IL PENSIERO DI UN UOMO 2

Da  http://giulianolazzari.myblog.it

      http://pietroautier.myblog.it

La validità dell’intelligenza non consiste solo nel suo perfetto funzionamento, ma

anche e soprattutto nella sua applicazione all’oggetto necessario.

L’intelligenza può funzionare perfettamente anche su un oggetto diverso da quello

richiesto dell’atto del pensiero. Ecco perché abbiamo tanti uomini intelligenti tra noi:

perché entriamo in una nuova scolastica, nell’accezione peggiorativa del termine.

Pensiamo in modo perfetto, pensiamo in modo magnifico, ma non a proposito degli

oggetti ‘buoni’, di quelli richiesti. Vi è così un’infinità di ‘oggetti’ che sfuggono a un

moderno (per ragioni che non dobbiamo indagare qui, sebbene la loro storia sia

affascinante ed edificante); ad esempio il simbolo, oggigiorno divenuto incomprensi

bile.

I pensatori contemporanei più abili sono incapaci di comprendere direttamente un 

simbolismo organico, quale quello di una cultura straniera (asiatica o amerinda che

sia) o di un ermetismo europeo anteriore all’illuminismo. Hanno bisogno di una 

chiave, di uno strumento che dischiuda automaticamente quel sistema simbolico.

Per di più essi sono incapaci di pensare per simboli, perché hanno una paura

superstiziosa della superstizione, e questo li paralizza. 

Ora, il simbolo è secondo me un oggetto essenziale per l’intelligenza; credo che i

giudizi simbolici, come peraltro le istituzioni simboliche, non possono mancare in

un’intelligenza che pretende d’essere valida e completa. Dato che il simbolo è 

indispensabile a una visione libera e personale dell’esistenza, questa lacuna nel

pensiero dei moderni mi riempe di sospetto.

Ma non è tutto.

Prendete la questione ontologica o antropologica e vedrete come abbia perduto il 

suo senso nella mente dei contemporanei, persino in quella dei professori di filosofia.

Comprendere il senso dell’esistenza o il suo destino è ancora più raro.

Tutto questo fa si che ci si chieda se l’intelligenza non abbia funzionato per troppo 

tempo a vuoto, applicandosi a oggetti accessori o a un numero minore di oggetti di

quello che era assolutamente indispensabile. 

La maggioranza delle persone che ho incontrato si guardavano dall’accogliere tutte 

le domande che si ponevano loro. La superstizione consiste nell’ignorare certe questioni

fondamentali, o nel risolverle automaticamente, con una semplice formula che, a un’

analisi più profonda si dimostra priva di senso.

Trovare queste mancanze di senso nella vita di tutti i giorni dei moderni costituisce un

esercizio forte e stimolante. Ecco perché dicevo all’inizio che si trovano nella loro stessa

supposta luce, nei loro gesti e nella loro intellezione quotidiana le zone meno illuminate.

Si è parlato di meccanizzazione, e questa parola ha circolato con successo da dopo la

guerra. Tuttavia non comprendo che cosa abbiano a che fare le macchine con gli uomini.

Qui si tratta di una rinuncia alla propria umanità che conduce al bruto o al dèmone,

mai alla macchina.

E’ assurdo credere che una meccanizzazione completa trasformerà l’uomo in macchina. 

No; lo trasformerà in bestia.

La macchina ha una…diciamo così, ‘psicologia’ semplicissima, è docile, è trasparente nei

suoi desideri e nelle sue possibilità, è ottusamente ripetitiva e ossessiva, ed è, soprattutto,

l’immagine di un ordine interiore e di un senso di gerarchia molto impressionante.

Noi non dobbiamo avere paura delle macchine, né guardarci dal loro commercio.

Adesso che ‘le umanità’ sono così poco frequentate, lo spettacolo delle macchine è una

straordinaria propaganda per l’ordine, la gerarchia, lo stile. 

Anche la tecnica ha un suo classicismo che possiamo potenziare e promuovere.

Il pericolo viene dalla bestia o dal dèmone, dalla libertà male intesa, dal libertinaggio,

e questo è dovuto non al ‘macchinismo’, bensì alla mancanza di senso di un numero 

sbalorditivo di atti essenziali nella vita di tutti i moderni.

Vi sono attorno a noi persone che comprendono moltissime cose, ma che non si sono

mai chieste perché vivono, perché accettano i criteri etici di tutta quanta la società,

perché evitano la sincerità, perché sopportano giorno dopo giorno un’esistenza che

potrebbe essere diversa. E tuttavia, le domande di questo genere non appartengono alla

classe di indovinelli denominati ‘problematiche’, e che possono essere ignorati con poco

danno; esse dovrebbero scaturire dalla funzione stessa della conoscenza, dovrebbero

fare tremendamente male ora dopo ora, sin quando restano irrisolte.

(Mircea Eliade, Oceanografia) 

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