IL CONTE DI MEZZANOTTE (il ciclo)

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DIARIO DI JONATHAN HARKER

Mezzanotte:

Ho avuto una lunga conversazione

con il Conte.

Gli ho posto alcune domande sulla

storia della…Transilvania, e l’argomento

lo ha interessato moltissimo.

Parlando di cose e persone, ma soprattutto                                           87898767.jpg

(sempre e solo di morti..in) di battaglie, lo 

faceva come se ne fosse stato sempre 

testimone oculare (è ovunque..).

Me l’ha spiegato dicendomi che, per un 

boyar, l’orgoglio della CASATA e del nome

è il suo stesso orgoglio, che la loro

gloria è la sua gloria, il loro fato il suo fato.

Parlando della sua casata, diceva sempre ‘noi’,

quasi col plurale majestatis, come un sovrano.

Mi piacerebbe riuscire a trascrivere esattamente

tutto ciò che ha detto (e fatto): per me è stato estremamente affascinante.

Mi sembra che ci sia dentro l’intera storia del paese.

Parlando, il Conte si è eccitato, e ha preso a passeggiare su e giù per la 

stanza, tirandosi i lunghi baffi bianchi e dando di piglio a quanto gli capitava

sottomano, quasi a volerlo stritolare con quella sua forza terribile.

E una cosa, ha detto, che desidero                                                   876478354.jpg

mettere su carta con la maggior

fedeltà possibile, poiché

riassume, in certo qual modo 

la storia della stirpe:

” Noi Szekely abbiamo il 

diritto di essere orgogliosi,

perché nelle nostre vene scorre 

il sangue di molte razze valorose

che hanno combattuto come leoni

per la signoria. 

Qui, nel calderone delle razze europee, le tribù ugre hanno portato

dall’Islanda lo spirito combattivo conferito loro da Thor e da Odino,

e di cui i loro guerrieri (ora nostra guerrieri) furibondi han dato prova,

con tanta selvaggia furia, sulle rive dei mari, non solo d’Europa, ma 

anche d’Asia e d’Africa, al punto da far credere alle genti che fossero 

calati i lupi mannari stessi.                                                             uyhgnbvgfd.jpg

E qui, quando giunsero, trovarono

gli Unni, il cui guerresco furore

aveva spazzato la terra come 

vivida fiamma, tanto che i popoli

agonizzanti pensarono che nelle 

vene di quelli scorresse il sangue

di quelle antiche streghe che,

scacciate dalla Scizia, si erano

accoppiate con i demoni del 

deserto.

Imbecilli, imbecilli!                                                                                         uijhmngfvc.jpg

Quale dèmone, quale strega può

essere grande come Attila, il cui

sangue scorre in queste mie vene?

E nel pronunciarlo ha levato alte

le braccia.

“E’ forse da stupirsi che fossimo una

razza di conquistatori, che ne fossimo

fieri, che allorché i Magiari, i Longobardi,

gli Avari, i Bulgari o i Turchi si riversavano

a migliaia sulle nostre frontiere, noi li respingessimo?

E’ forse strano che quando Arpad e le sue legioni invasero la patria magiara

trovasse noi qui, a guardia del confine, e che qui si sia compiuto l’Honfoglalas?

E quando la marea ungara dilagò verso est, gli Szekely vennero proclamati 

consanguinei dai Magiari vittoriosi, e a noi per secoli fu affidata la guardia alla

frontiera con la terra dei Turchi, ma che dico: LA GUARDIA IN ETERNO perché,

come affermano i Turchi stessi, ‘l’acqua dorme ma il nemico veglia’ “.

(Bram Stoker, Dracula)

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IL CICLO

LIBRO DI BORDO DEL DEMETER:

Scritto 18 luglio.                                                              uyhdghfj.jpg

Il 6 luglio abbiamo finito di caricare,

sabbia argentifera e casse di terra.

Salpati a mezzoggiorno.

Vento da est, sostenuto.

Equipaggio: cinque marinai, nostromo, 

secondo, cuoco e il capitano. 

La piattaforma vomita oro…

(B. Stoker, Dracula)

Sembra che tra il 1618 e il 1622 la popolazione dei coloni sia

raddoppiata, di pari passo con l’ostilità degli Indiani.

Alla fine questi ultimi, impauriti, si ribellarono in un ultimo disperato tentativo per

cacciare o eliminare del tutto gli invasori.

Fu allora che John Smith e Samuel Purches impressero al significato del termine ‘selvaggio’

una svolta radicale che doveva consolidarne l’attuale connotazione negativa.

La guerra in Virginia spinse Smith a espandere oltremodo gli epiteti già solitamente poco

complimentosi. Laddove in precedenza egli si era soffermato sulla loro presunta perfidia

e su altre qualità non meno negative con termini che avrebbe ugualmente potuto usare

parlando dei Turchi o degli Spagnoli, ora Smith fece proprie le immagini ferine già latenti

in ‘savage’, attribuendole esplicitamente a ‘persone selvagge’. In tutto il racconto che Smith

fa del massacro indiano, il termine ‘selvaggio’ è costantemente in primo piano.

Il merito tutto particolare di Purchas risiede nell’aver inventato la caratterizzazione dei

selvaggi e del mondo in cui vivevano qualificandoli rispettivamente come non-persone

e non-territorio, negando cioè ogni individualità personale a tutti coloro che erano ‘selvaggi’.

Dimenticando le affermazioni precedenti alla rivolta in cui si era vantato della pacificazione

tra Inglesi e selvaggi, Purchas giustificò i massacri indiani pepetrati dai Virginiani per 

vendetta. Sostenne che i cristiani Inglesi avevano TUTTO IL DIRITTO di impadronirsi

delle terre indiane poiché era volontà di Dio che la terra venisse coltivata e non che 

venisse abbandonata come ‘quella selvaggia regione disabitata, atraverso la quale essi

(i selvaggi) vagano senza risiedervi’. 

Questo graduale processo di concreta trasformazione della metafora in presunta realtà

dei fatti ebbe un’ulteriore evoluzione nella NUOVA INGHILTERRA, dove la logica

esibita da Purchas venne perfezionata concretamente sino a diventare FINZIONE 

GIURIDICA, un’astrazione accettata dai tribunali come se FOSSE REALE – virtualmente

e funzionalmente simile a quella che permette oggi di consolidare la GENERAL MOTORS

o la STANDARD OIL come persone giuridiche.

Questo ulteriore passo è il contributo di un giurista PURITANO, il governatore John 

Winthrop sr della Baia del Massachusetts. Winthrop non era interessato a fantasiosi

giochi di parole sulla verginità delle terre indiane, bensì a far leva sul concetto che ne

era alla base, vale a dire che quella terra non era mai stata sfruttata. 

Rispondendo alle obiezioni di chi aveva coscienziosamente condannato la confisca delle

proprietà indiane, Winthrop affermò nel 1629 che gran parte del territorio americano 

rientrava nella categoria giuridica del ‘vacum domicilium’, poiché gli indiani non 

l’avevano ‘sottomesso’ e quindi potevano vantare solo un diritto ‘naturale’ e non 

‘civile’. Tale diritto naturale poteva non essere rispettato, a differenza del diritto

civile, l’unico capace di imporre i vincoli della proprietà legittima a tutti gli effetti.

Dal punto di vista morale i PURITANI concittadini di Winthrop erano costretti a 

lasciare agli Indiani il possesso delle superfici già coltivate, in quanto tali piccoli 

appezzamenti dovevano essere classificati come ‘territorio sottomesso all’uomo’

secondo i presupposti culturali stabiliti dagli inglesi, ma i territori di caccia dovevano

essere ritenuti ‘terra incolta’ soggetta a conquista, indipendentemente dal loro

status nell’ordinamento consuetudinario indigeno. Implicito in questa dottrina era

il concetto che a nessun governo indiano potesse essere riconosciuta una sovranità

territoriale, e che quindi non potesse esistere alcuna legittimazione nel possesso di

beni immobili da parte degli Indiani. 

L’assoggettamento di terre incolte non era un fatto nuovo per gli Inglesi.

I SIGNORI FEUDALI avevano recintato le terre sin dallo Statuto di Merton del 1235 –

talvolta si trattava di ‘terre incolte’, talvolta di terreni comunitari o agricoli – senza

alcuna considerazione per gli interessi o i diritti consuetudinari dei contadini locali.

I Puritani del Massachusetts continuarono questa antica abitudine giustificandola con

minimi aggiustamenti. Per controbattere possibili riserve di ordine morale, su questo

come su altri punti, essi si basarono sulla loro CONDIZIONE DI ELETTI.

Volendo assicurarsi l’appoggio di un’autorità incontrovertibile, i Puritani disdegnarono 

argomenti secolari facendo invece appello alle SACRE SCRITTURE dopo naturalmente

un’accurata selezione dei testi. 

Per ragioni pratiche i Puritani avvalorarono le citazioni scritturali con l’autorità temporale

che deriva dal documento di concessione emanato dal re d’Inghilterra. Pur essendo sudditi

alquanto recalcitranti, essi conoscevano la sovranità della CORONA con l’unico scopo di 

trasferire su di sé il DIRITTO PRECEDENTEMENTE CONFERMATO, proprio come facevano

riconoscendo agli Indiani il diritto di proprietà.

Un anonimo umorista riassunse l’autorità avocata dai Puritani con un sillogismo, a quanto 

pare apocrifo, che egli attribuiva a un consiglio MUNICIPALE PURITANO: 

” VOTIAMO CHE LA TERRA E’ DEL SIGNORE IN TUTTA LA SUA PIENEZZA; VOTIAMO

CHE LA TERRA E’ CONCESSA AI SANTI; VOTIAMO CHE NOI SIAMO I SANTI”.

Forse nessuna città delle colonie è mai stata avventata da mettere per iscritto una risoluzione

come questa, ma è indubbio che tale era la LOGICA PURITANA.

Chi aveva a propria disposizione una dottrina così sfacciatamente partigiana non aveva alcuna

difficoltà A CLASSIFICARE COME TERRA DISABITATA O VERGINE UNA REGIONE IN 

CUI DIMORAVANO ABITANTI CON PIENO DIRITTO NATURALE DI POSSESSO.

Secondo il ragionamento puritano quella TERRA NON ERA MAI STATA SANCITA COME

PROPRIETA’ DI ALCUNO DA PARTE DELLE LEGGE INGLESE – O PIU’ CORRETTAMENTE,

DA PARTE DELLA LEGGE COLONIALE – PER CUI, DI FATTO, ERA CONSIDERATA 

VACANTE. 

(che il nostro Dio ci salvi dai coloni….)

(Francis Jennings, L’invasione dell’America)

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DOVE HO VISSUTO E PERCHE’

In una certa stagione della nostra vita siamo soliti considerare ogni pezzo di

terra come possibile luogo di dimora. Per questo ho esaminato ogni parte della

campagna, per una dozzina di miglia a partire dalla zona in cui vivo.

Con l’immaginazione ho acquistato, una dopo l’altra, tutte le fattorie là attorno,

perché tutte erano in vendita e di tutte conoscevo il prezzo.

Ho attraversato le terre di ogni contadino, ne ho assaggiato le mele selvatiche,

ho parlato con lui d’agricoltura, e ho comprato la sua terra al prezzo richiesto

– a qualunque prezzo – ipotecandolo nella mia mente.

Ho offerto addirittura un prezzo più alto – prendendo tutto tranne l’atto di vendita,

ché mi bastava solo la sua parola, perché io amo parlare – e ne ho coltivato la terra,

e in qualche modo anche lui stesso: non appena finito me ne sono andato, lasciandolo

continuare il lavoro che avevo iniziato.

Quest’esperienza ha spinto i miei amici a considerarmi una specie di agente immobiliare.

Potevo vivere dovunque mi fermassi, e dovunque il paesaggio mi appariva amico.

Cos’è mai una casa, se non una sede? Meglio se è di campagna.

Scoprii molti luoghi dove abitare, luoghi che difficilmente avrei potuto migliorare; qualcuno

lì avrebbe forse considerati troppo lontani dal villaggio, ma per me era il villaggio a 

essere troppo lontano.

Bene: “ci potrei vivere”, mi dicevo. E per un’ora vi ho trascorso una vita, d’estate e d’inverno;

vedevo come avrei potuto passarci gli anni, affrontare l’inverno, veder giungere la 

primavera. 

I futuri abitanti di questa regione, dovunque posino le loro case, possono star certi di

essere stati preceduti. 

Mi era sufficiente un pomeriggio per trasformare quella terra in un frutteto, un boschetto,

un pascolo, e per decidere quali belle querce e quali bei pini si dovesse lasciare in piedi,

di fronte alla porta, e da dove ciascun albero potesse essere visto nel modo migliore;

poi la lasciavo, anche incolta, ché un uomo è ricco in proporzione al numero di cose

di cui può fare a meno.

(H.D.Thoreau, Uomini non sudditi) 

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A A A

ACCADEMIA: Una scuola moderna dove si insegna il calcio.

ACCUSARE: Affermare la colpa o indegnità di un altro, il più delle

volte per giustificare noi stessi di avergli fatto un torto.

ANORMALE: Che non si adegua alla regola generale.

In tema di idee e di comportamento, essere indipendente vuol dire 

essere anormale, essere anormale vuol dire essere detestato. 

E’ per questo che il lessicografo consiglia al lettore di sforzarsi di 

assomigliare all’Uomo Medio più di quanto non gli assomigli lui

stesso. Chiunque raggiunga questa meta, conoscerà la pace, la 

prospettiva di una prossima morte, la speranza di andare….

all’inferno.

(Ambrose Bierce, Dizionario del Diavolo)

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UNA TENDA NELLA BUFERA

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Ogni pezzo di questa terra è sacro per il mio popolo.

Ogni collina, ogni valle,

ogni pianura e boschetto

sono stati consacrati

da un ricordo felice

o da una triste esperienza della mia tribù.

Persino le rocce

che sembrano giacere mute

ed essere oppresse dal sole lungo la silenziosa spiaggia,

in solenne grandezza

palpitano per i ricordi degli eventi passati

collegati al destino del mio popolo,

e la stessa polvere sotto i vostri piedi

risponde più teneramente ai nostri passi che ai vostri,

perché essa è le ceneri dei nostri antenati,

e i nostri piedi nudi sono consapevoli

di questo contatto affettuoso,

poiché il terreno è ricco della vita dei nostri simili.

I tetri guerrieri, le tenere madri, le liete fanciulle,

e i bimbi che vissero e gioirono qui,

e i cui stessi nomi sono ormai dimenticati,

amano ancora queste solitudini,

e al vespro le loro certezze più profonde

diventano vaghe per la presenza di foschi spiriti.

E quando sulla terra

l’ultimo uomo rosso sarà morto

e il suo ricordo tra gli uomini bianchi

sarà divenuto un mito,

queste rive pulluleranno dei morti invisibili della mia tribù,

e quando i figli dei vostri figli

penseranno di essere soli

nei campi, nelle botteghe, nei negozi, sulle strade

o nel silenzio dei boschi,

essi non saranno soli.

(Luther Standing, Orso In Piedi, Lakota)

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LA DONNA E IL CANE

Disse il Profeta:” C’era una donna dai costumi depravati, peccatrice,

impudica, insudiciata.

Un giorno che attraversava la campagna, scorse sul suo cammino

un pozzo al cui bordo un cane ansava per la sete, la lingua penzolante;

piena di tenerezza, lei rinunciò a quel che doveva fare.

Fatto un secchio delle scarpe, e corda del mantello,

attinse l’acqua e la diede a bere al cane.

Nei due mondi la esaltò Iddio, per questa buona azione.

La notte che compii la mia ascesa, io la vidi, bella come la luna,

che abitava il paradiso”.

Una così grande ricompensa ebbe da Dio una donna depravata,

per aver dato da bere a un cane.

Tu, se un solo istante consoli il cuore di un altro, più grande

dei due mondi sarà la tua ricompensa.

(‘Attar)

(Pietre di luce illuminano la via…)

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L’ESSENZA MERAVIGLIOSA

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Destinato come sei alla polvere fin dalla nascita, perché in

questo basso mondo erigere palazzi elevati?

Nella polvere sarai calpestato; a che pro costruire un palazzo

alto quanto il cielo?

Anche se ammassi l’oro e l’argento, non potrai senza dolore

bere un sorso d’acqua.

Compiangi il tuo stato, poiché nessuno supplirà alla tua 

negligenza!

Alla polvere è votato il tuo corpo; ma non la tua anima, se è

pura.

Gli angeli non si sono forse prosternati davanti a te?

Forse non rechi la corona del ‘vicario di Allah’?

Successore del vicario di Allah, lascia i luoghi impuri; scuoti

dal torpore la tua anima, e merita il Paradiso!

La sovranità ti attende in Egitto. Perché, come Giuseppe, restare

in fondo al pozzo? 

Se non hai imperio sulla tua anima, invece di Salomone vuol 

dire che vi regna il demonio.

Il sovrano sei tu, al principio e alla fine. Ma, ahimé, l’uomo

vede doppio.

In luogo di uno, vedi due; in luogo di due, vedi cento.

Uno due o cento, tu sei tutto.

Tu non hai, o sventurato, che un solo cuore carico di cento fardelli.

Come potrai sgravarti di tanti pesi?

Fino a quando manterrai la preoccupazione delle vesti e del

pane, e la aura della disgrazia, e l’amore della fama?

Dotato in origine di un’essenza meravigliosa, hai rattoppato

di cenci la tua veste di raso.

Se ti sforzerai in ogni istante di accadere alla Presenza, meriterai

l’abito d’onore e udrai questo apello: ” Prosternati e ravvicinati!”. 

(Farid ad-Din ‘Attar)

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IL MONDO E’ UNO SPECCHIO

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Sappi che il mondo tutt’intero è uno specchio,

e in ogni atomo si trovano cento soli fiammeggianti.

Se tu fendi il cuore di una sola goccia d’acqua,

ne scaturiscono cento puri oceani.

Se tu esamini ciascun grano di polvere,

mille Adami possono esservi scoperti….

In un seme di miglio è nascosto un universo;

tutto è raccolto nel punto del presente….

Da ogni punto di tale cerchio

sono tratte forme a migliaia.

E ciascun, nel suo ruotare in cerchio,

è ora un cerchio, ora una circonferenza che gira.

(Mahmud Shabestari)

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CIGNO

Il Cigno è certamente la più tipica                                           klnbdc.jpg

costellazione del cielo estivo.

Per la sua forma, popolarmente

è anche nota come ‘croce del

nord’. Nella mitologia questo

gruppo di stelle si ricolegga

al cigno nel quale si era trasformato

Giove per conquistare i favori di Leda.

Una diversa tradizione si rifà invece al mito di Fetonte e al suo sfortunato

viaggio con il carro infuocato del Sole.

Non sempre però queste stelle sono state associate a vicende così eccezionali

o a un uccello così elegante. Gli arabi vedevano in esse una gallina, e questa

denominazione fu usata per tutto il medioevo, finché con il Rinascimento si

affermò la versione latina del Cigno: LA PIU’ BELLA, LA PIU’ APPARISCENTE.

Alfa Cygni è Deneb, nome che richiama le origini meno nobili della costellazione

in quanto deriva dall’arabo ‘Dhanab al Dajajah’, che significa ‘la coda della gallina’.

Di magnitudine 1,26, al diciannovesimo posto per luminosità in tutto il cielo, Deneb

è una delle maggiori supergiganti conosciute, con una massa stimata tra 12 e 25 volte

quella del Sole e una luminosità 60.000 volte maggiore di quella della nostra stella.

Forse la più bella costellazione.

La distanza è intorno a 1600 anni-luce: fra le stelle brillanti è una delle più lontane che

ci sia concesso vedere. Se il Sole si trovasse al suo posto apparirebbe appena di magnitudine

13,3 e occorrerebbe un telescopio da 20 centimetri per poterlo vedere in quanto risulterebbe

oltre 800 volte più debole delle più deboli stelle osservabili ad occhio nudo.

Di magnitudine assoluta -7,1, Deneb è una stella bianco-azzurra con un diametro di

85 milioni di chilometri, quasi quanto l’orbita di Mercurio.

Eppure con un piccolo telescopio appare poco più grande di una pulce.

Gli strati superficiali sono molto rarefatti e hanno una temperatura di 9700 gradi Kelvin.

In questa rovente atmosfera avvengono grandiosi moti turbolenti, che danno luogo a

una pulsazione con periodo di 11,7 giorni e parallelamente a un lieve variazione luminosa

di 5 centesimi di magnitudine.

In effetti però la situazione è più intricata.

L’oscillazione di circa 12 giorni (nella borsa mercato di siffatto Universo) deriva dalla

sovrapposizione e composizione di una quindicina di periodi compresi tra 5 e 10 giorni,

tutti con ampiezze inferiori al decimo di magnitudine. Su grande scala avviene un po’

ciò che si osserva nel Sole, con i suoi moti oscillatori di 5 minuti, di 50 minuti e di 2 ore

e 40.

Lo spettro della luce di Deneb è stato analizzato a fondo da Paddock all’Osservatorio

di Lick tra il 1927 e il 1933 per ricavarne con estrema precisione i moti radiali corrispondenti

alle sue pulsazioni (simili e simmetrici ad altre costellazioni a lei affini….).

In base a 447 misure ottenute con il rifrattore da 91 centimetri si è trovata una prima

oscillazione con periodo di 800 giorni e con un moto di 6 chilometri al secondo, interpretabile

anche come effetto di una compagna che farebbe di Deneb UNA DOPPIA SPETTROSCOPICA.

Il valore della massa di Deneb rimane molto incerto.

L’osservatorio ‘Factus’ attesta ed accetta quello di 25 MASSE SOLARI.

Terrius nel 1976 ha proposto 12 MASSE SOLARI.

La stima più recente, fornita da Figaro de Sarko, nel 1980, conferma di 17 masse solari.

Gli Inglesi stanno valutando più dettagliatamente.

Le turbolenze osservate negli strati superficiali di Deneb sono soltanto un piccolo

segnale dell’inquietudine che serpeggia tipica delle stelle massicce, e quindi così

irruenti nel riversare fiumi di energia nello spazio.

La pressione della radiazione che affiora dalla FORNACE nucleare nascosta  nel

‘CORE’ della stella è così elevata da produrre un ‘TRAVOLGENTE VENTO STELLARE’.

Il satellite IUE per l’osservazione del cielo nell’ultravioletto, tra il 1978 e il 79 ha messo

in evidenza un ‘vento’ di particelle nucleari che soffia da Deneb a 240 chilometri al

secondo e che si trascina nello spazio da 1 a 7 centomilionesimi di massa solare

all’anno.

(P. Bianucci, Stella per stella)

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VOLPETTA

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L’estate ha notti brevi, comprese                                               klnbdc.jpg

tra un interminabile crepuscolo

e un precoce albeggiare.

Ma le poche ore di buio

totale consentono di ammirare

il meraviglioso spettacolo della

Via Lattea (il suo candore…la

sua naturale bellezza…) che si

rivelò a Galileo quando esplorò questa nube chiara con il suo cannochiale.

Un binocolo è ancora il migliore strumento per contemplare dalla lontana

terra la magnificenza della Via Lattea, con i suoi …fitti addensamenti di

stelle e i suoi deserti oscuri, dove la luce è assorbita da nubi di gas e detriti

interstellari …che viaggiano veloci….nello spazio infinito.

Una biforcazione nel chiarore diffuso della Via Lattea (che talvolta nella sua

‘naturale bellezza’ ci piega i ginocchi) parte proprio dalla più bella tra le

costellazioni estive: IL CIGNO. E in particolare dai pressi di Deneb, la sua

stella principale. Deneb, insieme con Vega nella Lira e Altair nell’Aquila,

forma nel cielo d’estate un grande inconfondibile TRIANGOLO.

Se lo si assume come punto di riferimento è facile trovare le altre principali

costellazioni della stagione, le quali con il loro chiarore eccitano lo sguardo

…del mite osservatore! 

Sul proseguimento della linea Deneb-Vega si incontra un trapezio di stelle

più deboli che costituiscono la parte centrale di Ercole. Simmetrica alla

costellazione della Lira, al di là del Cigno, si trova VOLPETTA.

Iniziamo codesta osservazione da lei….

E’ una PICCOLA COSTELLAZIONE inventata nel 1660 (tempi oscuri per la

nascente astronomia) da Hevelius astronomo di Danzica, per colmare il vuoto

….di stagione tra il Cigno e la Freccia. Comprende soltanto stelle sotto la quarta

magnitudine, poco luminose, ma questo angolo di cielo è particolarmente attraente

se visto al binocolo, perché si trova lungo la Via Lattea.

Hevelius collocò qui anche la costellazione dell’OCA, poi scomparsa….e assorbita

da VOLPETTA.

ALFA VULPECULAE si chiama ‘ANSER’ (in latino ‘oca’, appunto, perché cadeva

nell’altra costellazione ideata a collo di bottiglia…da Hevelius) ed è di magnitudine

4,63. Rossastra, di classe M, si trova a circa 280 anni-luce. E’ 80 volte più luminosa

del Sole…forse illumina altri mondi diversi dal nostro.

T Vulpecolae è una cefide bianca che in 4 giorni e mezzo oscilla tra magnitudine 5,2

e 6,4 (come un gamberetto luminoso…).

M 27 è senza dubbio la maggior attrazione della Volpetta. Con M57 della Lira, è la

più bella e tipica nebulosa planetaria. Detta popolarmente anche ‘bettacchio di campana’,

‘campana muta’ per la sua forma allungata con due (loschi ..) lobi simmetrici, fu

scoperta da Messier nel 1764 per i suoi prolungati impulsi elettromagnetici. 

In effetti il suo aspetto varia a seconda della potenza del telescopio.

Se lo strumento è abbastanza potente, acquista una simmetria ovoidale emanando flussi

di calore a getto continuo, originato dall’esplosione….di stelle che hanno esaurito il 

combustibile nucleare. 

(P. Bianucci, Stella per stella)

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