FILOSOFIA DELL’ ARREDAMENTO

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Nella decorazione degli interni, se non nell’architettura esterna

delle case, gli inglesi sono insuperabili.

Gli italiani non capiscono granchè appena si va al di là dei marmi

e dei colori.

In Francia meliora probant, deteriora sequuntur. Sono troppo una

genia di bighelloni per attenersi a quelle convenienze domestiche

per cui manifestano, invece, un gusto raffinato, o almeno le basi 

di una comprensione corretta. 

I cinesi, e la maggior parte dei popoli orientali hanno una fantasia

accesa, ma fuori luogo.

Gli olandesi hanno forse un vago sentore del fatto che una tenda

non è un cavolo.

In Spagna non ci sono che tende : sono un popolo di impiccatori.

I russi aboliscono i mobili. 

Gli ottentotti e i Kickapoo sono perfettamente a posto, a modo 

loro.

Soltanto gli americani sono assurdi.

Come nasca quest’assurdità non è difficile capirlo.

Non abbiamo un’aristocrazia del sangue, e ci siamo perciò inventati

un’aristocrazia del dollaro.

Dunque come conseguenza naturale e praticamente inevitabile lo

sfoggio di opulenza prenderà il posto, e svolgerà le funzioni, dello 

sfoggio araldico nei paesi monarchici.

Per un passaggio facile a intendersi, e che avrebbe potuto con la

stessa facilità essere previsto, siamo stati portati ad amalgamare

tutte le nostre concezioni del gusto nella pacchianeria pura e 

semplice.

( E.A. Poe, Abitazioni immaginarie, nella traduzione di C. Baudelaire)

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LUNEDI SERA

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Per molto tempo giacquero distesi l’uno accanto all’altra.

Alla fine Malcom la guardò.

Il suo corpo si muoveva lentamente, con prudenza, quasi

con fatica.

Era addormentata.

Malcom andò nel bagno.

Dietro il gabinetto, sporco trovò il cucchiaio il laccio emostatico, 

i fiammiferi e una siringa.

La bustina di plastica era ancora piena per tre quarti di polvere 

bianca.

Adesso capiva perché la camicia da notte aveva le maniche lunghe.

Malcom perquisì l’appartamento.

Trovò quattro cambi di biancheria intima, tre camicette, due gonne,

due vestiti, un paio di jeans, e un maglione rosso simile a quello

violaceo che stava per terra.

Un impermeabile strappato era appeso all’armadio.

In una scatola di scarpe in cucina trovò sei ricevute per oggetti

personali restituiti all’atto del rilascio da una prigione di 

Washington.

Trovò anche una tessera di scuola media vecchia di due anni.

( J. Grady, I sei giorni del condor, Bur ed. )

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UN FOLIO

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L’abbazia arse per tre giorni e per tre notti e a nulla valsero

gli ultimi sforzi. Già nella mattinata del settimo giorno della

 nostra permanenza in quel luogo, quando ormai i superstiti

 si avvidero che nessuno edificio poteva più essere salvato,

quando delle costruzioni più belle diroccarono i muri esterni,

e la chiesa, quasi avvolgendosi su di sé, ingoiò la sua torre, 

a quel punto mancò a ciascuno la volontà di combattere contro

il castigo divino.

Sempre più stanche furono le corse ai pochi secchi d’acqua

rimasti, mentre ancora ardeva quietamente la sala capitolare

con la superba casa dell’abate.

Quando il fuoco raggiunse il lato estremo delle varie officine,

 i servi avevano da tempo salvato quante più suppellettili

potevano, e preferirono battere la collina per recuperare almeno

 parte degli animali, fuggiti oltre la cinta nella confusione della

 notte.

Vidi qualcuno dei famigli avventurarsi entro quello che rimaneva

 della chiesa: immaginai che cercassero di penetrare nella cripta

del tesoro per arraffare, prima della fuga, qualche oggetto prezioso.

Non so se ci siano riusciti, se la cripta non fosse già sprofondata,

se i gaglioffi non siano sprofondati nelle viscere della terra nel

tentativo di raggiungerla.

( U. Eco, Il nome della rosa )

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DOMENICA

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 Il vecchio fece una pausa.

Powell si schiarì la voce, per far capire che desiderava parlare.

Dopo aver ricevuto un cortese cenno di assenso, Powell disse :

– Be’, almeno sappiamo questo. Ma, oltre a darci alcune notizie

sul defunto in che cosa ci può essere utile ?

Il vecchio alzò l’indice sinistro.

– Un po’ di pazienza, ragazzo mio, un po’ di pazienza.

Procediamo con calma e vediamo cosa incontriamo sul nostro

cammino.

– Il referto dell’autopsia di Weatherby ne parla solo come di una 

probabilità, ma, sulla base di ciò che è accaduto, sono propenso

a dargli un notevole peso. C’è, dunque una probabilità che la morte

sia dovuta a una bolla d’aria nel sangue, ma i patologi non ci 

giurerebbero. I medici curanti sostengono che la causa deve 

essere stata esterna, e che quindi non è dipeso da loro colpa.

Secondo me, hanno ragione.

E’ un peccato che Weatherby non posa più essere interrogato,

ma per qualcuno è una coincidenza molto fortunata.

Anche troppo fortunata, se vuoi sapere come la penso.

– Sono convinto che Weatherby facesse il doppiogioco, anche

se non posso immaginare per chi lavorasse.

( J. Grady, I sei giorni del condor, Bur ed. )

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PAROPAMISO

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….In altre parole cercar di tradurre i concetti di una civiltà

in quelli d’un altra ci pone sempre dinnanzi a difficoltà insormontabili,

per la semplice ragione che manipoliamo enti i quali, commisurati,

lasciano residui d’ogni genere .

Il fatto è che non esiste un modello universale di civiltà da riempirsi,

di volta in volta, con dei contenuti diversi.

Ogni civiltà è irrazionale nei termini delle altre.

Nessuno possiede il Gran Maestro Cosmico per riportare tutto a zero.

Esistono unicamente l’uomo e il mondo- crittogramma, il mondo-

macchia di Rorshach, l’uno di fronte agli altri. 

Una civiltà è il frutto concertato d’una grande famiglia umana 

attraverso il tempo per interpretare la propria situazione, per 

leggere una formula soddisfacente nel Crittogramma, dei miti

plausibili nella ….

( F. Maraini, Paropàmiso, Cda Vivalda ed. )

            

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SABATO

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– Ti senti un po’ meglio ?

Malcom alzò gli occhi verso Wendy e dovette ammettere che si

sentiva meglio.

Il mal di gola che era stato lancinante adesso era diventato sordo,

e quasi ventiquattr’ore di sonno gli avevano fatto recuperare una

buona parte di energie.

Il naso continuava a gocciolargli e faceva fatica a parlare, ma anche

questi inconvenienti stavano sparendo a poco a poco.

Col diminuire del male fisico, aumentava il disagio psichico.

Sapeva che era Sabato, che erano passati due giorni da quando

i suoi colleghi erano stati ammazzati e da quando lui aveva sparato

ad un uomo.

Ormai diversi gruppi di persone, decise e piene di risorse, dovevano

aver messo a soqquadro Washington. Almeno uno di quei gruppi lo 

voleva morto. Gli altri probabilmente non gli erano affezionati.

Nella toilette dall’altra parte della stanza c’erano pochi dollari rubati

a un morto, o almeno portati via dal suo appartamento.

E lui era lì, a letto malato, senza la più pallida idea di ciò che era 

successo o ciò che avrebbe dovuto fare.

( J. Grady, I sei giorni del condor, Bur Ed. )

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VILLEGGIANTI IN GITA

Dedico questo blog

( assieme agli altri dello stesso autore http://giulianolazzari.myblog.it

http://pietroautier.myblog.it ) agli amanti della 

buona lettura . 

Inizio con queste note tratte da -La montagna presa in giro

di Giuseppe Mazzotti, un esempio di ottima letteratura, ed 

una notevole lungimiranza dei fatti o dei troppi accadimenti

cui la montagna ( e non solo ) è costretta . 

Cui la montagna è non solo costretta dal pressappochismo dei 

troppi turisti, naviganti, e presunti ecologisti che affollano la

nostra pace, assieme all’onestà dei sentimenti sposati con fieri

principi. 

” Il villeggiante stagna nel fondo delle valli come l’acqua di una

palude . La più breve salita gli fa venire il cardiopalma .

Si lagna che il bosco- Eden d’ogni delizia e meta d’ogni escursione

– non è mai abbastanza vicino. 

In certi paesi per arrivare al bosco, bisogna attraversare il torrente ;

in altri la strada . Ce ne sono perfino di quelli, impossibili, dove

per trovare il bosco bisogna rassegnarsi a discendere le scale.

Della montagna ha un concetto limitato in alto dalle cime che

vede dalla finestra, e in basso dalla strada principale del paese.

Il resto non lo riguarda : tutti sanno benissimo che lui è venuto

in montagna per riposare !

 …. Giungono in comitiva schiamazzanti, esilerati dalla leggerezza

dell’aria e della fatica. Subito si affannano a far telefonate, e scrivere

brevi cartoline e timbrar molte carte ( se non i vestiti o la faccia )

col timbro del rifugio.

Dicono di avere un appetito inverosimile, ma bevono l’aperitivo, e 

si lagnano se il pane è duro. 

Non hanno né equità né criterio : mentre considerano la loro

passeggiata una rara prodezza ……

Il rifugio per loro è una meta fornita d’ogni comodità : 

da dove sia giunta che importa ? ” 

( G. Mazzotti, La montagna presa in giro, Nuovi Sentieri Ed. )

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D’altrone non tutti i poveri sono assolutamente infelici.

La più parte son nati già in tale stato, e il lavoro continuo abbrutendoli dal 

riflettere troppo sulla lor situazione.

Ma quando se ne accorgono, si vedono quelle guerre come ce ne fu tra il 

partito popolare e il partito del Senato in Roma, o come le rivolte dei contadini

in Germania, in Inghilterra, in Francia. 

Tutte queste guerre finiscono presto o tardi con l’asservimento del popolo: perché

i potenti hanno il denaro, e il denaro è padrone di tutto in uno Stato.

Dico in uno Stato, perché non è la stessa cosa nei rapporti fra nazione e nazione: la

nazione che sa adoperar meglio il ferro soggiogherà sempre quella che avrà più oro

e meno coraggio.

Ogni uomo nasce con una inclinazione piuttosto violenta verso l’autorità, la ricchezza 

e i piaceri, e con molta inclinazione alla pigrizia: perciò ogni uomo vorrebbe il denaro e

le donne o le figlie degli altri, comandare su di loro, assoggettarli a tutti i suoi capricci,

e non far nulla o almeno accuparsi solo di ciò che gli piace.

Vedete bene che con queste belle disposizioni è altrettanto impossibile che gli uomini

siano eguali quanto è impossibile che due predicatori o due professori di teologia non

siano gelosi l’uno dell’altro.

Il genere umano, con queste inclinazioni, non può sussistere, a meno che non ci sia un

gran numero di uomini utili che non posseggono niente. Perché certamente un uomo

agiato non lascerà le sue terre per venire a lavorar le vostre; e se voi avete bisogno

di un paio di scarpe, non sarà certo un magistrato che verrà a confezionarvele.

L’eguaglianza è dunque al tempo stesso la cosa più naturale, in linea di diritto, 

e la più chimerica in fatto.

Siccome poi gli uomini sono eccessivi in tutto se appena lo possono, essi hanno

spinto questa ineguaglianza oltre i limiti del sopportabile.

In parecchi paesi si è arrivati fino a pretendere che non fosse permesso a un cittadino

uscire dalla regione dove il caso lo ha fatto nascere. 

Il senso di una tale legge è evidentemente questo:” Questo paese è così odioso e 

mal governato, che noi proibiamo a chiunque di uscire per paura che se ne vadano

tutti”.

(Voltaire)

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Libertà: Esenzione dall’imperio dell’Autorità in una miserevole mezza

dozzina di casi tra gli infiniti esempi di costrizione.

Una condizione politica di cui ogni nazione crede di possedere il monopolio

virtuale.

Una delle più preziose proprietà dell’immaginazione.

Eguaglianza: In che cosa un cane può essere obbligato a un cane, e un cavallo a

un cavallo?

In niente.

Nessun animale dipende dal suo simile.

Ma l’uomo avendo ricevuto quel raggio della luce divina che si chiama ‘ragione’,

quale ne è il risultato?

Che egli è schiavo in quasi tutta la terra.

Se questa terra fosse ciò che sembrerebbe dover essere, vale a dire se l’uomo vi

trovasse ovunque sussistenza facile e sicura, e un clima adatto alla sua natura,

è chiaro che sarebbe stato impossibile a un uomo asservire un suo simile.

Fate che questo globo sia abbondantissimo di frutti salutari; che il clima che deve

contribuire alla nostra vita non sia tale da darci malattie e morte; che l’uomo non

abbia bisogno di altra casa e altro letto di quello che hanno i daini e i caprioli; e

vedrete che i Gengis-Kan e i Tamerlano non avranno altri servitori che qualche

loro figlio che sia così dabbene da aiutarli nella vecchiaia.

In uno stato come quello di natura, del quale godono tutti i quadrupedi, i rettili e

gli uccelli, l’uomo sarebbe felice quanto loro, dominio e servitù sarebbero una

chimera, una assurdità che non verrebbe in mente a nessuno: perché cercare dei

servitori, quando non si ha bisogno di nessun servizio?

Se poi venisse in mente a qualche individuo di naturale tirranico e di braccia robuste

di farsi uno schiavo, così per capriccio, del suo vicino meno forte di lui, la cosa

risulterebbe impossibile: l’oppresso sarebbe a cento leghe di distanza prima che

l’oppressore potesse prender le sue misure.

Tutti gli uomini sarebbero dunque necessariamente uguali, se fossero senza bisogni.

Son le miserie connaturate alla nostra specie, che obbligano un uomo ad obbedire

a un altro.

La vera disgrazia non è l’ineguaglianza, ma la dipendenza.

Non conta niente, che un uomo si faccia chiamare Sua Altezza, e l’altro Sua Santità:

quel che è duro è servire l’uno o l’altro.

una famiglia numerosa ha coltivato un bell’appezzamento: due piccole famiglie lì vicino

hanno campi ingrati e ribelli: finisce che le due famiglie povere si asserviranno alla

famiglia facoltosa, o si metteranno d’accordo per sopprimerla, la cosa è troppo naturale.

Ma può anche darsi che una delle due famiglie povere vada ad offrire le sue braccia a

quella ricca per aver del pane; e l’altra vada ad assalirla, restandone sconfitta.

La prima famiglia è l’origine dei famigli e braccinati; l’altra, degli schiavi.

E’ impossibile, nel nostro sciagurato globo, che gli uomini che vivono in società non

siano divisi in due classi: dei ricchi che comandano, dei poveri che servono; e queste

due si suddividono in cento altre, e ciascuna di queste cento ha le sue sfumature.

(1 A. Bierce, 2 Voltaire)

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IL POPOLO NON HA MAI DIRITTO DI SPOGLIARE IL SOVRANO DEL SUPREMO POTERE

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Per sempre più finalmente conquidere il preteso Contratto Sociale, voglionsi

rilevare gli ‘effetti perniciosissimi’ che dal di lui sistema scaturiscono.

I suoi fautori sostengono che sia in facoltà del popolo di rivendicare a sé la

sovranità, spogliandone chi n’ha l’esercizio, se le condizioni non osservi del

Contratto Sociale, a segno di poter astringerlo colla forza a cederlo, qualora

non si arrendesse alle persuasioni, e si ostinasse contro il voto universale.

Or prima d’ogni altra cosa convien qui ripetere che la Sovranità non deriva

dal popolo, né in esso risiede.

E’ la Sovranità naturalmente inerente allo stato di società, come sopra si è 

provato, e qualunque sia la forma di governo, dal diritto essenzialmente

risulta, che ha ciascheduna società di provedere alla sua conservazione, e 

al suo benessere.

Che anzi, essendosi già dimostrato che Iddio vuole la società civile perché

nell’ordine della sua infinita sapienza e providenza è corrispondente all’indole,

ai bisogni, alla perfettibilità degli uomini, ed è diretta al maggior bene del genere

umano, quindi siegue, che ei voglia la sovranità, la quale, per conservarla e per

raggiungerla è onninamente necessaria.

Non provvedendo dunque questa dagli uomini, perché inerente per diritto naturale

allo stato di società, già non può derivare, né deriva che dall’istesso Dio, il 

quale perciò la conferisce a chi abbia legittimo titolo di esercitarla. 

Quanto ci fa la retta ragione su ciò conoscere, e si comprende in forza di legittimo

raziocinio, rimane poi sempre più chiaro, anzi diviene certissimo per l’infallibilità

della divina Rivelazione.

Questa indubitatamente ci ammaestra, conforme poc’anzi si riferì, che a Dio viene

ogni podestà tra gli uomini, e che per lui i sovrani regnano sopra i popoli e

presiedono al governo delle nazioni.

Come pertanto potrebbe in ogni caso un popolo a sé rivendicare quella Sovranità

che non ha, che da esso non proviene, e che per niun titolo gli appartiene?

Qual diritto avrebbe una nazione di spogliarne chi n’è legittimamente investito?

Se la Sovranità vien da Dio, se Iddio è, che la conferisce, come può sostenersi

aver diritto gli uomini di levarla a chi non l’ha ricevuta da loro?

Per quanto sofistichiamo, e si dibattano i difensori del Contratto Sociale, non hanno

trovato sinora, né troveremo giammai una risposta che sia ragionevole e concludente.

(Affido all’intelligenza dei lettori questo raro documento, così come agli addetti 

ai lavori dell’arte giuridica. Possiamo scorgere come lentamente la nostra e talvolta

altrui repubblica si dissolva in questo artefizio di cui il documento già qui 

riportato ne dimostra la sua efficacia. Vien da domandarsi quanta repubblica sia

rimasta in codesta nuova monarchia, e quanto diritto conserva il sovrano di spogliare

un intiero popolo delle sue ragioni, del suo arbitrio, della capacità di comprensione

degli eventi. (nota dell’autore del blog) ).

(B. Maschietto, L’anti-Rousseau di Filippo Maria Renazzi 1745-1808)

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