L problema
del genio è stato una preoccupazione costante di R.W. Emerson,
che è la mente d’America, come Whitman è il suo poeta e Henry
James il suo romanziere.
Per Emerson il genio era il dio che abbiamo dentro di noi,
l’essenza della ‘fiducia in se stessi’.
L’essere dell’uomo, in Emerson, non è dunque costituito
dalla storia, dalla società, dal linguaggio.
E’ originario.
Io sono completamente d’accordo.
Se il genio è il dio che abbiamo dentro di noi dobbiamo cercarlo lì, nell’abisso del
nostro essere originario, un’entità sconosciuta a quasi tutti coloro che l’hanno spiegata
ai giorni nostri, nelle università intellettualmente derelitte e nelle oscure fucine sataniche
de media.
Emerson e gli gnostici antichi sono d’accordo sul fatto che ciò che è migliore e più arcaico
in ognuno di noi non è parte della Creazione, né della natura, né di ci che è estraneo a noi.
Ognuno, presumibilmente, è in grado di individuare la sua parte migliore.
Ma come troviamo la nostra parte più arcaica?
Dove comincia il nostro essere?
La risposta freudiana è che l’ego fa un investimento su se stesso e così entra in un individuo.
La risposta degli antichi è che c’è un dio dentro di noi e che questo dio parla.
Io credo che una definizione materialista del genio sia impossibile, ragione per cui l’idea
del genio ha così poco credito in un’età come la nostra, in cui le ideologie materialiste
sono dominanti.
Il genio, di necessità, invoca il trascendente e lo straordinario perché è pienamente
consapevole della loro esistenza.
(H. Bloom, Il genio)