Da http://pietroautier.myblog.it
h. 14,00 gli organi di stampa informano l’arrivo della nube
proveniente dai cieli d’Islanda causa un’eruzione vulcanica……….
Questo articolo era notevole per la sua perpicacia, essendo stato
scritto molto prima degli altri: non molto dopo l’interruzione,
infatti, di ogni comunicazione con l’Australia; e già a quella
data Sloggett era in grado di dichiarare che il carattere del
disastro naturale non soltanto faceva pensare a una eruzione,
un altro Krakatoa, ma molto più imponente, senza dubbio in
una regione del Pacifico meridionale, ma inoltre indicava che
il suo elemento più attivo doveva essere, non la CO, bensì
il ferrocianuro di potassio, il quale, sottoposto a distillazione,
insieme coi prodotti sulfurici, dal caldo dell’eruzione,
produceva acido cianidrico; e questo acido volatile,
spiegava, poiché atto a rimanere in stato di vapore in
qualunque clima al di sopra della temperatura di 26,5 gradi
C., poteva avvolgere l’intero globo, spostandosi soprattutto
nella direzione contraria alla rotazione della terra: le sole
ragioni che certamente ne sarebbero state risparmiate essendo
quelle più fredde, entro i circoli polari artico e antartico, dove
il vapore si sarebbe condensato ritornando allo stato liquido,
per cadere sotto forma di pioggia.
Egli non prevedeva che la vegetazione ne dovesse subire
effetti di portata notevole, a meno che la durata e l’attività
del fenomeno si protrassero inconcebilmente a lungo, e
questo perché, sebbene il carattere venefico dell’acido
cianidrico consista soprattutto nella sua capacità di impedire
l’ossidazione, i vegetali hanno due fonti di sussistenza: il
terreno, oltre che l’aria; tranne questa sola eccezione, tutte
le altre specie viventi, fino alle forme più elementari di vita,
sarebbero scomparse.
Quanto alla velocità della nube dilagante, secondo i suoi
calcoli essa variava tra le 100 e le 105 miglia al giorno; e
la data in cui probabilmente l’eruzione aveva avuto luogo,
egli la fissava tra il 14, il 15 e il 16 aprile; ossia uno, due o
tre giorni dopo l’arrivo al Polo degli esploraori del Boreal;
e finiva l’articolo osservando che, se le cose stavano davvero
come lui pensava, non c’erano rifugi di sorta dove la razza
umana potesse trovare scampo, a meno che si riuscisse a
chiudere ermeticamente miniere, gallerie e luoghi simili.
Avevo già pensato alle miniere, ma piuttosto distrattamente,
finché questo articolo, e altri che lessi in seguito, non
vennero a schiaffarmi, per così dire,
Perché lì mi dicevo ‘troverò un uomo, se mai lo trovo….’.
Uscii dal palazzo, quel mattino come un uomo prostrato
dalla vecchiaia; perché gli abissi di orrore che avevo
intravisti nel corso di quelle ore tenebrose mi avevano
reso debole, i miei piedi inciampavano, il mio cervello
barcollava.
Presi Farringdon Street, e arrivato a Piccadilly Circus,
dove quattro strade si incontrano, scorsi a perdita d’occhio,
quattro campi di cadaveri, cadaveri, vestiti come da uno
straccivendolo in ogni sfumatura dello stinto; o vestiti a
metà, o del tutto svestiti, alle volte perfino ammucchiati
gli uni sugli altri, come già avevo osservato a Reading;
ma qui il loro aspetto scheletrico era più appariscente:
vedevo le spalle gonfie, le ossa dell’anca sporgenti, i
ventri svuotati……
(M.P. Shiel, La Nube purpurea)