DISASTRO AMBIENTALE (4) (1 maggio 2010)


Da  Bp pagherà 4,5 miliardi di multa


 

disastro ambientale 4


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disastro ambientale 3

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Dialoghi con Pietro Autier 2 &

Pagine di storia





Il petrolio ha un’importanza equivalente a quella degli alimenti;

negli Stati Uniti, ad esempio, la produzione alimentare è respon-

sabile di circa un quinto del consumo complessivo del petrolio.

Ma il petrolio è ancora più importante come fonte energetica, in

quanto l’energia ha una presenza enorme nell’economia mondia-

le e nella vita di miliardi di persone.

Non è immediatamente comprensibile quanto questa presenza sia

nodale, e come l’abbondanza di energia sia l’elemento determinan-

te nel definire i modi di vita nelle nazioni industrializzate e nel dif-

ferenziarli da quelli della civiltà tradizionale.

Questa era subordinata al flusso irregolare dell’energia solare e, di

fatto, la fonte dell’energia muscolare degli uomini e degli animali

deriva dalle piante.

La rivoluzione industriale ha trasformato radicalmente l’economia

energetica mondiale, e in tal senso la storia energetica degli Stati U-

niti ci offre un modello di rivoluzione paradigmatico.

Sebbene durante tutto il periodo premoderno il legname fosse la

principale fonte energetica non derivata dall’energia muscolare,

quando alla fine del diaciannovesimo secolo i combustibili fossili

divennero largamente accessibili, prima il carbone e poi il petrolio

e i gas naturali, giunsero molto in fretta a costituire gran parte dei

budget energetici in quelle nazioni che ne avevano una disponibi-

lità immediata.

Da allora sia il consumo energetico pro capite sia quello totale sono

saliti alle stelle, soprattutto a seguito dello sviluppo di industrie co-

me quella automobilistica e quella energetica che meglio hanno sa-

puto cogliere i vantaggi offerti dai nuovi combustibili.

Oggi il consumo globale pro-capite di energia è circa 13 volte mag-

giore di quello del periodo pre-industriale, anche se dal 1700 la po-

polazione è solo decuplicata, ma naturalmente il consumo nelle na-

zioni industrializzate è decisamente più alto della media mondiale,

mentre nei paesi in via di sviluppo è di molto inferiore.

Il petrolio, che si estrae con facilità e ricco di energia, è la fonte ener-

getica di maggior valore ed è anche più diffusa sul pianeta, essendo

titolare del 37% della produzione energetica mondiale. 

Il petrolio ha inoltre un ruolo fondamentale nell’economia globale. 

Il valore e la disponibilità del petrolio come fonte di carburante per

il trasporto fa sì che rappresenti la quasi totalità del consumo ener-

getico in questo settore. 

Il consumo di petrolio è anche all’origine del 42% di tutte le emis-

sioni di CO2, principale gas serra di origine antropica. In questa

‘cultura del consumo energetico’, unica nella storia dell’umanità,

la salute, il benessere, la prosperità e le prospettive di miliardi di

persone, la loro sicurezza personale e quella delle loro nazioni,

sono influenzate in modo diretto dal prezzo e dalla disponibilità

del petrolio. 

Il petrolio è diventato indiscutibilmente la merce con la più gran-

de importanza strategica di tutti i tempi. In un’economia globaliz-

zata, esso accumuna tutte le economie e i popoli del mondo in un

unico modello. Ma proprio questo modello è soggetto a pressioni

sempre più forti: la schiavitù del mondo nei confronti del petrolio

genera minacce che si aggiungono al pressante dibattito sulla ne-

cessità di uscire dall’attuale regime energetico.

(WorldWatch Institute)




inquinamentodapet3.jpg

 

DISASTRO AMBIENTALE (3) (1 maggio 2010)


Da  Bp pagherà 4,5 miliardi di multa


 

disastro ambientale 3


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disastro ambientale 2

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disastro ambientale 4

Dialoghi con Pietro Autier 2 &

Pagine di storia






Per comprendere come il petrolio sia passato dallo status di patrimo-

nio a quello di ‘zavorra’, dobbiamo prima renderci conto del suo ruo-

lo nella vita moderna.

Prendiamo in considerazione un cittadino tipo, chiamato signor Rossi,

che vive in una città o in una zona residenziale del mondo industriale,

che un normalissimo sabato mattina si appresta a sbrigare alcune com-

missioni.

Il signor Rossi si alza al suono della radiosveglia, si lava, si mette le len-

ti a contatto, indossa una tuta da ginnastica e un paio di scarpe sporti-

ve. Va in cucina, prende alcuni antistaminici contro il raffreddore e si

gusta una tazza di cereali; si lava i denti, si infila una giacca di nylon

e si avvia, nella pioggerella mattutina, a fare shopping.

Prenderà l’auto o il tram?

Oggi decide per l’auto.

Si ferma al suo negozio preferito di musica, parcheggia, apre l’om-

brello e corre verso l’entrata. Una volta dentro, si guarda un po’ in

giro fino a quando decide di acquistare un paio di CD, e li paga con

la carta di credito.

Ed eccolo un po’ più in là verso il negozio di articoli sportivi, non

prima però di una capatina in pasticceria per una fetta di torta,

dove acquista una racchetta da tennis e una confezione di palle

per il compleanno della signora Rossi. Tornando verso casa, il si-

gnor Rossi si ferma al negozio che vende macchine fotografiche

per comprare una nuova macchina digitale, un altro regalo per

la signora Rossi.

Quindi chiama la moglie al cellulare per sapere se ha bisogno di

qualcosa in farmacia: sì, della crema per le mani e il suo rossetto

preferito. Con alcuni lievi cambiamenti questa situazione potreb-

be descrivere la vita di centinaia di persone da Singapore a Berli-

no, da New York a qualsiasi altro posto nel mondo industrializ-

zato.

Ma provate a immaginare come tutto ciò potrebbe cambiare se un

elemento, il petrolio, uscisse di scena!

Tanto per cominciare, sia le automobili sia i quartieri residenziali

che si allargano a vista d’occhio sono creature del petrolio, e sareb-

bero quindi molto meno diffusi. E a guardar meglio, senza il petro-

lio la nostra storia cambierebbe radicalmente. Tutti gli oggetti qui

di seguito sono almeno in parte prodotti a partire dal petrolio: ra-

dio, tende da doccia, shampoo, lenti a contatto, spazzolini da den-

ti e dentifricio, medicinali e medicine in capsule, tessuti, scarpe, a-

utomobili, gli ombrelli, i CD, le racchette da tennis, le carte di cre-

dito, le penne a sfera, le macchine fotografiche, le pellicole, i tele-

fono cellulari e un numero imprecisato di cosmetici.

E il dolce mangiato dal signor Rossi non è altro che una rappresen-

tazione dell’importante ruolo che il petrolio ricopre nella produzio-

ne agricola, a partire dalla produzione dei macchinari agricoli al

combustibile, all’impiego del petrolio nella produzione dei fertiliz-

zanti e ancora nella lavorazione, nell’imballo e nel trasporto.

E poi ci sono gli arredi e i pavimenti della casa della famiglia Rossi,

nonché il tetto che li ripara e le strade percorse dall’auto del signor

Rossi: migliaia di oggetti.

In molti casi non ci sono sostituti del petrolio disponibili per la rea-

lizzazione di questi beni.

(WorldWatch Institute)



petrolio.jpg

DISASTRO AMBIENTALE (2) (1 maggio 2010)


Da Bp pagherà 4,5 miliardi di multa


 

disastro ambientale 2


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disastro ambientale 1 

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disastro ambientale 3

Dialoghi con Pietro Autier 2 &

Pagine di storia






Dipendenza dal petrolio significa vulnerabilità economica.

Le impennate del prezzo del petrolio portano sia all’inflazione sia

alla recessione, con impatti reali sui redditi individuali e sui posti

di lavoro.

Negli Stati Uniti, ben nove dei dieci periodi di recessione verificati-

si dalla fine della seconda guerra mondiale sono stati preceduti da

bruschi incrementi del prezzo del petrolio.

Gli attori chiave sul palcoscenico del petrolio, ovvero le nazioni

importatrici e quelle esportatrici, hanno tra loro un rapporto simi-

le a quello che unisce un tossicodipendente al suo spacciatore: nes-

suno dei due sopravvive senza l’altro.

Il tema della dipendenza è forse scontato, ma non è solo una meta-

fora. Negli studi fatti sulla dipendenza da sostanze chimiche, la de-

finizione classica di ‘dipendenza’ comprende tre aspetti:

l’assuefazione, cioè la tendenza a usare una sempre maggiore quan-

tità di sostanza per raggiungere gli effetti desiderati; l’astinenza, in

cui si provano gli effetti indesiderati della mancanza d’uso; e l’uso

continuato di una sostanza nonostante le conseguenze negative.

Tutti e tre questi aspetti sono evidenti nel rapporto del mondo mo-

derno con il petrolio.

Il petrolio rappresenta il 36% del budget energetico della Francia, il

39% di quello degli Stati Uniti, il 49% di quello del Giappone, il 51%

di quello thailandese e il 77% di quello dell’Ecuador. Ma queste cifre

minimizzano comunque la dipendenza, poiché in molti paesi il pe-

trolio fornisce praticamente tutto il combustibile per i trasporti.

In generale, nonostante l’aggravarsi dell’inquinamento, delle emis-

sioni di gas serra e di altri problemi, nel corso degli anni il consumo

mondiale è sempre aumentato, tranne quando gli incrementi repen-

tini del prezzo del petrolio hanno scatenato crisi di ‘astinenza’ nelle

economie mondiali.

Sebbene i paesi industrializzati consumino oggi la maggior parte del

petrolio, anche le nazioni in via di sviluppo, se si calcola la percen-

tuale di impiego sul totale di energia e se si esclude la biomassa, sono

in media sempre più dipendenti dal petrolio: l’impiego è addirittura

maggiore di quello delle nazioni industrializzate se misurato in pro-

porzione alla dimensione delle loro economie.

Molti paesi in via di sviluppo importano praticamente tutto il petro-

lio di cui necessitano, e sono quindi più vulnerabili rispetto agli in-

crementi di prezzo.

L’agenzia internazionale per l’energia ritiene che se l’aumento di 20

dollari a barile del prezzo del greggio registrato del 2004 si mantenes-

se nel tempo, si registrerebbe una riduzione della crescita economica

dell’ 1% negli Stati Uniti, dell’ 1,6% in Europa ma del 3,2% in India e

del 5,1% nella maggioranza delle nazioni più povere, già molto in-

debitate, soprattutto in Africa.

(WorldWatch Institute)




disastro ambientale 2

DISASTRO AMBIENTALE (1) (1 maggio 2010) (chi inquina paga…)


Da Bp pagherà 4,5 miliardi di multa


 

disastro ambientale 1


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disastro ambientale 2 &

Dialoghi con Pietro Autier 2 &

Pagine di storia








Louisiana aprile-maggio 2010: aspettando il petrolio.


Due fra le prime dieci società statunitensi per fatturato (la Exxon

Mobil e la Chevron Texaco) e tre fra le prime venti (le due già cita-

te e la Conoco Phillips) sono società petrolifere. 

Nel 2002 le entrate delle prime dieci società petrolifere statuniten-

si hanno sfiorato i 430 miliardi di dollari. 

Nel 1999 sei delle maggiori aziende a livello mondiale (e nove fra

le prime venti) erano società petrolifere o le loro gemelle, le case a-

utomobilistiche. Le società petrolifere sono potenti e redditizie gra-

zie alla domanda mondiale di petrolio, che viene in prevalenza usa-

to per i trasporti; e in questo settore, fra tutte le categorie di veicoli

domina l’automobile.

Il parco auto mondiale è cresciuto dai 53 milioni di unità del 1950

ai 539 milioni del 2003. Di conseguenza anche la produzione auto-

mobilistica è passata dagli 8 milioni del 1950 agli oltre 41 milioni

del 2003. 

Si prevede che questa tendenza continui a causa dell’incremento

della motorizzazione nei paesi in via di sviluppo: in Cina nel 2003

sono state vendute più di 2 milioni di automobili, l’80% in più ri-

spetto al 2002 e si ritiene che il parco macchine arriverà a 28 mi-

lioni di unità nel 2010.

Sebbene il trasporto aereo rappresenti una percentuale decisa-

mente bassa del consumo petrolifero totale è anch’esso aumen-

tato in modo vertiginoso soprattutto a seguito dell’introduzione

dei jet commerciali: dagli anni 50 il volume dei viaggi aerei è più

che centuplicato, passando dai 28 miliardi di passeggeri/km ai

2942 miliardi del 2002. 

(WorldWatch Institute)





disastro ambientale 1

  

STORIA DELLE NOSTRE FOGNATURE (3)

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storia delle nostre fognature (2)

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una conversazione  &

forse ciò che ci governa è solo una rosa


 

storia delle nostre fognature 3








Proviamo a enumerare alcuni                       987867898.jpg 

dei procedimenti più

semplici che

stroncano la volontà

e la personalità

del detenuto senza

lasciare tracce

sul corpo.

COMINCIAMO DAI

METODI PIU’

RAFFINATI MA

SICURAMENTE NON

MENO CRIMINALI PER

LA LORO ASTUZIA DI

METODI PIU’ ROZZI O

VOLGARI, ANZI E’ DA RITENERSI

QUESTI PRIMI SICURAMENTE PIU’ VIOLENTI.


INIZIAMO DAI METODI PSICOLOGICI.


Per i conigli che non si erano mai preparati alle sofferenze della

prigione (a maggior ragione se innocenti) sono metodi di enorme,

perfino distruttiva efficacia.

Per quanto grande sia la convinzione del detenuto di essere dalla

parte della ragione, non è facile resistere.


(Ma l’aguzzino trae spunto della presunta conoscenza della sfera

psicologica nonché neurologica, così da prevedere con meccanica

ed OSSESSIVA AFFERMAZIONE LA SUA OSTINATA VO-

LONTA’ PERSECUTORIA. Da essa trae linfa per innestare quei

meccanismi che pensa padroneggiare’, nella ‘macchina celebrale’ di

cui si sente sicuro pilota e che lo condurranno alle finalità volute.

In genere questi soggetti odiano l’intelligenza creativa e non mec-

canicistica, nonché qualsiasi forma di libero pensiero che si disco-

sta da quella natura cartesiana di cui difendono le giuste o conve-

nienti finalità asservite al regime del momento.

Così come (odiano) il genio o l’intuito. 

Il sadismo è condizione necessaria e sufficiente per questo tran-

sfert, cui tendono trasferire, per l’appunto, come già nei bui tem-

pi dell’inquisizione, i loro problemi della stessa natura cui vesto-

no l’abito che indossano, che maschera in questo teatro politico,

la vera specie del persecutore, il quale diligentemente opera di

volta in volta medesima bonifica per gli apparati del potere.

Nella vittima sacrificale viene ‘somministrato’  il veleno cui l’-

aguzzino è portatore, ma dispensato, dallo stesso apparato che

asserve con maniacale ossessione.

La trama è uguale ed invariata da secoli.

Gli inquisitori come i politici, si sentono autorizzati a intrat-

tenere UN RAPPORTO ESCLUSIVO CON ‘TUTTA LA VE-

RITA’, che essi soltanto saprebbero dire e da cui discindereb-

be l’economia della menzogna.  

La loro persona deve rimanere lo spettacolo visibile della veri-

tà sacrificale, segregativa, la rappresentazione del nudo della

verità. La credenza si ripiega sul travestimento: ‘IO LA VERI-

TA’PARLO’.

E SI TRATTA DI UNA PAROLA CHE OPERA LA PARO-

DIA DI UNA PADRONANZA DEL LINGUAGGIO. 

Per questo, forse la tortura assume in ogni regime importanza

vitale, perché la vittima privata della ragione e della parola, va-

cilla nell’emisfero o nell’Universo del ‘VERO’.

Quel vacillare nel baratro del buio, piacere e diletto dell’inqui-

sitore e del regime che asserve, sono alibi e conferma della fina-

lità persecutoria.

Il regime di qualsiasi natura appartenga il suo credo, ha rag-

giunto il suo scopo.

La sua finalità.

Per questo la tortura di natura psicologica è così importan-

te, …non lascia segno, solo il terrore indelebile dell’infamia

dell’aguzzino. – nota del curatore del blog -)


 

storia delle nostre fognature 3




1) INIZIAMO DALLE NOTTI STESSE. Perché l’opera diretta a

stroncare le anime si svolge principalmente di notte? Perché fin

dai primi anni gli Organi hanno scelto la notte? Perché di notte,

strappano il sonno, il detenuto non può essere equilibrato e ra-

gionevole come di giorno, è più maneggevole.

2) PERSUADERE DELLA SINCERITA’ DEL TONO. E’ il mezzo

più semplice. A che pro giocare a nascondino? Dopo essere sta-

to un poco in mezzo ad altri detenuti in fase istruttoria,  l’arre-

stato si è già reso conto della situazione comune. Il giudice gli

parla con tono pigro e amichevole: ‘Lo vedi da te, una pena la

dovrai scontare comunque. Ma se resisti, perderai la salute

qui, in prigione, ci lascerai la pelle. Se invece andrai in un la-

ger vedrai l’aria, la luce….

FIRMA SUBITO, DAMMI RETTA’.

Molto logico.

E’ ragionevole chi acconsente e firma, se…Se si tratta di lui

solo! Ma questo avviene di rado. E la lotta diventa inevitabi-

le. (Su ..via, firma, poi ci pensiamo noi….)

Altra variante di persuasione per l’uomo di partito. ‘Se nel

paese vi sono manchevolezze e addirittura la fame, lei come

bolscevico deve decidere, per sé: è concepibile che ne abbia 

colpa l’intero partito’ o il potere sovietico?’ ‘No certamente!’ 

si affretta a rispondere il direttore del Centro …..

‘Dunque abbia il coraggio di accollarsi la colpa!’ E quello se

l’accolla.

3) GROSSOLANO TURPILOQUIO. Espediente semplicissimo,

ma può agire assai bene su persone educate, di delicata costi-

tuzione. Mi sono noti sacerdoti che hanno ceduto di fronte

al semplice turpiloquio. Nel caso di uno di essi il giudice istrut-

tore era una donna. Da principio, in cella, egli non finiva di lo-

darla per la sua cortesia. Ma una volta tornò dall’interrogato-

rio affranto e per molto tempo si rifiutò di ripetere le oscenità

che la donna a gambe accavallate, aveva sciorinato con tanta

fantasia.

4) COLPO DEL CONTRASTO PSICOLOGICO. Improvvisi

voltafaccia. Essere estremamente cortesi durante l’intero in-

terrogatorio o una sua parte, rivolgersi al detenuto chiaman-

dolo per nome e promettere mari e monti. Poi, di punto in

bianco, minacciarlo col fermacarte.

Una variante: si avvicendano due giudici istruttori, uno urla

e impreca, l’altro è simpatico, quasi cordiale. L’interrogato

trema ogni volta che entra nell’ufficio: quali dei due vedrà?

Per contrasto viene voglia di firmare qualunque cosa, in pre-

senza del secondo, e di confessare anche quello che non è

mai stato. 

(Solzenicyn, Arcipelago Gulag)



 

storia delle nostre fognature 3

 

STORIA DELLE NOSTRE FOGNATURE (2)

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storia delle nostre fognature

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storia delle nostre fognature (3) &

 una conversazione &

forse ciò che ci governa è solo una rosa


 

dall'altra parte del muro: l'istruttoria sommaria








Se agli intellettuali di Checov,                           01du1.jpg 

sempre ansiosi di sapere

cosa sarebbe avvenuto

fra 20-40 anni, avessero

risposto che entro 40

anni ci sarebbe stata

in Russia

un’istruttoria

accompagnata da

TORTURE

che avrebbero stretto

il cranio con un cerchio di ferro, immerso un uomo in un bagno

di acidi, tormentato altri, nudi e legati, con formiche e cimici,

cacciato nell’ano una bacchetta metallica arroventata su un for-

nello a petrolio, schiacciato i testicoli con uno stivale, e, come for-

ma più blanda, suppliziato per settimane con l’insonnia, la sete,

percosso fino a ridurre un uomo a polpa insanguinata, NON U-

NO DEI DRAMMI CHECOVIANI SAREBBE GIUNTO ALLA FI-

NE, TUTTI I PROTAGONISTI SAREBBERO FINITI IN MANICO-

MIO.

E non soltanto i personaggi cechoviani, ma nessun russo normale

dell’inizio del secolo, ivi compresi i membri del partito social-de-

mocratico dei lavoratori, avrebbe potuto credere, avrebbe soppor-

tato una tale calunnia contro il luminoso futuro.

Tutto questo, nel pieno fiore del grande ventesimo secolo, in una

società ideata secondo un principo socialista, negli anni quando già

volavano gli aerei, erano apparsi il cinema sonoro e la radio, fu per-

pretrato non da un unico malvagio, non in un unico luogo segreto,

ma decine di migliaia di belve umane appositamente addestrate, su

milioni di vittime indifese. 

Fu orribile solamente questa esplosione di atavismo, oggi comoda-

mente chiamata ‘culto della personalità’?

O fa la paura che proprio in quegli anni festeggiavamo il centenario

di Puskin? Allestivamo spudoratamente i drammi di Cechov, sebbe-

ne la risposta a essi fosse già stata data? O fa più paura ancora che

trent’anni dopo ci dicano: non se ne deve parlare! ricordate le soffe-

renze di milioni svisa la prospettiva storica! frugare nell’essenza

della nostra indole adombra il progresso materiale!

Ricordate piuttosto gli altiforni accesi, i liminatori, i canali scavati…

no, non parlate di canali…allora dell’oro di Kolyma…no, meglio no …

Del resto potete parlare di tutto, ma con discernimento, senza glori-

ficare….

Non capisco perché malediciamo l’inquisizione.

Non ci furono forse, oltre agli auto da fé, solenni funzioni religiose?

Non capisco perché ci piaccia così poco la servitù della gleba.

Al contadino non era mica vietato lavorare tutti i giorni. Poteva can-

tare a Natale, per l’Epifania le ragazze intrecciavano ghirlande……

Oggi la leggenda scritta e verbale attribuisce esclusivamente all’anno

37 la prassi delle colpe inventate di SANA PIANTA e delle TORTU-

RE.

NON E’ GIUSTO NON E’ ESATTO.

Nei vari anni e decenni, l’istruttoria basata sull’art. 58 non è QUASI

MAI STATA FATTA PER APPURARE LA VERITA’, MA E’ CONSISTI-

TA SOLTANTO IN UNA INEVITABILE SPORCA PROCEDURA: la

persona poco prima libera, a volte fiera, sempre impreparata, DOVE-

VA ESSERE PIEGATA ATTRAVERSO UNA STRETTA CONDUTTU-

RA DOVE I GANCI dell’armatura le avrebbero dilaniato i fianchi,

dove le sarebbe mancato il respiro, tanto da costringerla a supplica-

re di uscirne all’altra estremità, e questa l’avrebbe gettata fuori co-

me indigeno bell’e pronto dell’Arcipelago, della terra promessa.

Più passano gli anni privi di documenti scritti e più è difficile rac-

cogliere le sparse testimonianze dei superstiti.

Essi ci dicono che PROCESSI FASULLI furono intentati fin dai primi

anni dell’esistenza degli organi, perchè fosse sentita la loro insostitu-

ibile, incessante opera salutare, altrimenti con il calo dei nemici, gli

Organi – NON SIA MAI DETTO! – si sarebbero atrofizzati.

(Solzenicyn, Arcipelago Gulag)





 

storia delle nostre fognature


STORIA DELLE NOSTRE FOGNATURE

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storia delle nostre fognature (2) &

storia di un Eretico &

forse ciò che ci governa è solo una rosa


 

dall'altra parte del muoro: storia delle nostre fognature




 

 

 



Quando oggi si inveisce contro                                costruzione_muro.jpg

l’arbitrio del culto si

ricade sempre sui soliti

anni 37 e 38.

Così si finisce per

credere che non si

metteva dentro

né prima né dopo,

ma solo nel 37-38.

Pur non avendo

in mano alcuna

statistica, non temo

di sbagliare affermando

che la fiumana del 37-38

non fu l’unica e nemmeno la principale ma soltanto, forse, una delle

tre fiumane più grandi che gonfiano i tetri condotti delle fogne car-

cerarie.

Prima di quella ci fu la fiumana degli anni 29-30, non meno grossa

del fiume Ob’, che spinse nella tundra e nella taiga un quindici mi-

lioni di contadini. Ma i contadini sono un popolo privo di scrittura,

non scrissero lamentele né memorie (ed anche l’avessero fatto, li a-

vrebbero uccisi a maggior ragione…).

I giudici istruttori non faticavano con essi di notte, non sprecavano

verbali: bastava una delibera del soviet rurale. La fiumana si river-

sò, fu assorbita dal ghiaccio eterno e neppure le menti più focose la

ricordano più.

E’ come se non avesse neppure ferito la coscienza russa.

Eppure Stalin non commise crimine più grave.

Dopo ci fu la fiumana degli anni 44-46, grande quanto un Enisej:

SI CACCIAVANO PER LE TUBAZIONI ETNIE INTERE E POI

ANCORA MILIONI E MILIONI che erano stati prigionieri, por-

tati in Germania, tornati da lì.

Anche questa era una fiumana di gente per lo più semplice e non

lasciò memorie scritte.

Ma la fiumana del 37 afferrò e trasportò sull’Arcipelago anche

persone di posizione elevata, persone con un passato di partito,

persone istruite, molti loro amici traumatizzati rimasero nelle

città, E QUANTI CON LA PENNA IN MANO! e ora tutti insie-

me, scrivono, parlano, ricordano: il 37! Volga del dolore d’un

popolo!

Provate a dire a un tartaro, un calmucco o un ceceno:’il 37′, quel-

lo si stringerà nelle spalle. E cos’è un 37 per Leningrado, se prima

c’è stato il 35? Per i recidivi e quelli dei paesi baltici non è forse

stato più duro il 48-49? Se gli zelatori e dello stile e della geografia

mi rimproverassero di aver tralasciato altri fiumi della Russia, ab-

biate pazienza, datemi altre pagine, le fiumane non sono ancora

state NOMINATE! VE NE SARANNO ALTRE.

Si sa che ogni organo si atrofizza se non viene esercitato.

Dunque, se sappiamo che gli Organi (CON QUESTA BRUTTA PA-

ROLA SI DEFINISCONO ESSI STESSI), glorificati e innalzati sopra

ogni cosa vivente, non ebbero nessun tentacolo atrofizzato, anzi li

aumentarono e rafforzarano la muscolatura, è facile che si eserci-

tarono COSTANTEMENTE. 

LE CONDUTTORE PULSAVANO, la pressione era ora maggiore

ora minore di quella preventiva, ma i canali delle prigioni non ri-

manevano mai vuoti. 

IL SANGUE, IL SUDORE E L’ORINA AI QUALI ERAVAMO RI-

DOTTI a forza di essere spremuti vi sgorgavano di continuo.

La storia di questa fognatura è la storia di un’interrotta ingestio-

ne di un ininterrotto scorrimento; anche se le piene si alternava-

no con acque basse e poi ancora con piene, le fiumane erano ora

più ora meno grosse, e ancora da ogni parte affluivano ruscelli,

rivoletti, scoli delle docce e semplicemente gocce CAPTATE SIN-

GOLARMENTE.

L’elenco cronologico che segue, in cui sono menzionati fiumane

di milioni di arrestati e ruscelli di semplici modeste decine, è an-

cora molto incompleto, povero, limitato alla mia capacità di pe-

netrare nel passato.

Occorreranno molte aggiunte da parte di persone che sanno e

sono rimaste vive.

IN QUESTO ELENCO, IL PIU’ DIFFICILE E’ COMINCIARE.

Perché, più ci si addentra nei decenni, meno testimoni sono ri-

masti, le voci si sono spente e affievolite, le cronache o non esi-

stono e sono sotto chiave. E anche perché non è del tutto giusto

esaminare su di un unico piano tanto gli anni di particolare ac-

canimento quanto quelli di pace, quando si attenderebbe della

misericordia.

Ma anche prima della guerra civile si era visto che la Russia, con

la popolazione che aveva, non era certamente preparata a un so-

cialismo di nessun genere, era tutta lordata.

…Sebbene Lenin esigesse, alla fine del 1917, per ‘stabilire un ordi-

ne rigidamente rivoluzionario’, di ‘reprimere implacabilmente

ogni tentativo anarchico da parte di ubriaconi, teppisti, contro-

rivoluzionari e altre persone’, ossia vedeva il massimo pericolo

per la rivoluzione di Ottobre negli ubriaconi e non nei controri-

voluzionari, assiepati chissà dove, in terza file, tuttavia fu lui a

impostare il problema più ampiamente.

Nell’articolo ‘Come organizzare la competizione’, Lenin procla-

mò l’unico fine comune di ‘purgare la terra russa da ogni sorta

di INSETTI NOCIVI’.

Per INSETTI egli intendeva non solo tutti I MEMBRI DI CLASSI

ESTRANEE, ma anche gli ‘OPERAI CHE SI SOTTRAGGONO AL

LAVORO’, per esempio i compositori delle tipografie partitiche

di Petrograd.

….E ancora:’ …in quale quartiere d’una grande città, in quale fab-

brica, in quale villaggio….non vi sono… sabotatori che SI DEFINI-

SCONO INTELLETTUALI?’.

A dire il vero, Lenin prevedeva SVARIATE FORME DI PURGA

DAGLI INSETTI: ora il carcere, ora l’obbligo di pulire i cessi, ora

‘dopo scontata la pena sarà assegnata la tessera gialla’, ora IL PA-

RASSITA SARA’ FUCILATO; abbiamo la scelta fra la prigione e

‘i lavori forzati del tipo più pesante’.

Ma mentre prevedeva e suggeriva le principali misure di pena,

Lenin proponeva di rendere la ricerca dei migliori mezzi di pur-

ga obiettivo di competezione fra ‘comuni e altre comunità’. 

Non possiamo renderci conto oggi di chi rientrasse nella lata

definizione di INSETTI: la popolazione russa era troppo etero-

genea, e vi s’incontravano piccoli gruppi isolati, del tutto inuti-

li e oggi perfino dimenticati. Erano INSETTI, beninteso, gli ‘ze-

mimcy’.

Erano INSETTI i membri delle cooperative. Tutti i proprietari di

case. Non pochi erano gli INSETTI fra gli insegnanti ginnasiali.

Nientaltro che INSETTI ……

E QUANTI SONO I MALEDETTI INTELLETTUALI D’OGNI TI-

PO, I DANNATI LIBERI DA STAMPA E REGIME, I VARI BIS-

LACCHI, CERCATORI DELLA VERITA’ E GIULLARI DI DIO

DEI QUALI GIA’ PIETRO I CERCO’ DI PURGARE LA RUSSIA,

E CHE SON SEMPRE D’IMPICCIO A UN REGIME SEVERO E

BEN ORDINATO…?

(Solzenicyn, Arcipelago Gulag)




dall'altra parte del muoro: storia delle nostre fognature

9 NOVEMBRE 1960 (3)

Precedenti capitoli:

9 novembre 1960 (2)

9 novembre 1960 (1)

Prosegue in:

l’eterno ritorno della storia: Obama gli stessi problemi di Kennedy….&

Autier Pietro: in difesa di Giuliano &

….Dialoghi….&

un altro dialogo

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1960

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Congresso del Fondo per l’Università Negra

Indianapolis, Indiana, 12 aprile 1959

Sviluppare in pieno, mediante l’istruzione,                               insediamento.jpg

le qualità potenziali di tanti milioni di nostri

concittadini, qualità che altrimenti andrebbero

perse per il nostro paese, a causa dell’assurdo

della discriminazione razziale: questo non è

solamente un atto fondamentale di giustizia;

con un mondo in crisi qual è il nostro, è anche

una necessità urgente per la sicurezza nazionale.

Se vogliamo porre nella prospettiva l’importanza

dell’istruzione e dell’istruzione ai negri in particolare,

dobbiamo considerare il problema nel quadro del nostro mondo

sconvolto. Infatti solo nella prospettiva delle nostre responsabilità

internazionali e delle nostre possibilità, il vostro lavoro assume le

sue vere proporzioni.

I giovani che escono laureati da tutte le università americane avran-

no domani una parte dominante nella direzione degli eventi mondi-

ali. Essi non possono sfuggire alle loro responsabilità di dirigenti. 

E’ necessario dunque che noi discutiamo i problemi dell’istruzione

nel quadro delle necessità della classe dirigente americana negli af-

fari mondiali , del contributo americano alla pace, dell’aiuto ameri-

cano ai paesi sottosviluppati, della potenza americana di fronte alle

gravi minacce che ci incombono da ogni parte.

Diceva Lincon che la Dichiarazione d’Indipendenza dava ‘libertà

non solo al popolo di questo paese, ma spero a tutto il mondo’.

Essa prometteva ‘che a tempo opportuno ogni gravame si toglierà

dalle spalle di tutti gli uomini, e che tutti avranno eguali possibilità’.

Mai come oggi ci si è presentata un’occasione tanto splendida di man-

tenere quella promessa. Le nazioni che si destano in Africa, i popoli in-

quieti del Sud America, i milioni di uomini che soffrono in Asia, tutti

quanti han bisogno di guida. Hanno bisogno del nostro aiuto, della no-

stra forza, delle nostre capacità, della nostra simpatia, e soprattutto

della nostra comprensione.

Non bastano i biechi discorsi di rappresaglie massiccie e sterminatri-

ci; noi dobbiamo partecipare al progresso degli ideali e allo sviluppo

economico, in questa grandiosa ondata di liberazione nazionale.

Sta a voi, nelle università che rappresentate, avvertire questi impe-

gni e cogliere le occasioni che si presentano al Mondo Libero.

La nostra preparazione alle responsabilità mondiali deriva in par-

te dalla dura logica dei fatti. In parte può venirci solo dall’esperien-

za effettiva di un’attività a respiro mondiale: perché ancora si può

imparare facendo.

Ma la parte maggiore della nostra preparazione non può venirci che

dalle scuole, dalle università. A me sembra che voi possiate svolgere

una parte sempre più rilevante. Infatti le scuole e le università negre,

oltre che per la crisi generale dell’istruzione americana, soffrono per

una crisi tutta loro.

La decisione unanime della Corte Suprema, cinque anni or sono, se-

gnò la fine della segregazione. In questo periodo di passaggio verso

una società integrata, naturalmente voi potete contribuire sempre 

più a correggere le conseguenze di un’istruzione minorata, ai livel-

li inferiori, per via della continua segregazione.

La nostra sarà un’età di prova.

In alcuni stati voi dovete accollarvi ancora per qualche anno il far-

dello dell’istruzione ai negri. Crescendo la popolazione scolastica,

per la quale già non bastano le attrezzature esistenti, anche più

grande sarà la vostra responsabilità.

(…..) Nel diaciannovesimo secolo successive ondate di emigranti

di lingua e di costume straniero giunsero alle nostre rive. I nuovi

venuti si ammucchiarono nei casermoni urbani, e subirono umi-

lianti discriminazioni da parte degli americani già stanziati.

Di queste discriminazioni potrebbero parlarvi gli irlandesi di Bo-

ston. Ma questi gruppi di emigrati, e i loro figli, potevano accede-

re alle scuole.

E c’era inoltre una frontiera in avanzata verso Ovest, che consen-

tiva loro di andarsene, di farsi una vita nuova. Per i negri le cose

son state assai più difficili, anche perché non esiste più una fron-

tiera americana. Ma c’è pur sempre una terra sterminata e ine-

splorata, dietro le frontiere della conoscenza e dell’esperienza.

E c’è spazio abbondante per l’espressione nell’opera sociale, poli-

tica, professionale e industriale necessaria allo sviluppo del mon-

do.

Qui non esistono vecchi pregiudizi; la razza non conta; conta solo

il talento. Pericle disse che l’antica Atene doveva essere maestra

di tutta quanta la Grecia. Oggi l’America può essere maestra del

mondo. Ma gli educatori americani debbono agire con ampiezza

d’idee.

Se le scuole e le università negre si mettono alla testa dell’opera

di educazione degli alunni alle loro responsabilità generali, esse

avran dato un contributo possente alla forza dell’America; avran

contribuito a vincere le forze della miseria ed avvolgere verso la

libertà la lotta per la mente umana. 

Giacché la nostra nazione ha bisogno di talenti nuovi, di nuove

idee, di nuovi cervelli, di nuove braccia, nessuna scuola può re-

spingere le proprie responsabilità, non può respingere nessun

giovane, nessuna ragazza capace.

Barriere assurde e antichi pregiudizi cadono presto, quando è in

gioco la sopravvivenza di un paese.

(John F. Kennedy, Strategia di pace)





9 novembre 1960 (3)

 

9 NOVEMBRE 1960 (2)

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9 novembre 1960

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l’eterno ritorno della storia: Obama gli stessi problemi di Kennedy

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….Dialoghi…..

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72 giorni erano pochi.                                           sorensen kennedy.jpg

Ma Kennedy non partiva

proprio da zero. La

Brookings Institution

– alla quale va buona

parte dei meriti per il

più tranquillo passaggio

di poteri tra due partiti

in opposizione della

storia – aveva

raccomandato a tutti e

due i canditati di

preparare

un programma per

affrontare i problemi del

passaggio; e il senato-

re Kennedy aveva nominato suo consigliere, incaricato dei collega-

menti con la Brookings nel periodo di interregno, il procuratore Clark

Clifford, di Washington, suo amico già dai tempi dell’incidente Pearson,

già consigliere particolare del presidente Truman e manager di Stuart

Symington nel periodo pre-Convenzione.

Nel periodo di transizione, fu sempre richiesto il parere di Clifford, il

quale, disse una volta Kennedy, scherzando, in cambio aveva voluto

soltanto la pubblicità del suo studio legale sui biglietti da un dollaro.

E ancora, alla sua tipica maniera, Kennedy aveva chiesto a Richard

Neustadt, professore della Columbia University, eminente studioso

di scienze politiche che aveva lavorato come assistente particolare

alla Casa Bianca, di esporgli per iscritto, meglio se senza consultarsi

con Clifford, il suo parere sui problemi di personale che il vincitore

delle elezioni avrebbe dovuto affrontare.

L’uno e l’altro gli fornirono utili rapporti e continuarono ad assister-

lo per tutto il periodo di transizione. Il loro rapporto non tentò mai di

trasformarsi in collaborazione o coordinazione, e i loro pareri non fu-

rono mai in conflitto, anzi coincisero quasi sempre.

Il rapporto di Neustadt conteneva più suggerimenti e trattava più

nei dettagli i problemi del passaggio dei poteri, con particolare rife-

rimento allo staff della Casa Bianca. Quello di Clifford era più essen-

ziale.

La mattina del 10 novembre il presidente designato si incontrò, in ca-

sa del fratello, con i consiglieri più stretti, tenendo davanti a sé, sul

tavolino del soggiorno, i rapporti di Neustadt e Clifford e le analisi

più particolareggiate della Brookings Institution.

Istintivamente ci eravamo alzati in piedi, quando lui era entrato,

sentendo che i nostri rapporti erano automaticamente cambiati.

Voleva sbrigare il lavoro in poche ore, prendere l’areo e andarse-

ne in Florida per un breve periodo di riposo.

L’energia e la rigorosa metodicità che avevano caratterizzato il

suo atteggiamento durante la campagna elettorale erano un po’

spente dalla stanchezza.

Ma sapeva, e gli appunti che aveva in mano glielo confermava-

no, che certe decisioni dovevano essere prese subito e pondera-

tamente. 

(Ted Sorensen,  Kennedy)

Altri ‘saggi’ su JFK:

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9 novembre 1960 (2)

9 NOVEMBRE 1960

 

(Il 31 ottobre 2010 è morto                                soransen.jpg

Theodore Sorensen,

consigliere speciale

nonché biografo di

John Kennedy,

successivamente di

suo fratello Robert,

del quale curò la

sfortuna campagna

elettorale.

Il 9 Novembre 1960

venne eletto JFK

alla Casa

Bianca.                                               soransen2.jpg

Un ricordo sincero

di questi tre uomini,

‘ritratti di coraggio’

indelebile alla nostra

memoria storica

dell’intera civiltà.

Mutilata e privata

per sempre dei loro

sani principi e ideali.

Un ricordo sincero

al loro impegno ed al

loro coraggio, di cui

i nostri modesti e 

truffaldini politici

nostrani ne sono del tutto sprovvisti.)




Prosegue in:

9 novembre 1960 (2) &

l’eterno ritorno della storia: Obama gli stessi problemi di ….Kennedy…&

…..Dialoghi……

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1960

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9 novembre 1960





GLI INIZI



Il 9 novembre 1960, poco dopo mezzogiorno, John Fitzgerald

Kennedy divenne presidente  designato degli Stati Uniti.

La stampa trovò che come appellativo era troppo lungo e alti-

sonante, e lui propose che continuassero a chiamarlo senatore,

‘che è un buon titolo’.

Fece una passeggiata sulla spiaggia, con Caroline a cavalluccio

sulle spalle, ascoltò la ‘concession’ di Nixon alla televisione, fat-

ta a mezzogiorno, rispose ai telegrammi di congratulazioni di

Nixon e Eisenhower e si cambiò per tenere un breve discorso di

ringraziamento alla televisione nazionale e alla stampa raccol-

ta nell’arsenale di Hyannis Port.

Era esultante, e nello stesso tempo profondamente commosso.

Ma soprattutto era stanco, enormemente stanco. Sentiva il biso-

gno di dormire, di starsene solo, tranquillo, al sole, con la figlia,

la moglie e il bambino che stava per nascere. Ma mentre l’auto

lo riportava al cottage calcolò che aveva dinanzi a sé solo 72

giorni.

Settantadue giorni soltanto lo separavano dall’Inauguration Day.

E in questi 72 giorni doveva formare l’amministrazione e lo staff

della Casa Bianca, riempire circa 75 posti-chiave del Gabinetto

della politica, scegliere i canditati ad altre 600 cariche importan-

ti, decidere quali titolari doveva mantenere ai loro posti, distri-

buire favori ai suoi fedeli e fissare la linea politica personale per

il futuro….

Doveva inoltre provvedere con Eisenhower a un ordinato passag-

gio dei poteri, con Nixon, a ripristinare l’unità nazionale, con i lea-

ders democratici a rimaneggiare il Comitato, e con i suoi assistenti

ad affrontare tutti i problemi amministrativi della fase di transizio-

ne, compresi i problemi finanziari, degli trasporti e degli alloggi, i

rapporti con la stampa e l’esame delle migliaia e migliaia di lettere

che arrivavano da capi di stato, gente che cercava lavoro, vecchi

amici e tanti tanti altri…..

Doveva inoltre seguire l’organizzazione delle cerimonie dell’inse-

diamento, accertandosi che niente e nessuno di importante fosse

trascurato, assicurarsi che al Senato gli succedesse l’uomo giusto,

vendere o trasferire le sue partecipazioni finanziarie per evitare

conflitti di interessi, e preparare il messaggio inaugurale…..

E infine, in quei 72 giorni, doveva preparare l’organizzazione del

Congresso, preparare un programma legislativo da tradurre pron-

tamente in messaggi e proposte di legge, e formulare un concreto

programma politico per tutti i problemi, interni ed esterni, che

presto, come presidente, avrebbe dovuto affrontare.

Erano tanti e di tale natura, questi problemi, da soverchiare le fa-

coltà intellettuali di ogni altro uomo. Il mondo del dopoguerra era

stato tutto un fervore di mutamenti.

Eppure ogni progresso della nazione era stato ostacolato da un’-

apparente indifferenza, quando non era opposizione, a ogni ne-

cessario mutamento.

Una ‘guerra fredda’ paralizzatrice, che pareva destinata a non

finire mai, aveva accresciuto l’influenza degli estremisti dalle

soluzioni brusche e semplicistiche. 

Nell’ottobre del 1957 l’Unione Sovietica aveva lanciato contem-

poraneamente il primo satellite spaziale e una nuova offensiva

di guerra fredda che faceva leva sui dissensi che dividevano l’-

Occidente di fronte al ricatto nucleare e sul nazionalismo anti-

occidentale dei paesi sottosviluppati.

Nei successivi tre anni, la libertà di Berlino occidentale era stata

minacciata da un ultimatum sovietico, appoggiato dalle spacco-

nate a proposito dei missili di media portata puntati sull’Europa

occidentale.

L’esistenza stessa del Vietnam del Sud era messa a repentaglio

dalla guerriglia e dal terrorismo, organizzati e appoggiati dal

governo comunista di Hanoi. L’indipendenza del Laos era stata

compromessa dai ribelli filocomunisti. I sovietici avevano inve-

stito miliardi di dollari in una politica di aiuti militari ed econo-

mici alle nazioni in via di sviluppo, fornendo armi all’Indonesia,

sovvenzionando la costruzione della diga di Assuan in Egitto e

le acciaierie indiane, e armando i rivoluzionari algerini.

(…….) Ma in casa nostra le gatte da pelare erano anche più nume-

rose. Per la terza volta in sette anni, un nuovo periodo di recessio-

ne aveva provocato la più alta disoccupazione degli ultimi vent’-

anni e oltre….

Il più grave deficit mai verificatosi in tempo di pace nella nostra

bilancia dei pagamenti aveva votato le riserve d’oro, riducendole

a un livello mai registrato da più di vent’anni. I disinganni, sem-

pre più numerosi, della popolazione di colore, i crescenti costi del-

la sovvenzione alle grosse aziende agricole, l’aumento incessante

del numero di aule sovraffollate e di cittadini anziani privi d’assi-

stenza – tutte queste cose e altre ancora non erano, e Kennedy lo

sapeva, semplicemente argomenti per la campagna democratica

ma problemi concreti che egli avrebbe dovuto affrontare.

E sapeva anche che la soluzione politica non era così facile come

avevano mostrato di credere gli oratori dell’uno e dell’altro parti-

to durante la campagna…

( Ted Sorensen,  Kennedy)

Prosegue in

9 novembre 1960 (2)




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