1915 CRONACA DI UN GENOCIDIO

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“LA QUESTIONE ARMENA”

I numerosi e feroci massacri di armeni avvenuti in Turchia in queste

ultime settimane, destando nel mondo la più viva commozione, hanno

rimesso la questione armena in una luce di tragica attualità.

Qualche cosa intorno alle ragioni attuali delle persecuzioni che i Turchi

infliggono agli armeni, io vi dissi recentemente in un articolo dedicato

alla Turchia in guerra. Dissi cioè come l’opera di penetrazione della

Germania e della Inghilterra in Turchia prima della guerra, potè compiersi

anche grazie ai legami che esse riuscirono a stabilire rispettivamente con

i Turchi e con gli altri armeni.

Dall’avvenimento che la Germania è riuscita ad imporre ai Turchi si è avuto

la prova più manifesta nel fatto di aver saputo per mezzo loro trascinare l’Impero

in guerra.

Era conseguentemente naturale che, scoppiata la guerra, gli armeni, i quali

venivano per conto considerati una lunga mano dell’Inghilterra, fossero trattati

come nemico interno dello Stato, legato ai nemici esterni.

Forse la divisione fra le due razze così concepita, pecca di un certo semplicismo,

e non risiede tutta qui; ed in altri tempi, altri e ben diversi furono i fattori, che

provocarono le loro reciproche divergenze, col solito ed unico effetto però di

essere sempre gli armeni a riuscire soccombenti…..comunque non potrebbe

negarsi che oggi come oggi, come è stata sopra impostata, risponda assai al vero.

Dal punto di vista economico per esempio la Banca Armena non era che una

affiliazione della Banca d’Inghilterra.

Dal punto i vista politico era stato da lungo tempo notato come gli armeni

avessero fatto succedere alla primitiva diffidenza verso i russi, gli odierni

alleati dell’Inghilterra, sentimenti ben chiari di amicizia.

La metamorfosi, incomprensibile in apparenza, era naturalissima, poiché gli

armeni, razza progressista per temperamento, avevano avuto modo di

constatare in quali migliori condizioni fossero venuti a trovarsi gli armeni

dei territori conquistati dai russi, in confronto di quelli del territorio turco.

E i Turchi, nemici dei russi ed insieme del progresso, avevano trovato nell’

avvicinamento russo-armeno stimolo o pretesto a nuove persecuzioni contro

gli armeni.

I quali possono essere considerati come la razza alla testa della civiltà nella

incivile Turchia.

(27 Dicembre 1915 L’Ora, E. Aliprandi, 1915, Cronaca di un genocidio)

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DIARIO DI GUERRA DI UN FANTE

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9 giugno. Prima azione di guerra

Siamo attendati sul monte Pore, piove sempre.

I rifornimenti per i pasti non arrivano.

L’acqua da bere è lontana.

S’incomincia a gustare la vera vita di guerra!

Serpeggia la voce che sull’Isonzo va splenditamente.

Vuoi vedere che finisce la guerra e noi non facciamo niente?

Questa notte c’è stato l’allarme. Tutti fuori dalle tende. Baionette innestate.

Piove governo ladro!

Che cosa succede?

Nessuno sa niente.

Giù in fondo valle si vede un lume apparire e scomparire.

Saranno gli austriaci?

Ma!

Ci dispongono su due file.

– Pronti ragazzi a far fuoco.

Un colpo parte fra noi.

– Cosa fai imbecille? Ci ammazziamo fra noi?

Si sa poi che è stato un ufficiale a cui è partito un colpo dalla sua browing.

Tutta la notte sotto la pioggia.

Poi all’alba sappiamo che erano dei carabinieri in perlustrazione.

Roba da operetta.

(Enrico Costantini, Dalle Dolomiti a Bligny, diario di guerra di un fante 1915/19)

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QUESTO MATRIMONIO NON S’HA DA FARE

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JEFTE, O DEI SACRIFICI UMANI.

Risulta chiaro dal testo del ‘Libro dei Giudici’ che Jefte promise di sacrificare

la prima persona che al suo ritorno uscisse dalla sua casa per felicitarlo della

sua vittoria contro gli Ammoniti. Quella persona che gli venne incontro si trovò

ad essere la sua figlia unica. Egli si strappò le vesti per disperazione, e la sacrificò,

dopo d’averle permesso di andare a piangere sulle montagne la sventura di morir

vergine. Le fanciulle ebree celebrarono per lunghi anni quel fatto, piangendo la

figlia di Jefte ogni anno per quattro giorni.

In quel tempo sia stata scritta realmente questa storia, se essa sia imitata dalla

favola greca di Agamennone e Idomeneo, o ne sia stata il modello, se sia anteriore

o posteriore a consomili storie assire, non è quello che qui mi interessa.

Io voglio stare al testo: Jefte promise sua figlia in olocausto e mantenne la

promessa.

Era espressamente comandato dalla Legge ebraica di immolare gli uomini votati

al Signore: ” Qualunque uomo votato non potrà essere riscattato, ma dovrà

essere senz’altro messo a morte”.

La Vulgata traduce: Non redimetur, sed morte morietur (Levitico, XXVII, 29).

Fu in virtù di questa legge che Samuele, come già abbiamo ricordato, tagliò a

pezzettini il re Agag, cui Saul aveva perdonato; e fu appunto per aver risparmiato

Agag che Saul fu riprovato dal Signore e perdé il suo regno.

Ne consegue che non possiamo dubitare che gli Ebrei facessero sacrifici umani:

nessun punto della storia è forse meglio appurato. E, naturalmente, il nostro

giudizio sull’antico popolo ebraico, deve basarsi sui documenti che questo popolo

ci ha esso stesso lasciati.

Sappiamo pure che esiste una genìa di persone senza scrupoli i quali falsificano

un passo della Scrittura a cuor leggero, con la stessa tranquillità con cui farebbero

la citazione più esatta, e che sperano di ingannare il mondo con queste menzogne

con le quali certo non riescono a ingannare se stessi. E se vi sono oggi tanti di questi

furfanti, è da presumere che prima dell’invenzione della stampa ve ne fosse cento

volte di più.

Uno dei falsificatori più impudenti è precisamente l’autore di un infame libello

che egli ha intitolato Dizionario antifilosofico; e non sapeva di dargli un titolo

così giusto. I miei lettori mi diranno:” No prendertela tanto: che ti fa un cattivo

libro di più? “

Miei signori, si tratta di Jefte, si tratta di sacrifici umani: io vi parlo del sangue

di uomini sacrificati a Dio!

L’autore, chiunque egli sia, cercando di negare il sacrificio in questione, traduce

così il 39 versetto del capo II del Libro di Jefte:

” Ed essa ritornò nella casa di suo padre, il quale fece la consacrazione che egli

aveva promessa col suo voto; e sua figlia restò nello stato di verginità”.

Ohimè falsificatore della Bibbia! mi spiace per voi, ma qui avete mentito allo

Spirito Santo, e voi dovreste sapere che è peccato senza remissione.

La Vulgata dice: Et reversa est ad patrem suum, et fecit ei sicut quae

ignorabat virum. Exinde mos increbuit in Israel, et consuetudo servata est,

ut post anni circulum conveniant in unum filiae Israel, et plangant filiam

Jephte Galaaditae, diebus quatuor.

Che significa: ” Essa ritornò da suo padre, ed egli le fece come aveva detto,

a lei che non aveva conosciuto uomo. E da ciò venne l’uso, e si conservò la

consuetudine, che le ragazze di Israele si riuniscano tutti gli anni per piangere

la figlia di Jefte il Galaadita, durante quattro giorni”.

E diteci un po’, uomo ” antifilosofico”, è naturale che si pianga tutti gli anni per

quattro giorni su una fanciulla che sia stata semplicemente consacrata?

E quando mai ci furon voti di questo genere, in un paese che riguardava la

verginità come un’onta?

E diteci un po’ che cosa significa:” Egli le fece come aveva votato: fecit ei sicut

voverat”?

Che cosa aveva votato Jefte, che cosa aveva promesso a Dio con giuramento?

Di sgozzare sua figlia e immolarla in olocausto.

E così fece.

Leggete la dissertazione di Calmet sulla temerità del voto di Jefte e sul suo

compimento; leggete la legge che egli cita, quella terribile legge del Levitico,

capo  XXVII,  la quale ordina che tutto ciò che sarà stato votato al Signore non

sarà riscattato, ma morrà di morte; non redimetur, sed morte morietur.

E guardate tutti gli altri esempi che attestano questa atroce verità: pensate agli

Amaleciti e ai Cananei; al re di Arad e a tutti i suoi, assoggettati  a questo principio;

vedete il prete Samuele che sgozza con le sue mani Agag e lo taglia a pezzetti,

come un macellaio che prepara un bue per la vendita….

E poi corrompete, falsificate, negate la Sacra Scrittura, per sostenere le vostre

menzogne; e insultate quelli che la RISPETTANO, anche se ci trovano delle cose

stupefacenti.

Smentite lo storico Giosefo da Travaglio, che trascrisse , e disse chiaramente come

Jafte immolò la figlia.

Accumulate ingiurie su menzogne, e calunnie su sciocchezze: i saggi ne rideranno;

e dovete sapere che i saggi sono assai numerosi oggidì.

Oh, se voi sapeste come essi disprezzano quei sacrileghi impostori, quando

falsificano la Sacra Scrittura, e si vantano di aver disputato col Montesquieu nei

suoi estremi momenti, e di averlo fatto morire convinto che bisogna pensarla

come i Padri gesuiti!

( Voltaire, Dizionario filosofico)

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AUTORITA’ ED ERESIA

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Non abbiamo tuttora un’idea troppo sicura delle correnti intellettuali

del secolo XIII e della loro rispettiva influenza. L’affermazione più chiara

e lineare per cui la storia si indirizza nei secoli posteriori ci fa mettere in una

luce più incerta il profondo lavorìo di quel secolo, il cui conflitto si risolve in

una formula che farà testo per molti secoli.

Ma quel secolo, seguendo una traccia preesistente, ha fissato definitivamente il

principio di autorità e debellato il proprio antagonista definendolo quale ‘eretico’.

La storia dell’eresia italiana ci è praticamente ignota.

Noi sappiamo che ci sono stati degli uomini di coscienza i quali hanno tentato

di opporre una aspirazione imprecisa di libertà dell’animo ad una gerarchia

autoritaria che intende controllare le coscienze.

Poco sappiamo di preciso sulle loro dottrine.

La storia degli spiriti del Medioevo ci è, in qualche lato, preclusa, non tanto

da un lato di mentalità, ma da quello stesso mondo medievale tanto più

incerto e povero di noi nel momento di esprimersi, tanto ignaro del senso

dei propri valori, che cercava costantemente di riallacciarsi ad una formula,

ad un nome, ad una istituzione, a un qualsiasi reminiscenza di ciò che gli

uomini avevano fatto e provato nel passato.

Da questa oscurità di fatti e imprecisione di giudizio ( !!) sull’azione di uomini,

dovuta non tanto a insufficienza di fonti nel senso tecnico della parola quanto a

oscurità di anime in traccia di una forma di espressione, muovono gli incerti

fili che conducono a personalità meglio definite nei loro scritti e pensieri ( per

quanto sempre inquisite e plagiate dal senso comune della storia).

La lotta tra eresia e autorità è probabilmente il dilemma della società Europea

tra i secoli  X e XIII. La vittoria spettò indubbiamente all’autorità, non senza

però che alcuni germi antiteci riuscissero, nei paesi più lontani dalla tradizione

romana, a conservarsi per il futuro mentre i più ‘maturi’ elementi di eresia

andavano ad arricchire il contenuto del mondo dell’autorità, apparendo nella

stessa volontà d’imperio che è volontà di imposizione e di conservazione ad

un tempo (a questi uomini dalla doppia maschera e morale dedichiamo

la nostra attenzione) .

( ………..)

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UN ULTIMA CANZONE

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Lascia che sia fiorito

Signore il suo sentiero

quano a te la sua anima

e al mondo la sua pelle

dovrà riconsegnare

quando verrà al tuo cielo

là dove in pieno giorno

risplendono le stelle.

Quando attraverserà

l’ultimo vecchio ponte

ai suicidi dirà

baciandoli alla fronte

venite in Paradiso

là dove vado anch’io

perchè non c’è l’inferno

nel mondo del buon Dio.

Fate che giunga a Voi

con le sue ossa stanche

seguito da migliaia

di quelle facce bianche

fate che a Voi ritorni

fra i morti per oltraggio

che al cielo ed alla terra

mostrarono il coraggio.

Signori benpensanti

spero non vi dispiaccia

se in cielo, in mezzo ai Santi

Dio, fra le sue braccia

soffocherà il singhiozzo

di quelle labbra smorte

che all’odio e all’ignoranza

preferirono la morte.

Dio di misericordia

il tuo bel Paradiso

lo hai fatto soprattutto

per chi non ha sorriso

per quelli che han vissuto

con la coscienza pura

l’inferno esiste solo

per chi ne ha paura.

Meglio di lui nessuno

mai ti potrà indicare

gli errori di noi tutti

che puoi e vuoi salvare.

Ascolta la sua voce

che ormai canta nel vento

Dio di misericordia

vedrai, sarà contento

Dio di misericordia

vedrai, sarai contento.

( Fabrio de André, Preghiera in Gennaio)

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UN’ALTRA CANZONE

Avevo un cane che si chiamava Blue,

Avevo un cane che si chiamava Blue,

Avevo un cane che si chiamava Blue,

Scommetto cinque dollari ch’è pure uno di quelli in gamba,

Qui, Blue, bravo cane che sei.

Ho messo il fucile a tracolla ed ho suonato il corno,

Troverò un opossum nel granturco appena seminato,

Il vecchio Blue ha abbaiato e sono andato a vedere,

Ha intrappolato un opossum su un albero.

Vieni qui, Blue, bravo cane che sei.

Il vecchio Blue è morto, e con che fragore è morto,

Ha fatto tremare la terra nel cortile,

Gli ho scavato la tomba con una vanga d’argento,

E l’ho calato giù con gli anelli d’una catena.

Ad ogni anello, lo chiamavo per nome,

Qui Blue, bravo cane che sei,

Qui Blue, arrivo lì anch’io.

( Joan Baez, Vecchio Blue)

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UNA CANZONE

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Mentre passeggiavo sul ponte i Londra

Una brumosa mattina di buon’ora,

Udii per caso una graziosa fanciulla

Che si lamentava a causa del suo Geordie

Ah, il mio Geordie verrà impiccato con una catena d’oro,

Non è una catena per molti,

Egli è nato da stirpe reale

E fu dato ad una dama virtuosa.

Andate a mettere le briglie al mio destriero bianco come il latte,

Andate a metter le briglie al mio pony,

Andrò a cavallo alla corte di Londra

Ad implorare per la vita di Geordie.

Ah, il mio Geordie non rubò mai né mucche né vitelli,

Non ha mai fatto male a nessuno,

Ha rubato sedici cervi del re,

E li venduti a Bohenny.

Due bei bambinetti ho partorito,

Il terzo sta nel mio corpo,

Mi separerei volentieri da ciascuno di loro,

Se risparmiasse solo la vita di Geordie.

Il giudice guardò sopra la spalla sinistra,

Disse bella fanciulla te ne devi andare,

Perché io non posso graziare Geordie.

Ah, il mio Geordie verrà impiccato con una catena d’oro,

Non è una catena per molti,

Ha rubato sedici cervi del re,

E li ha venduti a Boenny.

( Joan Baez, Geordie )

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UN RITRATTO 2

Sspogliamo il semidio, che Farinacci, previdente, voleva collocare nelle

sfere del mito.

Spogliamo l’oracolo.

Vediamolo nudo, senza valigia.

Disimburriamo il cranio del povero digeritore, o ingeritore, di frottole eroichiste,

rifritte nella sugna del ‘vittorialismo’ dannunziano.

Togliamogli il cappello colorato.

Il mondo si divide in due opinioni su una idea italiana?

L’ha proclamato egli stesso davanti alle sue comparse, nell’aula grigia e sorda.

Vedremo se c’è un’idea.

E se potrebbe, in ogni caso essere italiana.

E come potrebbe esserlo.

Quel che è certo è questo: che il mondo è diviso in due opinioni attorno ad una

creatura di Cagliostro: Mussolini.

Bisogna aiutare questo mondo a conoscerlo.

Ad ammirarlo.

Così com’è!

In camicia.

Senza camicia. Nudo.

Sappiamo bene che c’è una forte percentuale di una delle parti che non vuol

vedere la verità.

Che anzi si fabbrica essa stessa col lavoro della propria fantasia un Mussolini come

lo desidera, come vorrebbe, come le interessa di proporlo a campione universale

della reazione.

Questi apologisti fors’anche hanno appreso da Napoleone che bisogna imprestare agli

uomini le qualità che si desidera abbiano, perché le acquistino…

Vi sono però gli illusi.

I convinti.

I convincibili per inveterata dabbenaggine e per abitudine all’adorazione delle

proprie immagini sull’uomo miracolo.

Fors’anche c’è dell’inganno un po’ a danno di tutti, poiché l’imbroglio ai danni

della verità, l’escamotaggio cronologico, l’inversione logica da causa ad effetti,

il falso spudurato, le montature più ciniche sono da anni operate e gonfiate coi

mezzi ‘megafonici’ di chi può tutto dire, coi mezzi domenicani di chi può tutto

impedire e incatenare e cogli espedienti istrioneschi e infernali di chi tutto può

falsare, invertire…tradire…

(Armando Borghi)

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UN RITRATTO

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Presentiamolo.

Nostra guida di verità.

I fatti.

Delle istantanee al magnesio.

Dei brani di vita che riassumono una ‘malavita’.

Parleremo il meno possibile di noi.

La parola a lui.

Ai suoi partigiani.

Ai suoi cortigiani e cortigiane.

Ai suoi istrioni.

Scriviamo un manuale per ‘l’uomo della strada’. O per chi vuol orientarlo.

Sovente la nausea ci strapperà uno scatto indignato.

La colpa è il fetore che promana dal fango rimescolato.

Bisogna riaccumulare il materiale sparso.

Ridire cose dette.

Rievocare episodi obliati.

Riesumare documenti sperduti.

Raccontare vicende e fatti ignoti o malnoti.

L’ex capitanfracassa della ‘sociale’ balzato ad un tratto nelle superne sfere degli

unti del signore, ad eclissarli tutti in uno splendore di vanità provincialmente

pavonesca, ha avvertito di istinto l’urgenza di far scomparire le macchie del

passato chiassoso e rissoso che pose marattiane che portano per ogni verso

le sue impronte digitali, e non potendo distruggere se stesso, così come aveva

fatto incenerire ogni cosa che lo ‘denunciava’, sì è fatto coprire di una proluvie

d’ornamenti multicolori dorati, brillanti e raggianti: e croci e ciondoli e collari

e commende, e spade e bastoni di comando, e stelle e pennacchi e pergamene

e postume medaglie al postumo valore di guerra e fastose livree votate al

tenace lavorìo delle futuriste tignole, nonché previdenti corazze protettrici della

preziosissima epa.

Vi fu una gara mondiale a chi prima arrivava gittarsi ai suoi piedi col prezioso

carico delle onorificenze nobiliari che lo rendessero degno del concilio dei numi.

E vi corsero, fieri del loro servilismo come gli antichi vassalli verso il loro re,

principi e regine, corti e accademie, chiese e università, ordini secolari ed imperi.

Duce di terra, di cielo e di mare, l’ex fanfarone della palinganesi operaia, ha visto

annullati davanti a sé tutti i limiti della esaltazione della genuflessione e

dell’apoteosi.

Fu un orgia di servilismo attorno alla carogna dell’ex socialista.

Dicono che l’incenso serva per conservare i cadaveri!

Ci riferiamo beninteso, non alla realtà; ma alla esteriorità di quanto si pensa di lui,

del Truce, dai suoi paraninfi e dai suoi cortigiani; vogliam dire a quel gioco di

apparenze che ci ricorda i razzi e le bombarde dei fuochi artificiali nelle sagre

provinciali della nostra giovinezza.

Ché tutto attorno a lui è – come lui – falso e prezzolato e tremebondo e basso e vile

bassamente vigliacco: sia che si tratti dei bordellieri plutarchizzati dal giornalismo

commestibile del regime e ubriacati dal subitaneo imprevisto clamoroso trionfo;

sia che si tratti dei fradici sadisti del cosiddetto ‘vecchio regime’ voronofizzati nei

loro furori liberticidi delle frustate a sangue loro somministrate dalle avvenente

cocotte che li domina e che li servì fedelissimamente in un primo tempo; sia che

venga il turno dei trionfanti ‘ Pallondivento?, di rapisardiana memoria, piantati

oggi come simboli di gloria e di genio culturale romano e latino sul letamaio

dell’intellettualismo ufficiale italiano; sia infine, che ci rivolgiamo a studiare

quella progenia di macachi fredifraghi e vili ed osceni, che tengono nella storia

il primato per onor di famiglia nel rango degli scellerati che cospirano ai danni

della libertà italiana: vogliamo parlare della Corte sconciamente cortigiana di

Roma, cui l’ultimo pezzente gitterebbe un soldo di compassione per il tasso

di infamia con cui paga la malriafferrata corona.

( Armando Borghi )

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ERO PARTITO

Ero partito.

Un’idea mi perseguitava, un chiodo nella mente.

Non avete voi, Aristeo, dei profeti, che della vostra religione 

interpretano le Scritture e dicono, del presente, quanto è 

speculare a un disegno divino : persecuzioni, lotte, Ariani

contro Donatisti, Encratiti contro Montanisti, a tutto c’è  una 

spiegazione, anche alla porpora dell’Imperatore attuale, che 

pare sia sempre sul punto di tingersi del vostro sangue e, 

se non accade, anche questo è disegno divino ! ?

Ebbene, ero anch’io profeta .

Non c’era predizione nel mio sguardo mentale, c’era quel 

gioco delle dita sugli occhi per fingere di non vedere, e vedere

invece meglio.

La mia conclusione era che stiamo in bilico.

Ma il mondo può essere ancora salvato dalla cultura dell’Ellade, 

dalla religione antica.

Un palo infisso contro il caos, perché qel palo vuol dire storia 

diversa.

Ero profeta del mio stesso sogno.

Delle mie allucinazioni, come le chiameresti tu.

Ma esse sono verità.

Contro tutte le loro menzogne.

( XXIII, L. Desiato, Giuliano l’Apostata )

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