare quale sia l’impaccio del tempo per chi si sottomette
alle regole del dovere urbano e può dire che felice uso faccia egli ormai, per parte sua,
dei suoi giorni, di cui ha ripreso il pieno possesso.
Leggere, dormire….Ma anche comporre satire, epistole o lettere in prosa.
La scrittura contraddistingue, all’occorrenza, la riapproprazione cosciente del tempo.
Il tempo riconquistato porta con sé il momento supplementare in cui l’individuo si
dedica all’enunciazione della propria felicità, a fare il bilancio delle giornate di cui
è ormai lui solo a disporre.
Ora, dire come si trascorre il proprio tempo significa dirsi, costruirsi un’identità,
fissare l’io nella singolarità dei suoi atti e dei suoi fatti.
Micheal Foucault ha recentemente sottolineato la funzione avuta dalla lettera e dalla
descrizione delle prorie giornate nella nascita della ‘scrittura del sé’. L’inizio della
lettera 83 di Seneca a Lucillo è, al riguardo, rivelatore:
” Tu vuoi ch’io ti renda conto di come impiego tutte le mie giornate, tutte le mie ore.
Devi avere una buona opinione di me, se credi che in esse non vi sia nulla che io
abbia interesse a nascondere. L’uomo dovrebbe agire sempre come se vi fossero dei
testimoni della sua condotta, pensare come se altri potesse vedere il fondo del suo
cuore: e questo è davvero possibile.
A che serve, infatti, sottrarsi agli occhi degli uomini? Niente è nascosto a quelli di Dio.
Egli è presente nelle nostre anime, interviene nei nostri pensieri. Dico ‘interviene’ poiché,
talvolta, se ne ritrae. Vengo dunque alla tua domanda: ti svelerò volentieri l’ordine e i
perticolari della mia condotta; mi accingo cioè, senza perder tempo, a esaminare me stesso.
E il modo più utile di farlo sarà, ogni sera, passare in rassegna la mia giornata.
Oggi la mia giornata è stata completa; NON SONO STATO PRIVATO DI NULLA:
E’ STATA INTERAMENTE DIVISA FRA IL SONNO E LA LETTURA….”.
(Jean Starobinski, L’ordine del giorno)
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