….Se, come propongono Kennerly e altri, amare
quello che di buono c’era nel lupo equivaleva davvero
a esprimere un amore nei propri confronti, e odiare quello
che di malvagio si trovava nel lupo significava
manifestare un odio per se stessi, allora la caccia ai lupi
mannari era semplicemente il vecchio tentativo di isolare
e annichilire la natura ignobile dell’uomo.
Il fatto che proseguì per così tanti secoli indica l’esistenza
di un duraturo odio dell’uomo nei propri confronti.
Riflessi di ciò che accade nelle Grandi Pianure americane negli anni delle guerre al lupo,
rivelano una certa quantità di tale odio, ma qui veniamo riportati inevitabilmente al Medioevo.
In un’epoca in cui nessuno sapeva alcunché di genetica, l’idea che un bimbo affetto da sindrome
di Down, ovvero con orecchie piccole, fronte spaziosa, naso piatto e denti sporgenti, fosse figlio
di una prostituta e di un lupo mannaro, era perfettamente plausibile.
Il Medioevo fu un’epoca malinconica, riflessa con accuratezza nell’immaginario surreale
e grottesco di pittori come Bosch, Brueghel, un’epoca di carestia, di guerre infinite, di
malattie epidemiche, di tumulti sociali. La civiltà non era preziosa quanto adesso per
noi. La tentazione di controbattere un mondo doloroso doveva essere forte. Esistevano
erbe da comprare, patti faustiani da stringere. Voler essere un lupo mannaro, in altre
parole, era in qualche modo comprensibile. In una storia di stregoneria nel Medioevo,
Jeffrey Russel ha scritto che alcuni contadini erano mossi da ‘un impulso prometeico
a piegare sia la natura sia altri popoli ai propri fini…per ottenere gli oggetti del loro
desiderio pecuniario o amoroso o per esigere vendetta contro chi era odiato o temuto’.
Dati un popolo depresso, una credenza nei lupi mannari e l’intimidazione del tribunale
dell’inquisizione, non sorprende che le persone fossero preda del panico e confessassero
precipitosamente di essere lupi mannari, di aver commesso crimini contro la natura.
E non era solo questione di lupi mannari; nel 1275, una donna pazza di nome Angela
de la Barthe confessò all’inquisizione di Tolosa di aver dato alla luce una creatura mezzo
uomo e mezzo serpente, e di averla mantenuta in vita nutrendola con bambini che lei
stessa rubava.
Nel 1425, a Neider-Hauenstein, vicino all’odierna Basilea, una donna fu condannata a
morte per essersi unita ai lupi, sui quali, fu sostenuto, aveva cavalcato il cielo nottetempo.
(B. Lopez, Lupi)
http://giulianolazzari.splinder.com