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L’autore che affronta l’esame dello sciamanesimo da psicologo sarà indotto
a considerarlo anzitutto come l’espressione di una psiche in crisi, se non
perfino in regressione; egli non mancherà di confrontarlo con certi comportamenti
psichici aberranti o di inserirlo fra le malattie di struttura isteroide o epilettoide
(ma queste categorie di persone, o qual si voglia ‘autori’ sono limitate dell’uso
della conoscenza e con essa del vasto mondo della cultura).
Diremo, innanzitutto, perché l’assimilazione dello sciamanesimo ad una qualsiasi
malattia mentale ci sembra inaccettabile.
Ma resta un punto importante, su cui lo psicologo avrà sempre ragione di richiamare
l’attenzione: che la vocazione sciamanica, non dissimilmente da qualsiasi altra
vocazione religiosa, si manifesta attraverso una crisi, una rottura provvisoria dell’
equilibrio mentale del futuro sciamano.
Tutte le osservazioni e le analisi che si son potute accumulare a tale riguardo sono
preziose: esse ci mostrano, in un certo modo ‘sul vivo’ le ripercussioni che all’interno
della psiche ha ciò che noi abbiamo chiamato ‘dialettica delle ierofonie’: la
separazione radicale tra profano e sacro e la conseguente frattura del reale.
Dal che appare tutta l’importanza che noi volentieri riconosciamo a siffatte ricerche
di psicologia religiosa.
Quanto al sociologo, egli si preoccuperà della funzione sociale dello sciamano, del
sacerdote, del mago: studierà l’origine dei prodigi magici, la parte che essi hanno
nell’articolazione della comunità, i rapporti fra capi religiosi e capi politici e così
via.
L’analisi sociologica dei miti del ‘Primo Sciamano’ fornirà degli indici rilevatori
circa la posizione eccezionale che i più antichi sciamani ebbero in certe società
primordiali.
La sociologia dello sciamanismo deve essere ancora scritta e, quando lo sarà,
costituirà uno dei capitolo più importanti di una sociologia generale della
religione.
(In questa sede non parliamo delle caverne ipertecnologiche ad uso di primitivi
i quali hanno barattato la propria anima per un clava a forma di telefonino….)
(Mircea Eliade)